Ogni anno gli italiani pagano 569 euro per curarsi, con un aumento di 80 euro rispetto al 2013, per un totale di 34,5 miliardi nel 2015, valore record che si confronta con i 27,2 miliardi del 2010. Di questa spesa, soltanto il 13% è intermediata da fondi o polizze sanitarie (4,5 miliardi nel 2015).
Nello stesso periodo la spesa sanitaria pubblica è diminuita da 112 miliardi del 2010 a 111 miliardi del 2015 e 2016. Da una parte ci sono i vincoli di finanza pubblica che non consentono di erogare alla sanità risorse senza limiti, dall’altra le richieste di cura delle popolazione crescono, non soltanto perché la quota di anziani aumenta ma anche perché l’evoluzione scientifica alza l’asticella qualitativa, aumentando le aspettative di cura. In particolare, con l’aggiornamento dei Lea, si rischia che alcune voci diventino “meno essenziali” nel campo di azione del Ssn, perché si sta cercando di fissare i livelli qualitativi inserendo prestazioni innovative che tengano conto delle evoluzioni di questi anni – ad esempio l’aggiornamento degli elenchi delle malattie rare e di quelle croniche e invalidanti.
Affinché il sistema rimanga sostenibile e la qualità delle cure garantite ai cittadini non si riduca pur a fronte dell’aumento dei costi della sanità, una via di uscita è diversificare le fonti di finanziamento attraverso l’intermediazione della spesa sanitaria privata da parte delle forme sanitarie integrative (polizze salute individuali e fondi sanitari). La creazione di un secondo pilastro creerebbe un polo di acquisto da affiancare al Ssn in grado di poter spuntare con le strutture medico-sanitarie condizioni di prezzo ma anche possibilità di accesso più favorevoli.
Una salute più protetta
Paola Valentini, Milano Finanza, 10 settembre 2016 (via Assinews.it)