La Commissione Europea il 28 ottobre 2020 ha fatto una proposta di una direttiva finalizzata ad armonizzare il salario minimo negli Stati membri. Attualmente, in Italia non esiste ancora una misura a riguardo.
Secondo alcune simulazioni fatte da Alberto Mazzon e Francesca Bettio pubblicate su InGenere, l’introduzione del salario minimo legale permetterebbe però di alleviare povertà e diseguaglianze, supportando soprattutto le categorie più esposte a forme di sfruttamento salariale: i giovani (principalmente sotto i 30 anni), le donne e le persone straniere.
L’obiettivo principale del salario minimo legale, infatti, non è quello di combattere la povertà in senso lato, ma piuttosto quello di ridurre la povertà lavorativa, ovvero il fenomeno dei working poors (di cui abbiamo parlato qui e qui). Le differenze di genere nel mondo del lavoro italiano sono molto marcate e, secondo le simulazioni, le donne beneficerebbero in larga parte dell’introduzione di tale strumento. Tra tutte, il livello di qualifica e il settore di appartenenza segnano un grosso divario lavorativo a svantaggio delle donne, assieme alla distribuzione geografica e al lavoro pubblico piuttosto che privato.