Quando nel 2018 il Forum Disuguaglianze e Diversità ha iniziato le sue attività, di disuguaglianze non si parlava tanto quanto avviene oggi, ed erano considerate il prezzo da pagare per lo sviluppo. Sebbene sia diventato un tema del dibattito pubblico, in questi anni non sono state date risposte radicali alla situazione e, a causa della crisi determinata dal Covid-19, tutte le disuguaglianze preesistenti si sono allargate.
Dati e dinamiche cui riflettere
Pensiamo alla concentrazione della ricchezza. Come scrive Salvatore Morelli, riprendendo uno studio svolto in collaborazione con Facundo Alvaredo e Paolo Acciari “circa i 50 adulti più ricchi del Paese detengono circa il 10% della ricchezza complessiva del paese e tale quota si è raddoppiata dalla metà degli anni ’90. Il loro patrimonio medio ammonta oggi a circa 16 milioni di Euro, anch’esso raddoppiato nell’ultimo ventennio. Nello stesso periodo, i 25 milioni di italiani più poveri della popolazione adulta hanno, invece, visto la propria quota di ricchezza sul totale ridursi di circa tre volte e oggi hanno un patrimonio medio di circa 7 mila euro”.
Una società con questi livelli di disuguaglianza non può essere coesa. Tuttavia, una cosa che per noi come Forum Disuguaglianze e Diversità è chiara, e che crediamo sia importante diffondere, è che le disuguaglianze non sono inevitabili, ma frutto di scelte e cause precise.
Ne individuiamo alcune: un’inversione a U delle politiche pubbliche; il rafforzamento con il WTO (Organizzazione mondiale del commercio) del controllo (via brevetti) sul capitale immateriale; misure volte a ridurre la progressività delle imposte e l’universalità e gratuità piena di alcuni servizi essenziali; welfare percepito come un insieme di “politiche deboli perché rivolte e utili ai soli deboli”, che viene “a seguito” e non invece “come presupposto” dello sviluppo; politiche pubbliche cieche ai luoghi, ovvero uguali per tutti i contesti, non riconoscendo che le conoscenze necessarie per rispondere davvero ai bisogni delle persone sono in larga misura disponibili proprio nei territori.
La perdita di potere negoziale del lavoro
Come scriveva Anthony Atkinson, grande economista che ha ispirato il nostro rapporto 15 proposte per la giustizia sociale e ambientale, si è creato uno sbilanciamento tra gli interessi del lavoro e gli altri interessi degli imprenditori e della finanza, per via dello straordinario aumento dell’offerta di lavoro mondiale, per le difficoltà dei sindacati di tutelare e organizzare un lavoro sempre più frammentato e spesso disperso fra diversi paesi, per le politiche adottate.
Sono cresciute le situazioni di lavoro povero e sfruttato, che appare più come “dono” piuttosto che un diritto costituzionalmente riconosciuto. Il cambiamento della bilancia di potere si riflette anche sul terreno della governance delle imprese. Ha prevalso un modello basato sul “valore per gli azionisti” rispetto ad altri modelli che attribuiscono all’impresa il compito di creare e distribuire valore per tutti gli stakeholder.
È cambiato il senso comune
Infine, ultima causa da mettere in evidenza: il cambiamento del senso comune, radicalmente mutato fra gli anni ’70 e oggi, nel senso favorevole alla tolleranza se non all’apprezzamento delle disuguaglianze.
Pensiamo al fatto che vengono considerati normali enormi divari retributivi, che la povertà viene ritenuta effetto non delle circostanze ma di un inadeguato impegno nella vita (da qui la grande e diffusa avversione verso il Reddito di Cittadinanza, di cui scrivono Enrica Morlicchio e Andrea Morniroli su Rivista il Mulino), o che lo status economico, professionale e sociale sia il segno del merito di una persona, quando in realtà anche il merito, come scrive Elena Granaglia su Sbilanciamoci, ha una natura sociale.
Aumentare la giustizia sociale attraverso azioni collettive
Tuttavia, il lavoro del Forum DD non si esaurisce con l’analisi. Nel mettere a fuoco le cause della crescita delle disuguaglianze, segnalandole come un fenomeno non inevitabile, abbiamo lavorato per avanzare proposte di politiche pubbliche e azioni collettive per aumentare la giustizia sociale e ambientale e favorire “il pieno sviluppo della persona umana”, come stabilito dall’articolo 3 della Costituzione, costante faro che illumina i nostri passi.
