Arriva il tempo in cui gli uomini e le donne che hanno calcato la scena aziendale per un buon numero di anni sono predisposti per un bilancio del loro posizionamento nella carriera lavorativa e nella vita. È il tempo in cui l’individuo ha preso la misura di sé in termini di potenzialità di realizzazione personale e sociale, si domanda come meglio gestirsi nel confronto tra le aspettative dell’azienda e il suo equilibrio vita-lavoro, e guarda oltre verso gli scenari di vita in pensione.
Uno può avere idee precise. Un altro può avere idee ma non una linea di sviluppo. Un terzo può non avere idee. C’è chi punta solo alla rendita vitalizia, chi aspira ad un nuovo equilibrio di operosità e di buon vivere, chi vorrebbe strutturare un nuovo modello di vita. C’è lo stacanovista che vorrebbe continuare nel lavoro pieno anche dopo la pensione, ma anche chi non ne può più di lavorare e culla l’idea della leggerezza.
Nell’infinita diversità di situazioni e motivazioni degli individui non ci sono specifici modelli di riferimento su cui basarsi per la vita in pensione. Può invece essere l’azienda, con approccio lungimirante, a mettere a disposizione dei collaboratori senior l’accompagnamento personalizzato del consulente di carriera.
Il ruolo del “consulente di carriera” nei piani di welfare aziendale
L’accessibilità delle persone a questo strumento di progettazione del futuro può essere prevista come opzione nel sistema di welfare dell’azienda. Con il rispetto dell’individualità dei dipendenti che vi vogliono accedere, con la volontarietà di adesione e con la riservatezza, può essere data la possibilità di pensare ed esprimersi in libertà su un piano di progettualità personale ad ampio spettro. L’azienda potrebbe così onorare la sua sensibilità etico-sociale, consentendo ai dipendenti senior di valutare e decidere ciò che è meglio nel loro sviluppo d’ora in avanti. Investire nella crescita anche negli ultimi tempi della carriera in azienda dei collaboratori, per un verso aumenta la possibilità di loro realizzazione personale e porta un ritorno alle aspettative dell’azienda dai suoi “senior” finché sono in azienda e, per altro verso, rafforza la vitalità costruttiva che una volta in pensione potranno valorizzare per sé stessi e per il loro ambito familiare e sociale.
In particolare, un piano di welfare aziendale potrebbe quindi essere arricchito dalla figura del “consulente di carriera”: un professionista che può consigliare e guidare il lavoratore senior in quelle che saranno le fasi successive alla sua attività lavorativa. Questo particolare consulente potrebbe, ad esempio, sostenere il lavoratore vicino alla pensione nella definizione delle attività successiva a quelle occupazionali, che potrebbero riguardare: la sfera del lavoro, ancora molto coinvolgente fino alla pensione e che poi lascerà più campo alle altre sfere di natura individuale o sociale; la sfera dell’identità personale, in cui albergano tanto le sensibilità e i valori individuali quanto l’attenzione per il benessere psicofisico; la sfera della relazione intima primaria e dei rapporti nella famiglia ristretta e in quella allargata; le relazioni sociali, da quelle più occasionali degli ambienti di frequentazione a quelle più stabili delle affinità elettive e dei coinvolgimenti profondi; la sfera dello spirito, riferita a ciò che eleva e a ciò che coinvolge emozionalmente; quella dello svago, con la coltivazione di interessi ludico-culturali e momenti di genuino divertimento.
La persona viene accompagnata in un processo di riflessione e di autoanalisi basato sugli incroci tra i valori personali generatori di energia vitale e i sistemi ambientali in cui tali valori potranno rinnovarsi ed esprimersi (in un asse: l’autocoscienza, la capacità realizzativa di obiettivi, le relazioni interpersonali, la creatività giocosa, la ricerca di significato, lo spirito di servizio e contributo; nell’altro asse: il sistema della cura di sé, i sistemi di coppia – di famiglia – delle amicizie, i sistemi del lavoro, il sistema sociale e ambientale, il sistema del tempo libero). Il punto di arrivo è un piano ponderato di opzioni, confermato da un’autodichiarazione d’intenti e di programma, con un chiaro senso di scopo della vita che è davanti: “chi sono”, “cosa voglio fare”, “dove voglio andare”.
Motivazione all’uscita
In tutto ciò si deve infatti considerare che non sempre la prospettiva di lasciare l’azienda è gradita. Può avere effetto condizionante nelle persone il senso di disagio che sorge all’idea di perdere i benefici del lavoro in azienda che hanno avuto per tanto tempo. Non è tanto una questione di valenza economica, quanto il timore del senso di vuoto (vacuum) determinato dalla perdita di altre quattro valenze.
