Il recente rapporto della task force guidata da Vittorio Colao contiene alcune indicazioni in materia di conciliazione dei tempi famiglia-lavoro e di welfare aziendale. Il report fa infatti un esplicito riferimento alla possibilità di ampliare gli strumenti orientati a fornire un supporto alla genitorialità e rafforzare alcune misure integrative previste dalle aziende, come i congedi parentali, oltre a indicazioni sulla conversione del Premio di Risultato e la deducibilità degli investimenti in welfare. Ne abbiamo parlato con Emmanuele Massagli, presidente di ADAPT e di AIWA, l’associazione che riunisce i principali provider di welfare aziendale attivi nel nostro Paese.
Quali sono le principali proposte in tema di welfare aziendale contenute nel cosiddetto Piano Colao?
Una delle slide finali del Piano Colao, nella parte riservata alle politiche sociali, presenta alcune proposte in tema welfare aziendale. Ci sono in particolare tre ambiti che sono stati toccati dalla task force: l’ampliamento dei servizi di welfare orientati alla genitorialità, l’incoraggiamento alla conversione in welfare del Premio di Risultato e la totale deducibilità dal reddito d’impresa anche del welfare volontario.
In concreto, il documento parla espressamente di un’azione diretta ad agevolare l’ampliamento degli strumenti di welfare aziendale direttamente orientati a fornire supporto alla genitorialità mediante completa detassazione e decontribuzione per i lavoratori e le imprese. Su questa fronte viene auspicato anche un rafforzamento del trattamento di favore dei congedi parentali e l’introduzione di agevolazioni fiscali per la realizzazione e la gestione di nidi ed asili aziendali.
Infine, da un punto di vista più tecnico, si parla anche dell’elevazione del limite di deducibilità fiscale del 5×1000 del costo di lavoro, previsto dal comma 1 dell’art. 100 del TUIR, per le somme destinate a questo tipo di interventi anche in assenza di regolamento aziendale. Lo scopo sarebbe quello di liberare risorse, che potrebbero poi essere utilizzate per bonus baby sitter, rette fdegli asili nido privati, rette per campi estivi e dovrebbero essere mantenute a regime.
Queste proposte sono molto orientate verso il tema della conciliazione, mentre sembrano non considerare molti altri aspetti del welfare aziendale che potrebbero essere strategici in questa fase di ripresa. Cosa ne pensa?
È importante che la task foce abbia trattato il tema del welfare aziendale in un documento così rilevante. Questo dimostra come questo istituto sia diventato centrale per lo sviluppo del Paese, soprattutto in un momento così delicato per i lavoratori e le imprese. Nessuna ricetta per l’economia del futuro può dimenticarsi del welfare aziendale. Allo stesso tempo, come sottolineava, il tema è stato associato esclusivamente al sostegno alla conciliazione vita-lavoro, riducendone molto spazi e potenziale.
Nel corso degli ultimi anni il welfare aziendale ha progressivamente assunto un forte valore dal punto di vista sociale. Ed è giusto che sia così, visto che i vantaggi fiscali e contributivi sono legislativamente giustificati proprio dalle finalità sociali dei beni e servizi elencati all’articolo 51, comma 2 del TUIR. Questa accresciuta sensibilità sociale è dimostrata dall’attenzione rivolta a nodi come la mobilità sostenibile – presente anche nel Decreto Rilancio -, l’assistenza sanitaria integrativa, l’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti, alla long term care. È evidente come sia oggi riduttivo parlare di welfare aziendale solo ricordandone la (pur importantissima) funzione di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: si tratta infatti di un vero e proprio strumento di politiche sociali.
Inoltre, il welfare aziendale è un tema “trasversale”, orizzontale alle politiche pubbliche. Se viene ridotto alla sua funzione “conciliativa” si perdono quelle che sono le potenzialità sotto il profilo economico, di produttività e di sostegno alla famiglia in senso più ampio. Si rischia di perdere anche il contributo che il welfare aziendale sta già dando per quanto riguarda l’emersione del lavoro nero – si pensi al baby-sitting e al badantato – e, più in generale, il rilancio dei consumi interni.
Il welfare aziendale è una politica in grado di azionare più leve di intervento. Così non fosse, non sarebbe apprezzato già oggi da circa 6 milioni di lavoratori, da 200mila imprese e dallo stesso Stato.
Al di là della indicazioni del Piano, quali misure potrebbero essere assunte in tempi rapidi per potenziare il welfare aziendale nel senso che ci ha descritto?
Qualche spunto interessante è già presente negli emendamenti alla legge di conversione del DL Rilancio giudicati ammissibili dal Governo. Tra questi si parla di un possibile aumento per il 2020 e il 2021 del limite di spesa contenuto nell’articolo 51, comma 3 del TUR, che potrebbe passare da 258,53 euro a 1.000 euro. Una strada preziosa per permettere alle persone di caricare sulla azienda le spese per dispositivi di protezione personale, di nuovi abbonamenti dati per Internet, per i dispositivi per la didattica a distanza.
Inoltre, sono allo studio misure concrete per quanto riguarda la detassazione e decontribuzione degli acquisti all’interno del piano di welfare di veicoli per la mobilità personale a basso impatto ambientale, come monopattini, biciclette o mezzi elettrici, o di abbonamenti a servizi di sharing. Si tratta di un’azione in linea con gli interventi di sostegno alla mobilità green promossi dal Governo, che così potrebbero contare su molte più risorse, anche private (senza inefficienti e frustranti click day).
Crede che nonostante le difficoltà economiche a cui vanno incontro le imprese continueremo ad assistere alla crescita del mercato connesso al welfare aziendale?
Il welfare derivante dalla conversione del Premio di Risultato molto probabilmente diminuirà nel prossimo futuro, dato che in molte imprese non saranno raggiunti i famosi “indicatori incrementali”. Sappiamo però che il cosiddetto “welfare di produttività” è una modalità molto particolare di erogazione del welfare, a metà tra lo strumento economico e la finalità sociale (e per questo da molto ancora non digerita).
Allo stesso tempo, essendo molti i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) che in questo periodo devono essere rinnovati, crescerà il cosiddetto “welfare del contratto nazionale” o “flexible benefit del CCNL”. Le risorse a disposizione per i tradizionali aumenti dei minimi tabellari sono poche, è ragionevole che le parti sociali convergano più che in passato su strumenti detassati e decontribuiti come il welfare aziendale, tanto più se apprezzati dai lavoratori.
L’attenzione dei CCNL verso il welfare aziendale era già stata certificata dall’ultimo rapporto curato da Percorsi di secondo welfare. Nel volume curato dal vostro Laboratorio viene infatti evidenziato come tra il 2017 e il 2019 siano stati sottoscritti dalle parti sociali 13 accordi nazionali che hanno previsto welfare: in totale sarebbero interessati quasi 2,5 milioni di lavoratori e oltre 166mila imprese. A mio avviso si tratta di numeri destinati a salire.
Non dimentichiamo, infine, che è proprio durante una stagione di crisi, quella 2008-2015, che è stato riscoperto il welfare aziendale e a quella riscoperta si devono gli interventi di riforma del 2016, 2017 e 2018. Nei momenti difficili, quindi, il welfare aziendale è sempre stato strumento di sostegno al welfare pubblico e sarà così anche nei prossimi mesi.