L’immigrazione interna europea nel Regno Unito aumenta con un ritmo impressionante: solo nell’ultimo anno, 228mila cittadini europei – principalmente giovani – sono approdati oltremanica in cerca di lavoro. Tra questi moltissimi italiani (aumentati del 300% in soli quattro anni) di cui, secondo i dati dell’Ambasciata Italiana, il 60% ha meno di 35 anni. Un fenomeno che va ben oltre quello dei “cervelli in fuga”.
Di fronte a questi numeri il governo britannico, non potendo negare l’accesso ai cittadini europei stante il presupposto della libera circolazione delle persone, ha annunciato di volere intervenire sul fronte del welfare, avviando un piano per escludere i lavoratori europei dal sistema dei benefit, i sussidi dello stato. Il piano prevede che i cittadini europei potranno chiedere sussidi solo dopo aver vissuto e lavorato nel paese, ovvero pagato tasse, per quattro anni. Inoltre saranno espulsi se ancora disoccupati dopo sei mesi di permanenza. Eppure escludere gli europei dal diritto ai sussidi violerebbe a sua volta il principio di giustizia e di uguaglianza per cui ogni cittadino europeo ha gli stessi diritti ovunque vada in Europa, mettendo in discussione un altro dei capisaldi dell’Unione.
Un intervento di grande interesse anche per il nostro paese che, oltre ad essere membro dell’Unione Europea, sarebbe di riflesso "colpito" da questa scelta, vista l’ingente presenza di Italiani in territorio britannico.
I ragazzi italiani che il Regno Unito non vuole più, Marco Mancassola, Internazionale, 24 gennaio 2015