Lo abbiamo fatto mettendo insieme i saperi, consapevoli che in un mondo frammentato, la connessione e il confronto – che per noi deve essere acceso, aperto, informato e ragionevole, come insegna Amartya Sen – sono la strada migliore per costruire alternative per un futuro più giusto. Lavoriamo insieme, ricercatori e organizzazioni di cittadinanza attiva, costruendo alleanze come quella con ASviS, con cui abbiamo chiesto di introdurre un Reddito di Emergenza per raggiungere tutta la popolazione più vulnerabile che rimaneva fuori dalle misure previste dai primi decreti governativi all’indomani del primo lockdown. Una proposta che il Governo allora in carica, dopo una lunga campagna di pressione, ha in parte adottato, e che ha interessato, nel 2020, 425 mila famiglie contribuendo a frenare la povertà assoluta. O il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza – che oggi conta 52 organizzazioni – che ha portato tra le priorità del PNRR la riforma per gli anziani non autosufficienti attesa dagli anni ’90 e finalmente avviata con la legge delega approvata lo scorso ottobre.
Pensiamo alla conoscenza che, spesso, anche se prodotta grazie alla ricerca pubblica finanziata da cittadini e cittadine, resta proprietà di pochissimi che ne traggono profitti irragionevoli. Per questo, tra le altre cose, portiamo avanti la proposta di creare un’impresa pubblica europea per la produzione di vaccini e farmaci, proposta presentata allo STOA Panel del Parlamento Europeo a settembre di quest’anno, a sostegno della quale è stato lanciato un appello firmato da esperti e personalità del mondo della scienza e delle organizzazioni della salute e una petizione su change.org.
E ancora: abbiamo avanzato proposte per politiche per i servizi essenziali come salute, scuola, mobilità, casa, infrastrutture sociali costruite attraverso spazi di ascolto e partecipazione dove i saperi tecnici globali si incontrano e mescolano con i saperi e la cultura locali. Crediamo, infine, che il lavoro abbia bisogno di più tutela e potere, e che questo passi dall’istituzione di un salario minimo, dall’estensione erga omnes dei contratti collettivi e aumentando i controlli ispettivi contro le irregolarità, e anche dall’istituzione di Consigli del lavoro e della cittadinanza, dove lavoratori e lavoratrici insieme alle organizzazioni del territorio e ambientaliste, possano partecipare alle scelte strategiche delle imprese.
Giovani e disuguaglianze generazionali
Abbiamo aderito all’alleanza della rete EducAzioni, che vede il Forum DD insieme ad altre nove reti impegnate per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza con l’obiettivo di definire strategie e politiche per il contrasto alla povertà educativa. Proposte che si alimentano della grande vivacità e del fermento che a livello sociale, privato, pubblico esiste in tanti luoghi del paese, ma che non diventa risposta di sistema.
Come nel caso dei patti educativi, cui abbiamo dedicato un rapporto di ricerca, per dire che si può costruire un’alleanza tra scuola e territorio per affrontare il fenomeno multifattoriale delle disuguaglianze e della povertà educativa, perché si sta già facendo in molti territori d’Italia. Crediamo che per contrastare le gravi disuguaglianze intergenerazionali occorra trasferire potere ai giovani, certamente garantendo una buona istruzione, ma anche compensando lo squilibrio di ricchezza familiare che oggi pesa sulle scelte di ragazzi e ragazze, anche a parità di risultati scolastici.
Proponiamo quindi di istituire un’eredità di 15 mila euro al compimento dei 18 anni, che sia universale, incondizionata e accompagnata, ovvero prevedendo un percorso di formazione e supporto a partire dai 14 anni, finanziando questa misura con una tassazione progressiva sulle successioni che esclude chiunque erediti fino a 500 mila euro.
Per concludere
Nessuna delle politiche pubbliche che, come quelle riassunte sinora, possono davvero affrontare le enormi disuguaglianze e costruire un futuro più giusto, può essere attuata senza un rinnovamento radicale della macchina pubblica. E questo significa partire con un buon reclutamento di una nuova leva di giovani che, come abbiamo rilevato attraverso un’indagine accurata tra alcune delle migliori esperienze nazionali, riassunta nel vademecum “Il fattore umano”, è possibile realizzare in tempi brevi, senza penalizzare la qualità del processo.