Pochi giorni fa l’Eurostat ha pubblicato nuovi dati relativi alla situazione occupazionale nei 28 Paesi dell’Unione. In base a queste rilevazioni il tasso di disoccupazione nel nostro Paese supererebbe di un punto abbondante la media UE, e già questo basterebbe per non stare tranquilli, ma i dati che fanno veramente tremare i polsi sono quelli relativi alla fascia di popolazione che, pur desiderando di lavorare, non possiede né è in cerca di un impiego.
Oltre la disoccupazione “classica”
Secondo la definizione di disoccupazione dell’International Labour Organization (ILO), una persona è classificabile come disoccupata se è senza lavoro ma in cerca di un impiego – ovvero nei 30 giorni precedenti ha svolto almeno un’azione per trovarlo – ed è immediatamente disponibile a lavorare (qui la definizione ufficiale cui fa riferimento Eurostat per le proprie rilevazioni). Se non si rispetta anche uno solo di questi requisiti si va finire in un’ampia zona grigia in cui confluisce chi non cerca lavoro, ma anche chi lo sta cercando con minore intensità o chi sarebbe disposto ad accettarlo ma non nell’immediato.
L’Eurostat nelle sue ultime rilevazioni ha cercato di tracciare un quadro più ampio del sistema occupazionale europeo, allargando le maglie della ricerca ed identificando anche coloro che sfuggono alla definizione “classica” di disoccupazione. Tra di essi i sottoccupati con lavori part-time, coloro che cercano impiegano ma non sono immediatamente disponibili a lavorare e coloro i quali vorrebbero lavorare ma non sono attivamente in cerca di un impiego.
L’Italia e i dati Eurostat
Gli ultimi dati resi pubblici dall’Istituto di statistica dell’Unione Europea si riferiscono al 3° trimestre del 2013. Il nostro Paese in questo periodo registra un tasso di disoccupazione pari all’11.3% della forza lavoro, in aumento dell’1.5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (i dati più recenti dell’Istat riferiti a novembre registrano tra l’altro un ulteriore aumento al 12.7%). Il dato è superiore di oltre un punto rispetto alla media UE del 10.5%, che tra l’altro rispetto al 2012 ha registrato una crescita solo del 0.3%. Nel giro di un anno la disoccupazione “classica” in Italia è quindi aumentata e a tassi notevolmente superiori rispetto alla maggioranza degli altri Paesi membri.
Per quanto riguarda i cosiddetti lavoratori sotto-occupati, persone che lavorano part-time ma sarebbero disposte ad aumentare il proprio monte ore, la media UE è del 4% – con picchi del 6.4% in Irlanda e Spagna e del 6% nel Regno Unito – mentre il nostro Paese si ferma al 2.2%. Coloro che cercano un impiego ma non sarebbero disposti a iniziare a lavorare immediatamente qualora ricevessero un’offerta rappresentano invece una quota abbastanza limitata, pari mediamente allo 0.9% in UE e allo 0.4% in Italia.
Il dato tuttavia più allarmante è quello relativo alle persone che pur volendo lavorare non stanno cercando attivamente un impiego. In UE questo dato si attesta mediamente sul 4.1%, in Italia è invece il 13.1%: più del triplo. Un’enorme quota della forza lavoro italiana, addirittura superiore al numero di coloro che sono disoccupati, dunque non solo non ha un impiego ma non lo sta neanche cercando. Il dato, il peggiore dell’UE28, è particolarmente preoccupante anche se confrontato con gli altri grandi Paesi membri: in Germania la forza lavoro che si trova in questa condizione è pari solo all’1.3%, nel Regno Unito al 2.5% in Spagna al 5.1%.
Figura 1. Non-seasonally adjusted unemployment and supplementary indicators by Member State, 2013Q3
Fonte: Eurostat
Scoraggiati e rassegnati
Facendo due conti si scopre quindi che, in base ai dati Eurostat del 3° trimestre 2013, l’Italia conta circa 2.8 milioni di disoccupati, cui vanno aggiunti i 3.3 milioni di persone che vorrebbero lavorare ma non cercano più un impiego. Totale: oltre 6 milioni, quasi un quarto della forza lavoro italiana. Coloro che vorrebbero lavorare ma non cercano un impiego tendenzialmente lo fanno perché pregiudizialmente convinti che non ci siano chance in questa fase di crisi. Non stupisce quindi che quasi metà di coloro che si dichiarano disponibili al lavoro senza cercarlo si definisca “scoraggiato” nell’affrontare la ricerca di un impiego.
Per mettere quanto meno una pezza a questa situazione, garantendo sia a coloro che cercano sia a coloro che non cercano un impiego possibilità concrete in tal senso, appare in primo luogo necessaria una riforma dei centri per l’impiego e in generale dei servizi al lavoro. Il sistema, come ricordava Sergio Rizzo sul Corriere della sera alcune settimane fa, arranca e i risultati dimostrano la sua inadeguatezza alle nuove condizione emerse a causa della crisi.
Qualcosa in questo senso ha iniziato a muoversi (leggi lo scambio di opinioni tra Maurizio Ferrera e il Ministro Giovannini su questo tema) ma l’emorragia di lavoro che colpisce il nostro Paese davvero non può più aspettare. Servono anzitutto posti di lavoro, ma servono anche strumenti che incoraggino la ricerca di occupazione tra coloro che, per ragioni diverse, hanno scelto di non sperare più.
Riferimenti
I dati Eurostat sulla sottoccupazione in UE (3° trimestre 2013)