C’è la questione della gestione del tempo, ovvero la regolazione della quotidianità e la sincronia con l’informazione e con la vita nel mondo del lavoro. Con quale ordine e tempo si riempirà l’agenda? Come la nuova quantità di tempo libero potrà essere valorizzata senza sprechi? C’è il calo del sentimento di utilità o scopo del lavoro di una vita, con il suo significato di vitalità e di contributo al mondo. Come potrebbero riproporsi questi sentimenti di onorevole realizzazione personale dopo l’uscita dall’azienda?
C’è la perdita dell’immagine sociale collegata al lavoro e alla relativa visibilità identitaria verso di sé e verso gli altri. Quanto è importante lo status legato alla carriera lavorativa trascorsa? Ci potrà essere una forma di suo prolungamento o di soddisfacente alternativa? C’è infine l’indebolimento delle occasioni di rapporti umani e di socializzazione formale e informale che sono normalmente offerte dall’ambiente di lavoro, derivanti da connessione, interscambio comunicativo, interazione. Quanto di questo rimarrà dopo l’uscita da quell’ambiente? Quanta compensazione ci sarà o si dovrà cercare nell’ambito privato e sociale?
A fronte di queste percezioni e di questi interrogativi, il ruolo del consulente di carriera è quello di a far razionalizzare alle persone la maggiore convenienza a guardare avanti con senso pratico, poiché esistono e possono essere identificati scenari e attività su cui proiettarsi che siano alternativi e compensativi delle valenze del lavoro che verranno a mancare. È conveniente essere resilienti e privilegiare l’opportunità di dedicarsi costruttivamente al futuro, avendo un nuovo orizzonte temporale ampio di alcune decadi in cui dare significato a nuove durature interpretazioni della vita.
Il beneficiario dell’accompagnamento ha l’opportunità di scoprire chi è al livello più profondo, di trovare una nuova valutazione di sé al di là di quanto ha finora sperimentato nella sua vita. Con ciò arriva a comprendere il giusto equilibrio tra il suo mondo interiore e quello esteriore, equilibrio sul quale può definire nuove linee di personale realizzazione che abbiano scopo trainante e senso di significato per le stagioni che ha davanti.
Una prima area di riflessione progettuale è quella che si riferisce alla valorizzazione del “tempo liberato” e quindi della possibilità di dedicarsi con nuova consapevolezza agli aspetti della vita in cui l’individuo è più specificamente umano: lo spirito e la mente, l’intimità, lo star bene, il far stare bene, la reciprocità di buoni rapporti sociali. La preparazione con metodo tocca ipotesi di scenario che facilitano l’immedesimarsi della persona e l’aiutano a programmare con un suo personale livello di leadership individuale tanto la distribuzione qualitativa e quantitativa degli impegni (personali, familiari, sociali) quanto la combinazione di piacere e sviluppo (personale e relazionale) nel campo della cultura e dello svago.
Leggerezza e impegno nel mondo del volontariato
Una seconda area di riflessione che il candidato al pensionamento attivo può fare grazie all’accompagnamento strutturato è quella riferita all’opportunità di trovare senso di scopo e realizzazione nel campo dell’impegno sociale. È un campo molto ampio e ampiamente ricettivo, nel quale le persone votate a un ruolo attivo fuori del loro abituale contesto aziendale possono avere un peso significativo in nobili attività di impegno civico, utili a realizzarsi sul piano umano e professionale e al tempo stesso utili a ricevere meritorio riconoscimento nella comunità.
Ci sono due aspetti, fra loro collegati, a favore di chi si vuole avvicinare a quel mondo. Uno è la relativa facilità di accedervi derivante dalla gratuità dello spirito di volontariato con cui ci si offre. L’altro è la possibilità di scegliere, fra le tante organizzazioni di volontariato esistenti, quella che meglio consente di collegare operativamente le proprie affinità elettive con la tipologia di apporto filantropico, e contemporaneamente apportare propria esperienza professionale come supporto tecnico-gestionale all’organizzazione stessa.
Adeguatamente calibrata sulle motivazioni e sulle competenze personali, l’attività nelle organizzazioni del volontariato e della promozione sociale consente alle persone di ritrovare le valenze che prima appartenevano all’iter di carriera in azienda: regolazione del proprio tempo su programmi e impegni, sentimento di soddisfazione – utilità – contributo sociale, valore identitario verso di sé e verso gli altri, di continuità rapporti umani attivi e amicali.
Tutto ciò con qualcosa in più. Con la vitalità positiva derivante dalla combinazione di impegno, prestazione e leggerezza che caratterizza chi è alimentato da spirito di volontariato. Con la dedizione al bene comune del proprio patrimonio di energia e competenza. Con l’opportunità di abbracciare nuove tipologie di dinamismo sul piano personale e di mantenersi “moderno” nel tempo grazie alla presenza attiva nel mondo e all’interscambio con altre persone di provenienza culturale e professionale diversa e con persone appartenenti a generazioni diverse. Con l’arricchimento di un portafoglio ibrido di conoscenze, competenze, abilità e valori morali che alimenta una continuità di crescita personale che rende degna di essere ben vissuta la “seconda parte della carriera della vita”.