«Mettete giù il bisturi», raccomandava qualche settimana fa l’Economist a proposito della razionalizzazione, in corso in molti Paesi, dei rispettivi sistemi sanitari. Anche la Lombardia promette ora di rivisitare il proprio, e indica le linee di riforma nel Libro Bianco diffuso nei giorni scorsi, sul quale il Corriere della Sera ha aperto un opportuno dibattito.
Ricordiamo due dati di fondo imprescindibili nell’affrontare la questione: il primo, rappresentato dalla virtuosità del sistema lombardo. Esso, infatti, è più efficiente rispetto alla media nazionale perché costa, come ricorda lo stesso Libro Bianco, il 5,47% del Pil contro una media del 7,04 per l’Italia, del 6,5 della Ue e dell’8,9 dei Paesi Ocse; è più attrattivo, perché accoglie ogni anno oltre 450mila pazienti (la seconda regione con un saldo di mobilità positivo, l’Emilia Romagna, si ferma a 350mila), il 60% dei quali sceglie strutture private; ed è di gran lunga più produttivo in termini di ricerca scientifica, volano quest’ultima, a sua volta, del primato indiscutibile della Lombardia nel settore biomedicale. La seconda premessa, anch’essa sottolineata dal Libro Bianco, riguarda le tendenze della spesa sanitaria, certamente destinata a crescere, visto il fatale invecchiamento della popolazione, che avrà conseguenze devastanti sulla tenuta dei conti, considerando che per ciascun cittadino l’80 per cento dei costi per la sanità si concentra nel periodo successivo al raggiungimento dei 65 anni.
Le premesse spiegano la cautela con cui andrebbe impugnato il bisturi per rivedere un sistema che funziona e che ha trovato le ragioni del suo successo nell’assicurare libertà di scelta al consumatore e pluralismo dell’offerta. Migliorare si deve (per esempio, per aumentare il grado di trasparenza e managerialità del sistema), soprattutto quando la situazione economica, sociale e demografica cambia radicalmente. Ma, da questo punto di vista, il Libro Bianco, pur non rinnegando i successi del passato, appare abbastanza indefinito nel prospettare lo sviluppo del futuro: in particolare, affiora la tendenza a una sorta di ri-centralizzazione del sistema (per esempio, con la Azienda Integrata per la Salute), che si scontra non solo coi risultati ottenuti, ma con le tendenze in atto in altri sistemi. In Gran Bretagna, per esempio, la riforma del glorioso Sistema sanitario nazionale voluta nel 2012 dal governo Cameron va proprio nella direzione di aumentare la concorrenza, di decentrare quanto più possibile le decisioni di spesa e di responsabilizzare i medici di base: una strategia che ha suscitato molte polemiche, ma che sta cominciando a dare i suoi frutti, come riconoscono i media.
Il sistema lombardo della sanità è espressione significativa della fiducia nella sussidiarietà che ha caratterizzato lo sviluppo sociale della regione da più di un secolo; su questa linea, tipicamente lombarda, prospettive molto interessanti offre lo sviluppo del secondo welfare sul quale sta lavorando il Centro Einaudi: esso offre prospettive innovative di collaborazione tra istituzioni pubbliche, soggetti privati (in questo caso, non solo gli operatori del settore, ma anche assicurazioni e fondi privati), terzo settore e soggetti filantropici. Nella convinzione che il nuovo welfare non possa che svilupparsi attraverso la responsabilizzazione di tutti gli attori sociali, pubblici e privati, la collaborazione tra i quali, proprio nel caso della sanità lombarda, ha dimostrato di saper dar vita a un’esperienza finora esemplare, che è interesse di tutti difendere.
*Presidente del Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi
Questo articolo è stato pubblicato anche sul Corriere della Sera del 29 luglio 2014
Riferimenti
Il libro bianco sullo sviluppo del sistema sociosanitario in Lombardia