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Lo scorso 16 gennaio, durante il convegno "Il welfare aziendale visto dai lavoratori", è stata presentata un’interessante indagine che si è proposta di analizzare il livello di conoscenza dei lavoratori in merito a quelle che sono le politiche di welfare messe in piedi dalle loro imprese. La survey – realizzata dalla società di consulenza Nomisma e promossa da CGIL – ha coinvolto un campione di 1.822 lavoratori, occupati in 70 aziende di tutto il territorio nazionale.

Poco più della metà dei lavoratoti fruisce del welfare aziendale

Come è possibile leggere da questa nota pubblicata dall’Agenzia ANSA, nelle aziende dove è presente un accordo di secondo livello che regolamenta azioni di welfare emerge che solo il 55% dei lavoratori fruisce di tali prestazioni. In particolare, tra i lavoratori – suddivisi dallo studio in impiegati (49%), operai (45%) e quadri (6%) – emerge come più di un terzo degli intervistati sia "pienamente consapevole" rispetto al tema del welfare aziendale; il 45% dei lavoratori ha sottolineato invece di essere stato informato a grandi linee e il 9% per nulla. Ad usare maggiormente i servizi di welfare sono donne (61%) e famiglie con figli (59%), mentre gli uomini sono al 52%.

Dall’indagine si evince che all’aumentare della mansione lavorativa e del titolo di studio aumenta anche la fruizione dei servizi di welfare: il 66% dei quadri usufruisce infatti del welfare; allo stesso modo tale percentuale è più elevata della media (62%) tra chi possiede una laurea. Inoltre è interessante osservare che – a livello generale – le prestazioni di welfare aziendale sono valutate positivamente da oltre il 70% di chi le utilizza.

Come sottolinea il portale di informazione sindacale Rassegna.it, infine, tra le motivazioni che spingono i lavoratori a non fruire dei benefit di welfare le più indicate dagli intervistati sono state: la mancata capacità di intercettare i reali bisogni dei lavoratori (39%) e la volontà di ricevere il Premio di Risultato in denaro (38%), nel caso in cui il contratto aziendale preveda la possibilità di "welfarizzazione" del premio.


Un’indagine che conferma alcune dinamiche già viste

Basandoci sulle informazioni al momento condivise da Nomisma e CGIL, l’indagine svolta indica che quando si parla di welfare aziendale esiste un forte gap conoscitivo tra i lavoratori. Questo, ovviamente, comporta in primo luogo una minore adesione alla proposte di welfare messe in campo dalle aziende per i propri collaboratori, ma a nostro avviso è indicativa anche di altre dinamiche sottese che abbiamo già evidenziato in altre situazione.

Una scarsa conoscenza di come funzioni il welfare aziendale, ad esempio, può limitare il possibile impatto sociale che le prestazioni di welfare possono avere per i lavoratori e le loro famiglie; si pensi a prestazioni potenzialmente rilevanti sotto il profilo sociale, come quelle per il sostegno alla genitorialità o alla non autosufficienza.

Inoltre, lo scarso livello di conoscenza da parte dei lavoratori è un sintomo di come le imprese (ma, in alcuni casi, anche i provider di welfare aziendale coinvolti) spesso non si curano adeguatamente di realizzare azioni informative destinate all’intera popolazione aziendale. Più volte abbiamo cercato di sottolineare come – in questa direzione – sia divenuto cruciale prevedere forme di accompagnamento e supporto per i dipendenti. 

Anche la qualità dei servizi messi a disposizione e la possibilità di scelta è, a nostro avviso, una questione centrale. Proprio per questo è decisivo il coinvolgimento attivo delle rappresentanze sindacali, le quali sono da sempre un “nodo” strategico nella comunicazione delle esigenze e dei bisogni dei lavoratori. Anche i sopramenzionati provider possono sviluppare le loro funzioni in modo tale da accompagnare in maniera più sistematica l’impresa e i suoi dipendenti. A questo riguardo, alcuni operatori stanno iniziando a prevedere e a formare specifiche figure professionali incaricate di recarsi nei locali aziendali allo scopo di fornire ai dipendenti una consulenza one to one, grazie alla quale i lavoratori possono maturare una crescente consapevolezza e autonomia nella gestione e nella fruizione dei servizi di welfare più adeguati ai propri bisogni.

Queste questioni sono state affrontate e approfondite all’interno del volume "Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto rapporto sul secondo welfare"; in particolare vi rimandiamo a due capitoli in cui questo fenomeno è trattato e analizzato: il contributo curato da Barazzetta e Santoni, intitolato “Welfare aziendale e contrattazione. Sfide e opportunità per le parti sociali”, e quello curato da Razetti e Santoni, dal titolo “Il mercato del welfare aziendale: l’intermediazione e il ruolo dei provider”.