Sono 11 milioni gli italiani con in tasca una polizza sanitaria e saliranno a 21 milioni nel 2025, eppure le code dentro le strutture pubbliche non diminuiscono. Intanto chi stipula un’assicurazione vuole avere un più rapido accesso alle prestazioni, scegliersi il medico e ottenere rimborsi anche per prestazioni non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, come il dentista, gli occhiali o la camera singola in caso di ricovero. Anche lo Stato è interessato ad incentivare le polizze concedendo benefici fiscali, proprio per alleggerire il SSN e assistere meglio chi non può permettersi di rivolgersi altrove. Qualcosa però non torna. Proviamo a fare qualche conto.
A questo riguardo, sono 8,2 milioni i dipendenti assicurati dal datore di lavoro tramite contratti collettivi, oppure fondi di categoria (come per gli avvocati, i notai e i giornalisti). Per loro è possibile dedurre dal reddito i contributi versati fino a 3.615,20 euro all’anno, oltre al 19% delle spese sanitarie non rimborsate (con una franchigia di 129,11 euro).
Secondo Milena Gabanelli e Simona Ravizza, il risultato è che l’idea di contenere la spesa sanitaria pubblica, incentivando le assicurazioni senza che ci siano strutture dedicate, rischia di rivelarsi un’illusione. Da una parte le casse pubbliche scontano un mancato incasso per gli sgravi fiscali, dall’altra la spesa è destinata a salire nonostante il boom di premi: nel 2016 le polizze ammontavano a 5,5 miliardi, che diventeranno 15,2 nel 2025. In concomitanza la spesa sanitaria che nel 2016 era di 112 miliardi, salirà a 120 nel 2025.
Sanità: 11 milioni di assicurazioni private, ma la spesa pubblica aumenta. Perché?
Milena Gabanelli e Simona Ravizza, Corriere della Sera, 20 maggio 2018