Il tema della sostenibilità sta diventando sempre più virale e rilevante per le organizzazioni, le istituzioni e i singoli cittadini. Lo testimoniano la moltitudine di articoli scientifici e divulgativi relativi a questo tema, nonché gli eventi dedicati tra i quali l’OECD World Forum sul Well-Being che si terrà a Roma i primi di novembre.

Le aziende sentono ormai il dovere di essere parte di un cambiamento che porti a una vita sociale e lavorativa più sostenibile. Due esempi recenti di organizzazioni che si stanno prodigando per essere maggiormente sostenibili sono riportati da Il Sole-24 Ore e riguardano Generali, che promuove l’agile working fino a tre giorni alla settimana e premia con un bonus lavoratori e lavoratrici che scelgono trasporti eco-friendly per recarsi sul luogo di lavoro, e Barilla che nel 2023 ha investito 230 milioni di euro per innovare prodotti e processi aziendali al fine di essere sempre più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.

Ma concretamente, cosa intendiamo con questo termine?

Il concetto di sostenibilità sociale

La sostenibilità sociale è concettualizzata prevalentemente in tre modi distinti nella letteratura scientifica. In primo luogo, vi è l’approccio orientato allo sviluppo, che considera la sostenibilità sociale come una componente dello sviluppo sostenibile, basata su valori, norme o strutture sociali, e che pone l’accento sulla preservazione delle tradizioni e delle strutture sociali.

In secondo luogo, l’approccio orientato all’ambiente che mette in luce la sostenibilità sociale come un mezzo per affrontare le sfide ambientali, posizionandola come un ponte tra le persone e l’ambiente per il raggiungimento di obiettivi ecologici.

Infine, la prospettiva orientata all’essere umano (human centred) si concentra sulla salvaguardia o sul miglioramento del benessere delle generazioni presenti e future, considerandola come un aspetto integrale della sostenibilità complessiva e riconoscendone l’interconnessione con le altre dimensioni. Questa visione ha guadagnato terreno tra i ricercatori negli ultimi anni, enfatizzando l’importanza dei parametri sociali per garantire la sostenibilità e le politiche di welfare (Acik Etike & Erdonmez Dincer, 2024).

Figura 1: Il concetto di sostenibilità sociale (Acik Etike & Erdonmez Dincer, 2024)

Ly e Cope (2023), nel tentativo di creare un framework che concettualizzi il complesso ed eterogeneo concetto di sostenibilità sociale in un modello composto da diverse dimensioni, mettono in evidenza soprattutto la dimensione di qualità della vita. Gli autori definiscono la sostenibilità sociale spacchettandone il costrutto in diverse dimensioni, ovvero:

  • la sicurezza, riguardante l’esperienza di vulnerabilità ambientale (es. disastri naturali e condizioni di lavoro pericolose) così come i rischi sociali (es. criminalità, violenza e rivolte),
  • l’equità, che si riferisce al sovra-consumo come status sociale, nonché alla distribuzione sproporzionata delle risorse a favore di particolari gruppi sociali,
  • l’adattabilità, riguardante la resilienza degli individui e delle comunità e la capacità di rispondere in modo appropriato e creativo al cambiamento,
  • l’inclusione e coesione sociale, legata al fatto che una società sostenibile dovrebbe incoraggiare la partecipazione e il coinvolgimento pubblico e rafforzare la fiducia sociale in ogni gruppo sociale,
  • la qualità della vita, collegata al concetto di benessere sociale (social well-being) e che include indicatori come la famiglia, la salute, l’istruzione e le relazioni sociali.

Il social well-being

Addentrandoci nella nozione di benessere sociale, essa può essere analizzata da diverse prospettive. Da un punto di vista macro, include dimensioni come l’aspettativa di vita, i tassi di povertà e i fattori ambientali. Dal punto di vista individuale, comprende misure soggettive o psicologiche del benessere di una persona, ovvero la valutazione che l’individuo fa della propria qualità di vita e del proprio lavoro, determinata attraverso tre aspetti principali: fisico, sociale e psicologico. Il benessere sociale è associato a tutte le parti della vita dei cittadini, tra cui l’attività lavorativa che riveste un ruolo preponderante (Juchnowicz & Kinowska, 2021). Esso deve quindi essere raggiunto sia all’esterno che all’interno dell’ambito lavorativo e dei confini organizzativi.

Tuttavia, la letteratura scientifica sul tema si suddivide in due ambiti di ricerca che poco interloquiscono tra loro. Le ricerche che guardano agli aspetti macro del benessere sociale non tengono infatti presente anche della dimensione organizzativa dello stesso e, parimenti, le ricerche relative al benessere dei lavoratori non sembrano essere influenzate da policy sociali, investigando solamente l’impatto di variabili organizzative sul benessere individuale (ad es. soddisfazione lavorativa, rapporto con capi e colleghi, work-life balance).

L’interrogativo che sorge è quindi: come è possibile progettare interventi di welfare per il cittadino o politiche organizzative a favore del benessere del lavoratore se non vi è ancora comprensione e condivisione tra Accademia e policy-makers di tutte le dimensioni di social sustainability e well-being? Come è possibile misurare l’attuale livello di well-being se si continua ad adottare una visione ancora troppo frammentata di tale concetto?

Cittadinanza, comunità scientifica e istituzioni insieme per comprendere meglio la social sustainability

Come si può rispondere a questi interrogativi? Per superare la dicotomia tra social sustainability, in particolare social well-being, e organizational sustainability e well-being, il progetto multidisciplinare CITYBLE (ne abbiamo parlato qui, ndr), promosso da Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Ferrara e Università del Salento, si pone l’obiettivo di adottare un approccio omnicomprensivo e multilivello allo studio della sostenibilità e del benessere sociale.

Il progetto ha come obiettivo anche quello di testare empiricamente, tramite la metodologia citizen science che coinvolge i singoli cittadini, le varie dimensioni di social sustainability e well-being costruendo insieme alla cittadinanza, una dashboard che ne ricomprenda i diversi indicatori e ne metta in evidenza le eventuali carenze. L’ultima parola spetta quindi ai cittadini che possono esprimersi in merito all’efficacia degli indicatori e le eventuali ulteriori dimensioni di social sustainability.

Nelle prossime settimane sulle pagine di Secondo Welfare andremo a raccontare come il progetto CITYBLE implementerà tali ambiziosi obiettivi.

 

Foto di copertina: Gábor Molnár, Unsplash.com