Sono 212,1milioni i buoni lavoro per la retribuzione delle prestazioni di lavoro accessorio (i c.d. voucher di importo nominale di 10 euro), venduti da quando sono stati introdotti, nell’agosto del 2008, al 30 giugno 2015. E’ quanto si legge nel comunicato stampa del 9 ottobre dell’Inps, dove si informa che i dati del lavoro accessorio relativi al primo semestre del 2015, accompagnati un’analisi dell’andamento della distribuzione dei buoni lavoro dal 2008, sono stati pubblicati sul sito istituzionale dell’ente, nella sezione Banche dati. In particolare emerge che la vendita dei voucher è progressivamente aumentata nel tempo, registrando un tasso medio di crescita del 70% dal 2012 al 2014 e del 75% nel primo semestre del 2015 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Il settore di attività con il numero maggiore di voucher venduti è il commercio (18%) seguito da servizi (13,7%) e turismo (13%). La Lombardia è in testa alla classifica delle regioni (37,5 milioni), seguita da Veneto (29,9 milioni) ed Emilia Romagna (26,3 milioni).
L’importo nominale di 10 euro di ogni singolo voucher comprende la contribuzione a favore della Gestione separata Inps (1,30 euro), quella in favore dell’Inail (0,70 euro) e una quota per la gestione del servizio (0,50 euro). Il compenso netto per il lavoratore è di 7,50 euro.
Nati nel 2003 con la riforma Biagi per compensare le cosiddette «prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti», hanno un campo operativo molto ristretto sia per «soggetti» utilizzatori sia per «attività». Diventano operativi nel 2008 e per circa 10 anni vanno avanti così, fino alla riforma Fornero del 2012. Le successive modifiche del decreto Sviluppo e decreto Lavoro (nel 2013) ne trasformano la fisionomia in maniera radicale, con la trasformazione in «prestazioni di lavoro accessorio», cioè senza più l’ulteriore qualificazione di «natura meramente occasionale». È un deciso passo in avanti; infatti, per la loro legittimità, è ora condizione necessaria e sufficiente che le prestazioni siano retribuite nel limite di 5 mila euro in un anno solare. Dal 25 giugno 2015, subentrato il Jobs act, il limite per la legittimità è salito a 9.000; 2.000 per i soli titolari di partita Iva (professionisti e imprese). Entrambi i limiti vanno considerati come valori «netti» (intascati dai lavoratori); pertanto, considerando ciò che finisce a Inps e Inail, i limiti effettivi (cioè nominali, valore dei voucher) sono, rispettivamente, 9.333 euro e 2.693 euro.
Questo articolo, firmato da Leonardo Comegna, è stato pubblicato anche sul portale Il Punto, cui va il nostro ringraziamento per la possibilità di riproporlo sul nostro sito in forma integrale