Lo scorso 29 novembre, il Centro Studi di Confindustria ha pubblicato la nota 14/2019, che si concentra sull’utilizzo delle forme premiali e degli strumenti di welfare aziendale da parte delle imprese iscritte alla Confederazione degli industriali. L’indagine – a cui hanno partecipato 4.096 aziende che occupano in totale circa 780.000 lavoratori – rappresenta il prosieguo di quella realizzata nel 2018 di cui ci siamo occupati in questo contributo.
La contrattazione del Premio di risultato
Secondo la rilevazione – condotta tra febbraio e aprile 2019 – si stima che il 21% delle aziende associate a Confindustria applica attualmente un contratto aziendale che prevede l’erogazione di un Premio di Risultato. Si riscontrano però ampie differenze per settore e dimensione aziendale: ciò è dettato anche dal fatto che il campione preso in considerazione è fatto in maggioranza di imprese del comparto industriale-meccanico e di quello dei servizi e di dimensioni medio-grandi. Considerando ciò, l’indagine stima che circa il 59% dei lavoratori delle realtà imprenditoriali associate (circa 3 milioni) godano di forme premiali annuali (figura 1).
Di seguito è interessante notare che oltre il 35% delle imprese che applicano adottano il Premio di Risultato prevedono anche la possibilità di convertirlo in welfare. Tale opzione tende ad essere più diffusa al crescere della dimensione aziendale: nel settore industriale, ad esempio, è prevista dal 27% dei contratti in imprese fino a 15 dipendenti, dal 30% in quelle con 16-99 addetti e da quasi la metà (48%) in quelle con 100 addetti e più.
Il welfare aziendale e i flexible benefit
Come già accennato, l’indagine monitora poi la diffusione delle politiche di welfare a livello aziendale. I risultati indicano che nel 2019 oltre il 60% delle imprese associate a Confindustria mette a disposizione dei propri dipendenti non dirigenti uno o più servizi previsti dalla normativa; come avviene per la contrattazione dei Premi di Risultato, anche il welfare tende ad essere più presente nell’industria e nelle grandi imprese.
Tra le prestazioni più diffuse vi sono sanità integrativa e previdenza complementare. Nello specifico, quasi la metà delle aziende associate versa contributi in fondi di assistenza sanitaria integrativa a favore dei propri dipendenti (46%), principalmente in applicazione di quanto previsto dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (39%). La diffusione della previdenza complementare è pari al 29%, anch’essa soprattutto in attuazione di CCNL (24,5%). Seguono poi le somministrazioni di vitto (come le mense aziendali) e i fringe benefit (tra cui autovetture ad uso promiscuo o prestiti agevolati), messi a disposizione da circa una su 5 aziende (21% e 20%). I rimborsi riguardanti le spese scolastiche e quelle per l’educazione dei figli sono forniti dal 7% delle aziende; una quota molto simile eroga misure con finalità ricreative (art. 100 del Tuir), 6%.
Si attesta al 10% la diffusione del cosiddetto “carrello della spesa”, un altro tipo di erogazione che – secondo la definizione del rapporto del Centro Studi Confindustria – si caratterizza per offrire un concreto sostegno al potere di acquisto dei dipendenti, anche attraverso la stipula di accordi realizzati con specifici esercenti. Si fermano al 4% i servizi di trasporto collettivo e gli interventi riguardanti l’assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (figura 2).
Lo smart working è presente in quasi un’azienda su dieci
Per il secondo anno consecutivo, l’indagine di Confindustria ha approfondito il tema dell’organizzazione del lavoro, monitorando la diffusione di forme di smart working. Sulla base della rilevazione effettuata si stima che il 9% delle imprese associate alla confederazione degli industriali abbia introdotto il lavoro agile: la percentuale sale al 20% tra quelle con 100 o più addetti (20%). La diffusione è mediamente più ampia nei servizi che nell’industria (11% rispetto a 7,3%). Inoltre, stando ai risultati della survey, un altro 10% delle aziende, pur non avendolo ancora introdotto, consideri il lavoro agile un tema interessante da affrontare nel prossimo futuro.
