Il welfare aziendale torna nell’agenda istituzionale del Governo Meloni. Dopo aver chiarito che uno degli obiettivi della Riforma Fiscale è quello di facilitare l’utilizzo dei servizi e delle prestazioni di welfare messe a disposizione dalle imprese, l’Esecutivo è tornato su questo argomento anche nel DEF, il Documento di Economia e Finanza, cioè il principale dossier di programmazione finanziaria del nostro Paese.
Il documento “Programma Nazionale di Riforma”, l’allegato del DEF che descrive e spiega le scelte del Governo sul fronte economico e fiscale, spiega che attraverso interventi normativi ancora da sviluppare l’Esecutivo vuole “favorire (…) la diffusione di un approccio responsabile verso la maternità nelle relazioni di lavoro individuali e collettive, investendo sul welfare aziendale, dove già peraltro esistono best practices che devono essere diffuse, e implementando la destinazione di risorse al sostegno della maternità”.
Di seguito cerchiamo di capire in che modo.
Il welfare aziendale come politica per incentivare la natalità?
All’interno del DEF il welfare aziendale è quindi visto come un’opportunità per sostenere la natalità (questione che anche il precedente Governo aveva affrontato). Come ha spiegato in una nota l’eurodeputata di Fratelli d’Italia Chiara Gemma questo avverrà in particolare rafforzando il congedo parentale e gli strumenti di conciliazione vita-lavoro.
Secondo Gemma, “le misure inserite nel Programma nazionale di riforma (PNR) allegato al DEF 2023, varato dal Consiglio dei ministri l’11 aprile scorso, sono legate anche all’attuazione della legge delega del 2022 sul Family Act. Gli interventi programmati sono molto concreti e incideranno, in particolare, su due questioni: l’aumento dell’importo dell’indennità di congedo parentale dal 30% all’80% per un mese, da utilizzare entro il sesto anno di vita del figlio ovvero entro il sesto anno dall’ingresso nel nucleo familiare del minore in caso di adozione o affidamento, alternativamente tra i genitori, e poi sulla conciliazione famiglia-lavoro attraverso la diffusione di centri e servizi di supporto nelle diverse fasi della vita familiare e di sostegno alle scelte genitoriali al fine di garantire una maggiore partecipazione delle donne e in particolare delle madri al mercato del lavoro”.
A questo andranno poi aggiunte le misure previste dal Governo Meloni attraverso la Riforma Fiscale, di cui vi abbiamo parlato dettagliatamente qui. In sintesi, la Legge Delega indica la volontà di facilitare l’accesso alla previdenza complementare e alla sanità integrativa, valorizzare il tema della mobilità sostenibile, rafforzare il ruolo degli enti bilaterali e innalzare la soglia dei fringe benefit1.
Il welfare aziendale e la parità di genere
Tornando al DEF e ai suoi allegati, è interessante notare come si faccia poi riferimento al welfare “integrativo” anche quando si parla di parità di genere. In particolare, secondo il documento “le imprese possono svolgere un ruolo decisivo in termini tanto di contesto favorevole alla maternità quanto di concrete prestazioni di welfare integrativo al suo sostegno”.
In questa direzione il testo mette in luce la rilevanza delle politiche per le pari opportunità, le quali costituiscono un importante motore di crescita per il Paese e per migliorare le prospettive occupazionali, in particolare delle donne. L’obiettivo del Governo è quello di adottare a pieno la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 che, tra le altre cose, ha previsto la realizzazione della certificazione di genere per le imprese, divenuta pienamente operativa nel corso del 2022.
Questo strumento – previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – dovrebbe essere funzionale alla riduzione del divario di genere nell’ambito lavorativo. Attraverso una serie di KPI (Key Performance Indicator – Indicatori chiave di prestazione), le aziende possono certificare di possedere i parametri adeguati per garantire un contesto organizzativo favorevole alla presenza della componente femminile.
Come si può leggere nel documento, allo scopo di valorizzare azioni orientate alla parità di genere, il Consiglio dei Ministri ha anche recentemente approvato un disegno di legge per rivedere il sistema degli incentivi alle imprese che prevede la redazione di una serie di disposizioni per il riconoscimento di una premialità alle imprese che valorizzano la quantità e qualità del lavoro femminile, nonché – ancora – il sostegno alla natalità.
Una visione riduttiva del welfare aziendale
Come sta dimostrando l’attuale fermento intorno alla questione del welfare aziendale, il Governo Meloni sembra voler valorizzare i servizi e le misure che le imprese possono mettere a disposizione dei propri collaboratori così come aveva annunciato al momento dell’insediamento. Nel DEF il welfare d’impresa è però visto esclusivamente come un mezzo per incentivare l’occupazione femminile.
Ovviamente questi benefit e servizi sono un’opportunità rilevante in ottica di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e anche per la parità di genere sul luogo di lavoro. Pare però riduttivo parlarne esclusivamente in questi termini. Il welfare aziendale comprende un’ampia gamma di politiche sociali ed è in grado, per sua natura,di innovare il rapporto tra impresa e dipendenti.
Si tratta infatti di azioni che possono incentivare la salute, sostenere la formazione dei lavoratori e anche promuovere attività nel tempo libero. Come spiegato nel capitolo “Il welfare aziendale e contrattuale, tra sostenibilità e filiera corta” del Quinto Rapporto sul secondo welfare, in questo senso il welfare aziendale consente di mettere al centro della relazione lavorativa e dello scambio contrattuale anche il tema del benessere dei lavoratori e dei loro familiari. A differenza della retribuzione e degli altri istituti contrattuali, il welfare è l’unico elemento all’interno della relazione azienda-dipendente che tratta un tema privato e personale, come quello del benessere.
Attraverso il welfare l’organizzazione produttiva diviene consapevole del suo ruolo sociale e si impegna concretamente verso il suo stakeholder più importante: il suo collaboratore. In questo modo l’impresa non può più essere vista come un’entità che ricerca esclusivamente il profitto, ma piuttosto come una realtà sociale attenta a generare benessere. Sarebbe cruciale che anche il Governo comprendesse ciò e valorizzasse il welfare aziendale a 360°, evitando di legarlo di volta in volta a singoli temi: prima ai fringe benefit e ora alla parità di genere.
Note
- Misure che riguardano una vasta gamma di servizi e soluzioni che le imprese possono destinare ai propri dipendenti, godendo di specifici benefici fiscali. Tra le formule più comuni ci sono: card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online) e i buoni benzina.