Nell’ultimo decennio si è tentato di contrastare la crisi finanziaria del sistema previdenziale, crisi determinata da un metodo di calcolo delle prestazioni che ha garantito benefici senza un’adeguata copertura finanziaria. Avere anticipato il passaggio al calcolo contributivo, eliminato le pensioni di anzianità e posticipato l’età di pensionamento ha contribuito a migliorare la situazione. Tuttavia, nonostante la Riforma Fornero, il sistema pensionistico non può ancora dirsi finanziariamente sostenibile. Rimangono irrisolte le problematiche legate all’occupazione, all’andamento economico e all’invecchiamento della popolazione. Nei prossimi decenni una porzione di anziani crescente dovrà essere mantenuta da una quota di lavoratori sempre più esigua: l’invecchiamento continuerà quindi ad avere un forte impatto sul nostro sistema pensionistico. La diffusione di lavori discontinui e atipici e di carriere piatte, insieme ad un Pil in continua contrazione (al Pil è legata la rivalutazione annuale dei montanti contributivi), fanno prevedere pensioni di livello inadeguato. Oltre al rischio povertà si aggraveranno poi i problemi connessi al rischio salute e autosufficienza e quelli legati alla perdita del lavoro (o alla necessità di ridurre l’attività lavorativa) in età avanzate ma non ancora coperte dalla pensione.
Che cosa fare allora? In presenza di una popolazione la cui aspettativa di vita è crescente, il problema della sostenibilità e dell’adeguatezza del sistema previdenziale richiede interventi specifici e condivisi, da inserirsi in un quadro di misure di policy riguardanti altri settori come sanità, housing, trasporti, infrastrutture di supporto ai singoli e alle loro famiglie, finalizzate a garantire migliori condizioni di vita dalla quarta età invanti. La longevità è un problema serio, che non riguarda solo gli attuali anziani ma soprattutto quelli che diventeranno tali in futuro e che dovrebbero preoccuparsene oggi (ma non lo fanno).
La consapevolezza di una pensione incerta, soprattutto con riferimento all’importo, dovrebbe spingere i giovani verso la previdenza complementare. Proprio i giovani dovrebbero destinare parte del loro reddito a un accantonamento volontario capace di garantire, al momento del pensionamento, una rendita aggiuntiva. Ma questo oggi non succede e dovrebbe invece essere incentivato. Sono circa 5,5 milioni gli italiani che, accantonando circa 86 miliardi di euro, sottoscrivono qualche tipo di fondo integrativo. Rimangono, però, ancora ampiamente sotto-rappresentate donne, giovani, lavoratori autonomi, dipendenti pubblici, e lavoratori delle piccole e medie imprese. Le adesioni si distribuiscono in modo frammentato sul territorio e presentano forti differenziazioni categoriali.
In questo contesto, accanto ad interventi specifici per il settore previdenziale, va emergendo l’esigenza di un reale rinnovamento del modello di welfare. Un welfare nel quale il concetto di “investimento sociale” – finalizzato ad assicurare il massimo possibile di protezione al maggior numero possibile di individui all’interno di un ciclo di vita che va sempre più allungandosi – è chiamato a diventare il perno del sistema. Un welfare state universale e pubblico, che però si apra e sappia dialogare in modo costruttivo con il settore privato riconoscendo che al suo interno vi sono numerosi stakeholder che perseguono finalità sociali.
Conferme in questo senso sembrano venire dal secondo welfare che si caratterizza per la presenza di soggetti non pubblici come fondazioni bancarie e di comunità, aziende, sindacati, associazioni datoriali, enti bilaterali, imprese sociali, assicurazioni, rappresentanti del Terzo settore e del volontariato. Nel secondo welfare confluiscono quindi programmi di protezione e misure di investimento sociale, da finanziarsi con risorse non pubbliche, messe a disposizione da attori economici e sociali fortemente ancorati sul territorio e disponibili alla creazione di reti multi-stakeholder e multi-livello. Soggetti che insieme potrebbero, grazie al loro forte radicamento territoriale e in partnership con gli enti locali, contribuire ad ampliare il ventaglio di risposte e soluzioni di fronte ai nuovi bisogni e che potrebbero nel settore previdenziale favorire il rafforzamento del secondo pilastro. Forme collettive di previdenza e di assistenza complementare vanno oggi annoverate tra gli strumenti più idonei per rispondere alle esigenze di assistenza di lungo periodo degli anziani e per assicurare la sostenibilità del sistema.
Una versione ridotta del presente articolo è stata pubblicata su Opificium di maggio-giugno 2013 (p. 24).