Il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” ha presentato le sue proposte per avviare una riforma organica del settore della Long Term Care (LTC) in Italia, finalizzata all’introduzione di un Sistema Nazionale per l’assistenza agli Anziani (SNA). Per finanziare lo SNA è previsto anche il ricorso a risorse private ad integrazione di quelle pubbliche volte a costruire un Secondo Pilastro Integrativo per la non autosufficienza. Quali sono gli elementi fondanti di questa modalità di finanziamento? Ne abbiamo parlato con Eleonora Vanni, Presidente di Legacoopsociali.
Perché secondo lei la predisposizione di un Secondo Pilastro integrativo è rilevante? Quale può essere il suo contributo nella riforma della Long Term Care?
Il Secondo Pilastro è importante sia in tema di sostenibilità dei costi che di equità delle cure sanitarie e delle prestazioni socio-assistenziali per la non autosufficienza. È però centrale che le risorse del Secondo Pilastro siano messe a sistema, con l’obiettivo di agire ad integrazione del sistema pubblico (il c.d. Primo Pilastro, ndr). Nel settore LTC assistiamo attualmente ad una situazione di frammentarietà tra le prestazioni di cura erogate dal settore pubblico e da quello privato. Sono ormai noti i casi di dispersione delle risorse a causa della sovrapposizione delle prestazioni erogate da una molteplicità di attori, di natura pubblica e privata nonché di carenza di prestazioni in soggetti che non possono integrare con risorse proprie o intermediate.
Si tratta pertanto di una modalità che incrementa le disuguaglianze, poiché prestazioni adeguate di Long Term Care sono spesso accessibili solo alle famiglie più agiate e/o agli individui tutelati su due fronti: dal sistema privato assicurativo e/o da forme integrative di natura contrattuale, che prevedono l’erogazione di prestazioni sanitarie e di assistenza complementare integrativa (inclusi, dunque, alcuni servizi per la Non Autosufficienza). Il Secondo Pilastro è allora centrale poiché va nella direzione di integrare il sistema pubblico che, anche in assenza di Livelli Essenziali di Prestazioni integrate Sociali e Sanitarie, non riesce a garantire una risposta adeguata.
Immagino un Secondo Pilastro capace di integrare sia i bisogni sanitari che socio-assistenziali, al fine di garantire la giusta e necessaria sinergia tra i due settori, e capace di agire con dinamismo nelle maglie delle carenze del pubblico.
Il tema non riguarda solo il fatto che il settore pubblico, con le sue risorse a disposizione, non può assicurare una così ampia copertura dei bisogni, ma inerisce soprattutto alla presa d’atto relativa al fatto che una parte importante di risorse allocate in questa area già esiste correlata ad una serie di fattori del tutto slegati alla qualità delle prestazioni pubbliche e che considerarle in maniera integrata potrebbe portare vantaggi trasversali.
Quali sono secondo lei gli elementi necessari affinché il Secondo Pilastro possa funzionare al meglio?
Il concetto chiave è l’integrazione dei due modelli di finanziamento, pubblico e privato, e della sistematizzazione delle risorse nell’erogazione delle prestazioni. Il rischio è che tali risorse, laddove disponibili, vadano a sovrapporsi o a disperdersi.
L’idea che il Secondo Pilastro vada ad integrare le risorse del pubblico implica che non si creino ulteriori lacerazioni, differenze qualitative e quantitative in un sistema, quello della Non Autosufficienza, già frammentato. È inevitabile partire da un’analisi che consenta la definizione di un quadro chiaro delle risorse vigenti (incluse, ad esempio, quelle messe a disposizione dai cittadini, dai datori di lavoro) per procedere ad una migliore programmazione delle risorse e degli interventi.
Il tema cruciale è quello delle disuguaglianze, non tanto all’accesso, quanto alla continuità delle cure come quelle relative alla Long Term Care.
Non tutti i lavoratori sono coperti dalla sanità integrativa di derivazione contrattuale e, alcuni di essi, lo sono solo in minima parte. In questa direzione va ciò che proponevo prima e cioè la possibilità che l’integrazione a sistema delle risorse consenta una maggiore copertura per tutti i cittadini.
Conosce delle esperienze virtuose nell’ambito del Secondo Pilastro?
Posso raccontarle di qual è stata la scelta che ha abbiamo fatto come sistema cooperativo rispetto, ad esempio, alla sanità integrativa di derivazione contrattuale. Abbiamo scelto di coinvolgere le Società di Mutuo Soccorso, secondo logiche mutualistiche e di coinvolgimento anche a livello di governance con le cooperative stesse. Tali Società di Mutuo Soccorso adottano un approccio diverso rispetto alla sola valutazione del rischio: promuovono logiche mutualistiche e solidaristiche.
Per citare un esempio, in occasione della pandemia, alcune Società di Mutuo Soccorso hanno sostenuto economicamente i lavoratori che sono stati colpiti dal Covid-19. Questa forma di aiuto non era proporzionale all’ammontare versato dal singolo lavoratore. In accordo con le imprese e nell’alveo delle risorse di cui la società disponeva, si sono previste forme di tutela aggiuntiva. Questo non ha a che fare con la non autosufficienza ma dimostra come possono essere utilizzate le risorse in senso solidaristico.
Inoltre, sebbene il contratto delle cooperative sociali non preveda un’ampia integrazione della copertura sanitaria, abbiamo lavorato sulla sensibilizzazione e l’informazione, coinvolgendo le cooperative e le Società di Mutuo Soccorso, lavorando anche sulla centralità della prevenzione in salute. L’obiettivo è sensibilizzare i lavoratori, soprattutto più giovani, ai rischi che si possono correre in età adulta come ad esempio, la non autosufficienza, che sono spesso oggetto di “miopia” in età giovane (come ci ha raccontato anche Anna Maria Trovò, ndr).
Qual è il contributo che Legacoop può portare al dibattito?
Noi abbiamo introdotto dal 2013 le prestazioni di sanità integrativa nel nostro contratto. L’abbiamo fortemente voluto con le possibilità che il rinnovo contrattuale consentiva, ma è stato un punto di partenza importante.
Quello che portiamo avanti nelle nostre iniziative è la necessità di rendere non solo esigibili ma anche praticabili a tutti i cittadini i diritti sociali e di salute, sanciti nella nostra Costituzione.
La fiscalità generale, il Primo Pilastro, ha il dovere – in maniera universalistica – di garantire i Livelli Essenziali delle Prestazioni e di Assistenza sociali e sanitari. Tuttavia, il Pubblico non può coprire l’intero quadro dei bisogni: le risorse del Secondo Pilastro, messe a sistema, possono rappresentare un elemento non secondario per garantire servizi appropriati per qualità e quantità anche a chi attualmente ne è scoperto.
Noi stessi lavoriamo nel mondo della non autosufficienza e cogliamo le criticità dell’attuale sistema. In particolare, serve porre l’attenzione sull’assistenza domiciliare (di cui ci ha recentemente parlato Franco Pesaresi) che, attualmente, non riesce nel suo intento di favorire la permanenza degli anziani presso il loro domicilio soddisfacendo i bisogni di cura.
Soprattutto in questi ambiti della Long Term Care, al di là del tema del possibile ricorso alla residenzialità, perdurano disuguaglianze nell’accesso e nell’esigibilità stessa dei servizi. Ecco perché non si può più guardare il tema con due lenti separate e un intervento che metta a sistema le risorse del Secondo Pilastro, ad integrazione del primo, è assolutamente centrale.