In Italia l’origine sociale influisce significativamente sulle opportunità di vita. Tuttavia, le donne nel sud Europa, inclusa l’Italia, mostrano tassi di “mobilità intergenerazionale” superiori rispetto agli uomini. La maggiore disgiunzione tra i lavori dei genitori e delle figlie, rispetto a quelli dei figli, segnala dunque un più alto grado di libertà nelle opportunità delle donne? Se lo sono chiesti Filippo Gioachin e Anna Zamberlan in un recente articolo su lavoce.info.
I dati Istat mostrano che le donne delle classi media e operaia nate tra il 1930 e il 1970 hanno migliorato il loro status occupazionale grazie all’aumento dell’istruzione. Al contrario, le donne della classe abbiente hanno visto un peggioramento, specialmente coloro che diventano madri presto. Le dinamiche di mobilità femminile sembrano dunque essere influenzate dalle scelte di fecondità, con le giovani madri che tendono a subire una mobilità verso il basso, soprattutto se provengono da contesti abbienti.
Le norme di genere tradizionali e la carenza di supporto istituzionale influenzerebbero negativamente la capacità delle donne di mantenere livelli occupazionali comparabili a quelli dei loro genitori. Secondo gli autori dell’articolo sarebbe importante implementare soluzioni che supportino le giovani madri senza penalizzarle professionalmente, promuovendo un miglior equilibrio tra lavoro e famiglia.