Welfare Oggi è la rivista di Maggioli Editore dedicata ai temi del welfare locale che si rivolge a chi opera in tale ambito – amministrazioni, ASL, cooperative sociali, associazioni, assistenti sociali, educatori, animatori e altri professionisti in ambito sociale – per offrire strumenti, riflessioni e analisi utili al loro lavoro quotidiano. Nel mese di luglio è stato pubblicato il numero 3/2018.
Il tema di fondo: la relazione
Al centro di questo nuovo numero c’è un tema ricorrente: quello della relazione. All’interno della rivista, infatti, si parla da diversi punti di vista della relazione tra operatori di welfare, destinatari dei servizi e loro familiari; tra organizzazioni e operatori; tra chi nel welfare ci lavora professionalmente e chi lo agisce entro ruoli familiari e informali come caregiver.Sono tutte relazioni nelle quali si costruiscono talvolta attese e aspettative improprie e in cui si sovrappongono compiti istituzionali, regole organizzative e un insopprimibile elemento umano; relazioni mai scontate, nemmeno per chi le pratica da decenni; relazioni che diventano elemento centrale di interventi sociali e anche delle politiche, nella consapevolezza di come ogni disegno di welfare non può prescindere, alla fine, dalla relazione.
Poltiche: futuro del terzo settore, valutazione di impatto e Fondazioni comunitarie
La parte della rivista dedicata alle policies è aperta da un contributo di Carola Carazzone di Assifero che, approfondendo una riflessione lanciata nei mesi scorsi che ha avviato un ampio dibattito, mette a tema il ruolo della fondazioni e delle loro erogazioni per il futuro del Terzo Settore. Secondo Carazzone oggi le fondazioni sono chiamate a superare due limiti che oggi frenano il non profit italiano: la presunzione che l’efficacia dell’intervento si persegua abbassando i costi generali e la mitizzazione del “progetto”, nella realtà spesso incapace di cogliere la realtà nelle sue interconnessioni e evoluzioni.
Segue un articolo dedicato un tema strettamente legato alla provocazione del precedente: quello della valutazione di impatto. Come spiegano Bernardoni e Marocchi, pagare i risultati e creare meccanismi finanziari che, in attesa dell’esito, permettano di operare ai soggetti che godono della fiducia degli investitori oggi è ritenuto fondamentale. Tuttavia, anche se questo sembra un buon modo di premiare i migliori e assicurare un welfare più efficiente, la sfida è più complessa e richiede di considerare le implicazioni, non sempre positive, connesse alla diffusione di logiche di mercato nel welfare.
L’ultimo articolo dedicato alle politiche si occupa delle Fondazioni di comunità nelle regioni del Sud Italia. Come spiega Bandera nel suo contributo, queste istituzioni filantropiche si stanno rivelando attori preziosi per favorire lo sviluppo sociale ed economico nelle regioni del Mezzogiorno portando avanti processi di infrastrutturazione sociale.
Invecchiamento: quale impatto sugli operatori socio-sanitari?
Il focus tematico della rivista, "Lavorare stanca", tocca un tema molto interessante e fortemente intrecciato con la ricerca InnovaCAre, recentemente lanciata dall’Università degli Studi di Milano e l’Università Vita-Pensiero San Raffaele grazie al supporto di Fondazione Cariplo. A causa dell’invecchiamento della popolazione, delle riforme pensionistiche e dell’aumento dei carichi di lavoro dovuti ai tagli il sistema socio-sanitario italiano si trova oggi di fronte a sfide complesse legate al suo personale più longevo. Gli operatori che possono svolgere qualsiasi tipo di servizio – dalle varie mansioni fino alla turnazione notturna – sono sempre di meno, mentre aumentano coloro i quali che, per evidenti limiti legati all’età, possono occuparsi solo di una parte dei compiti previsti.
