«Vogliamo diffondere tra le imprese l’opportunità di attivare forme più concrete di relazione tra economia e cultura e che il pensare artisticamente possa anche renderle più competitive e innovative. Le imprese stanno capendo che bellezza e ragionamento estetico possono stimolare l’innovazione di prodotto e di processo, e anche sollecitare nuove visioni strategiche. Ma l’arte può aiutare anche a capire e a guidare anche i processi di cambiamento organizzativo agendo sul versante della coesione e del welfare aziendale».
Così Fabrizio Panozzo, docente del Dipartimento di management di Ca’ Foscari, ha spiegato il progetto internazionale Smath – finanziato con risorse Interreg – che consente a sei artisti di entrare in altrettante imprese del Veneto con una residenza artistica finanziata, per sviluppare le idee progettuali nate da un percorso di dialogo e confronto reciproco cominciato nel 2014, quando sono stati avviati i primi tentativi di portare il linguaggio artistico direttamente nei luoghi di produzione.
«Fin da subito abbiamo voluto andare oltre i modelli classici: la sponsorizzazione, il collezionismo, la filantropia. Certo, impresa e cultura si collegano soprattutto in questi modi ma anche qui c’è bisogno di innovare e passare all’azione concreta: mettere realmente l’artista, che è operaio e imprenditore, a lavorare in fabbrica, accanto ad altri operai e imprenditori». Un’impostazione interessante, che a nostro avvisto ben si inserisce nel ragionamento sul welfare socio-culturale che come Percorsi di secondo welfare abbiamo deciso di intraprendere.
Arte in azienda, il Veneto laboratorio per l’Europa
Barbara Ganz, Il Sole 24 Ore, 27 dicembre 2019