Le Ultime Cose è un film neorealista scritto e diretto da Irene Dionisio, presentato alla 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e unico contributo italiano selezionato per la Settimana Internazionale della Critica.
Si tratta di un’opera prima che vuol contribuire alla campagna di sensibilizzazione sulle difficoltà economiche ed è il risultato di un lavoro investigativo svolto dalla regista nel Banco dei Pegni di Torino. Qui per otto mesi, due giorni a settimana, la regista ha osservato e raccolto le testimonianze di ricettatori, utenti e impiegati, che poi ha rielaborato drammaturgicamente, chiedendo agli attori di aggiungere nella storia e apportare al racconto elementi di realtà. Il Banco dei Pegni diviene così, nel lungometraggio, il luogo – o non luogo nell’accezione di straniamento e spersonalizzazione umana – utilizzato per mostrare il legame stretto che esiste tra le persone e gli oggetti e far riflettere su come ogni separazione privi i soggetti di qualche cosa, fino anche al rispetto di se stessi.
L’addio agli effetti personali non comporta infatti solo la rinuncia al benessere ma ha anche ripercussioni sull’identità sociale. I traumi dei personaggi in scena mostrano il malessere delle discrepanze economiche e lo scontro tra debitore e creditore che, inasprito dalla crisi economica, arriva ad infliggere pesanti umiliazioni attraverso un sistema legalizzato ma deprecabile. Come riportato nelle note di regia, infatti, ‘il banco dei pegni racconta in un solo luogo, attraverso il percorso degli oggetti e una moltitudine di storie, le dinamiche del capitalismo di oggi, di una società fondata sullo scontro nuovo ed epocale tra debitore e creditore [..] è il luogo in cui questo scontro si materializza. Un luogo che brulica di vite vissute, volti, storie, all’interno del quale l’essere umano sembra spogliato delle sue sembianze naturali: fragile, piccolo, impotente di fronte ad una rete organizzata e possente, senza nome né possibilità di essere interpellata’.
Nel film, in un clima di dolore diffuso che accomuna clienti e strozzini, facoltosi e poveri, sono poste in rilievo tre situazioni. Sandra (Christina Rosamilia), rinnegata dalla famiglia di origine per la sua diversità, è costretta a impegnare la propria pelliccia, simbolo della propria esistenza ormai passata, per sbarcare il lunario. Stefano (Fabrizio Falco), un giovane perito assunto da poco che si scontra con la dura realtà lavorativa. Michele (Alfonso Santagata), un anziano pensionato che non arriva a fine mese e che, per aiutare la propria famiglia, si ritrova intrappolato nel traffico del mercato nero. L’aspetto interessante è che la crisi economica viene raccontata non solo dal punto di vista di chi la subisce, ma di chi la aggrava attraverso un sistema legalizzato, senza interrogarsi sui motivi che spingono all’indebitamento e sui rischi dell’individualismo esasperato. I dirigenti del Banco dei Pegni, che gestiscono poi un mercato parallelo di aste in cui sono venduti gli oggetti che i proprietari non sono in grado di riscattare dopo averli impegnati, rappresentano infatti quella parte che nel corso della crisi ha tratto profitto dal tracollo finanziario delle grandi masse.
Attraverso la narrazione delle singole storie, la regista presenta uno spaccato contemporaneo delle disuguaglianze sociali e mostra come queste arrivino a calpestare ogni forma di umanità: il titolo, prima, e le inquadrature, poi, infatti tristemente trasmettono allo spettatore il senso di svuotamento e di vuoto non solo materiale ma anche di valori. Pur cambiando i personaggi e le situazioni, rimane costante per tutta la durata della narrazione l’intento della regista di produrre una presa di coscienza nello spettatore sull’importanza del riscatto esistenziale e sociale delle persone in difficoltà. In un momento di grande diseguaglianza sociale e morale, si tratta di un riuscito studio sullo stato della povertà oggi, che va al cuore del problema con determinazione e senza sentimentalismi.
Mantenere l’attenzione su questa problematica, attraverso vari strumenti di divulgazione, è importante, visto anche che gli effetti dell’indigenza si iniziano a produrre anticipatamente, come ricordato dai dati resi noti dall’Istat in audizione in commissione Lavoro al Senato sulle misure di contrasto alla povertà: "il numero di minori poveri assoluti risulta oltre il doppio rispetto a quello stimato nel 2011 (523 mila; il 5% del totale) e triplo rispetto a quello del 2008 (375 mila; il 3,7%)" e "nonostante l’assegno per il nucleo familiare concesso dai comuni alle famiglie con tre o più figli minori venga erogato a oltre 234 mila beneficiari, il 18,3% delle famiglie di questa tipologia (143 mila) continua ad essere in povertà assoluta, per un totale di quasi 183 mila minori".