La pandemia di COVID-19 ha comportato un affidamento senza precedenti ai sistemi di welfare in tutto il mondo: dall’espansione dell’assistenza sanitaria ai bonus e sostegni per lavoratori, imprese e famiglie. Pur essendo un evento imprevisto, la pandemia ha forse accelerato una convergenza globale del welfare state che era già iniziata. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare considerando le ingenti risorse pubbliche mobilitate, la crisi pandemica ha portato alla luce l’importanza di un approccio multistakeholder nei sistemi di welfare. In questo processo di convergenza molti Paesi sono alla ricerca dell’equilibrio ideale tra le parti coinvolte: governi, imprese private e organizzazioni non profit.
Ad affermarlo sono Maristella Cacciapaglia e Tracey Freiberg, ricercatrici che approfondiscono questo tema mettendo a confronto USA e Italia.
In un Paese come gli Stati Uniti, dove prestazioni come l’assistenza sanitaria e i congedi retribuiti sono disponibili esclusivamente attraverso il datore di lavoro, i mercati assicurativi privati cercano di colmare le lacune. Al contrario, in un Paese come l’Italia, tali prestazioni sono tipicamente universali e garantite dalle istituzioni, sia a livello nazionale che territoriale. Tuttavia, più di recente, le risorse private appartenenti alle aziende e alle organizzazioni non profit si sono affiancate ai programmi pubblici per colmare i vuoti lasciati dal welfare state italiano in termini di uguaglianza, efficienza ed efficacia.
Le autrici affermano che sia necessario trovare un equilibrio tra le prestazioni fornite da organizzazioni private e pubbliche: i rischi sono troppo alti quando un Paese si affida esclusivamente a uno dei due canali per garantire i diritti e il benessere di tutti.