L’ impresa sociale si presenta oggi come un asset proprio e distinto dell’economia italiana. Un asset capace non solo di rappresentare la sensibilità morale e civile del Paese, ma anche di esprimere un modo innovativo di “fare economia”.
In Italia si contano 301.000 istituzioni no profit, quasi 5 milioni di volontari, ma anche 680.000 addetti con una crescita di quasi il 40% in dieci anni. A questi numeri bisogna aggiungere oltre 90.000 imprese for profit che operano nei settori dell’economia sociale. Siamo di fatto di fronte all’evoluzione di un’area, che eravamo abituati a considerare solo sociale, in una vera e propria sfera dell’economia del Paese.
È il frutto di una favorevole convergenza di due forze: una consolidata e strutturata rete socio-assistenziale e del volontariato e una profonda tradizione di imprenditoria socialmente responsabile. Due elementi che quando integrati divengono punti di unicità nel panorama mondiale: un modello informale di welfare che ci siamo accorti essere stato spesso fonte di ispirazione di policy all’estero. Forze endemiche nella nostra cultura nazionale, che non hanno tuttavia avuto il vigore di affermare con chiara determinazione una via italiana allo sviluppo.
Rete sociale, volontariato e tradizione lo stile informale del welfare italiano
Giulio Santagata e Luigi Scarola, Repubblica, 27 giugno 2016