Come spiegano De Pietro, Pacileo, Sartinara e Pirazzoli nel loro articolo sull’idoneità del personale del SSN, infatti, sono circa 80mila i lavoratori in servizio nel Sistema Sanitario Nazionale che hanno limitazioni di mansioni a causa dell’età. Come si affronta la loro condizione? A partire dall’analisi della situazione di una ASL del Centro Italia, gli autori offronto alcune riflessioni e le proposte.
Nel loro articolo, invece, Trimarchi e Jannelli riflettono di un tema complesso qual è quello della governance nel personale in questo contesto. Nel contributo gl autori evidenziano come oggi sia necessario non riferirsi alle dotazioni organiche teoriche, ma computare il personale effettivamente disponibile; ma anche ridare l’orgoglio e il coinvolgimento nel proprio lavoro che tende a perdersi nelle organizzazioni sanitarie.
Seugono quindi i contributi sulle esperienze di Gallo – che raccontando della cooperativa Elleuno spiega come sicurezza e formazione dei lavoratori siano cruciali per affrontare le sfide dell’invecchiamento – e Rivano – che illustrando il caso del Consorzio Agorà spiegando come il welfare aziendalea abbia aiutato a individuare possibili patologie organizzative
che demotivano i lavoratori.
Esperienze tra domiciliarità e careviging
Al solito, la parte dedicata al racconto delle esperienze è molto ricca e interessante.
Nel loro contributo Ceccarini, Rao e Pollo raccontano di alcune buone pratiche per un modello innovativo di supporto alla domiciliarità e di cure integrate tramite l’attivazione di processi partecipativi, che sperimentano nuove modalità per dare impulso a comunità coese, solidali e responsabilo.
Esplicitare gli obiettivi di una innovazione strategica e organizzativa, sviluppare una ricerca che possa valutarne il raggiungimento ed infine avere un feedback sull’efficacia e sul benessere generato dai servizi, sono invece tre ambiti sui quali si sviluppa l’articolo di Zucchini e Giusti mediante la descrizione di una esperienza realizzata nella Città di Bologna relativa ai servizi a sostegno della domiciliarità.
Malvi e Trevisani, infine riflettono di come i caregiver – un ruolo che presto o tardi sarà ricoperto dalla stragrande maggioranza dei cittadini italiani – spesso mancano di supporti adeguati vivere adeguatamente questa impegnativa esperienza. In tal senso la USL di Bologna in questi anni ha iniziato a lavorare su questo tema, riportando alcuni interessanti risultati.
Strumenti per contrastare la demenza e favorire l’autonomia
Anche la parte dedicata agli strumenti presenta articoli fortemente collegati alle tematiche sociosanitarie trattate nelle altre sezioni.
La reazione più diffusa nel momento in cui un congiunto viene a soffrire di forme di demenza è “non è più lui!”; un chiaro segno della percezione legata all’identità personale che nasce in chi si trova a contatto con la malattia. Secondo Montenapoleone è invece possibile lavorare per mantenere la connessione emotiva con il malato, con beneficio sia per questi che per il caregiver.
Gli interventi sociali si propongono di promuovere l’autonomia del destinatario; ma quando si lavora nel campo della salute mentale il perseguimento di questo obiettivo si scontra con delle resistenze non facili da superare. Come spiega Montebello quando un’équipe è determinata nell’affrontarle è però possibile raggiungere risultati insperati.
Il ruolo della relazione nei lavori sociali
L’ultima sezione della rivista, curata da Tabacchi, si focalizza sulla relazione tra operatore e utente all’interno dei lavori sociali. Secondo l’autore questa non deve essere considerata un "bancomat delle soluzioni" ed è improprio sovraccaricarla di aspettative di cambiamento immediate per l’utente. La relazione deve piuttosto essere considerata un "libretto di istruzioni" che si pone a fianco dell’utente costituendo, nei tempi e nei modi propri di ciascuna storia, una risorsa per affrontare meglio opportunità, ma anche circostanze sfavorevoli. E l’operatore sociale in tal senso deve essere "un esperto di colori e sfumature" che capacita gli altri a "superare il daltonismo" facendo percepire esperienze prima sconosciute.