Con riferimento alle modalità di disciplina contrattuale che regolamentano lo smart working, circa tre realtà su quattro preferiscono l’applicazione di tale misura attraverso accordi individuali (76%). Vi è un 19% di aziende che tuttavia ha introdotto anche una regolamentazione aziendale; mentre solo il restante 9% include il tema nella contrattazione collettiva aziendale.
Si diffonde la contrattazione del welfare
In conclusione il report sottolinea come, nel corso dell’ultimo triennio, si sia registrata una crescita rilevante di tutti i servizi di welfare (figura 3). In particolare, l’incremento maggiore si registra per le voci: “carrello della spesa” e somme e servizi per l’assistenza ai familiari anziani o non-autosufficienti dei dipendenti.
La diffusione di entrambi i benefit partiva da livelli molto bassi (come anche noi vi abbiamo mostrato qui), ma quadruplica nell’arco del triennio. Secondo i ricercatori che hanno condotto l’indagine “l’aumento della diffusione di entrambe le tipologie è da leggere alla luce dei cambiamenti normativi introdotti dalla Legge di bilancio 2016, che ha ampliato la lista di beni e servizi “non imponibili” di cui all’art.51 del TUIR (includendovi, in particolare, i servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti) e confermato la possibilità di fruire del beneficio fiscale anche qualora i benefit siano erogati ai dipendenti tramite voucher”.
Allo stesso tempo però, continua il report “sull’aumento osservato incidono anche altri fattori concomitanti. Nel caso dell’assistenza ai familiari anziani, è in atto un incremento strutturale della domanda di questi servizi, per esigenze di cura legate alla maggiore longevità. Sulla maggiore diffusione del carrello della spesa incide quanto contenuto nel CCNL metalmeccanico del 26 novembre 2016, ovvero che, a partire dal 1° giugno 2017, le aziende attivassero, per tutti i lavoratori dipendenti, piani di flexible benefits, per un importo di 100 euro nel 2017, 150 euro nel 2018 e 200 euro nel 2019”.
Alcune considerazioni
Dai dati resi noti dal Centro Studi di Confindustria emergono delle evidenze molto interessanti. In primo luogo, il welfare sembra essere divenuta una politica aziendale ormai diffusa e in costante crescita tra le imprese considerate. Un discorso particolare deve essere fatto per lo smart working, il quale risulta essere quasi raddoppiato rispetto allo scorso anno: tale dato è interessante soprattutto se si riflette in merito all’evoluzione culturale e organizzativa che tale strumento comporta. Come affermato in questo articolo da Luca Solari – Professore ordinario di organizzazione aziendale presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano – il lavoro agile rappresenta infatti un passaggio essenziale per il superamento del modello di produzione taylorista e fordista nel quale il sistema produttivo italiano sembra essere ancora “incagliato”.
Ad ogni modo, osservando nel complesso i risultati della survey, appare evidente che per rendere maggiormente “inclusivo” il welfare occupazionale c’è ancora molto da fare. Pur risentendo di chiare influenze dettate dal campionamento (molte delle imprese associate al sistema di Confindustria applicano infatti il CCNL metalmeccanico, il quale prevede una piccola quota di welfare dal 2016), appare chiaro che la diffusione del welfare sembra essere particolarmente influenzata da alcune specifiche variabili. Tra queste l’analisi qui presentata mette in luce in modo particolare quelle relative alla dimensione dell’impresa e a settore di appartenenza.
Chi fosse interessato ad approfondire le questioni riguardanti i limiti e le sfide legate allo sviluppo del welfare aziendale nel nostro Paese può farlo scaricando il volume "Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto rapporto sul secondo welfare"; in particolare vi rimandiamo a due capitoli in cui questo fenomeno è trattato e analizzato: il contributo curato da Barazzetta e Santoni, intitolato “Welfare aziendale e contrattazione. Sfide e opportunità per le parti sociali”, e quello curato da Razetti e Santoni, dal titolo “Il mercato del welfare aziendale: l’intermediazione e il ruolo dei provider”.
Riferimenti
Nota 14/2019 del Centro Studi di Confindustria “Indagine sulle politiche pubbliche”