Il decreto legislativo di riordino della normativa sui servizi per il lavoro e le politiche attive compie tre scelte importanti che riguardano la governance della neonata Agenzia delle politiche attive; le caratteristiche del rapporto pubblico-privato nella fornitura dei servizi al lavoro; l’introduzione di un nuovo strumento di politica attiva, l’assegno di ricollocazione.
Sul primo fronte, le funzioni della nuova agenzia corrispondono a quelle del ministero, a cui si aggiungono però alcune novità importanti tra cui il coordinamento di politiche attive e condizionalità dei sussidi di disoccupazione (molto più di prima il sussidio di disoccupazione è condizionato alla attiva ricerca di un lavoro); l’accreditamento nazionale dei privati titolati a gestire politiche attive e la valutazione dei loro risultati nella ricollocazione dei disoccupati, in capo all’Anpal; la definizione della procedura di “profilazione” dei disoccupati ai fini della loro assegnazione a una classe di occupabilità e la determinazione dell’ammontare del loro personale assegno di ricollocazione attraverso una procedura automatizzata.
Il decreto disegna un sistema in cui i centri dell’impiego (che notoriamente sono a corto di personale e risorse) svolgono il compito essenziale di “profilare” il disoccupato e di stringere con lui un patto di servizio in vista della gestione della condizionalità. Queste funzioni sono completamente automatizzate proprio per alleviare il peso della burocrazia. Inoltre, tutti questi servizi possono essere forniti in regime di quasi-mercato, per salvaguardare le regioni che già hanno adottato questo sistema. L’agenzia ha l’obbligo di fornire servizi di ricollocazione adeguati e il lavoratore ha l’obbligo di collaborare col tutor.
Almeno all’inizio, il successo dell’Anpal si gioca sulla gestione dell’assegno di ricollocazione, che ha una sua dotazione finanziaria autonoma, ma che nei prossimi anni andrà pagato con le risorse dei programmi operativi nazionali e regionali cofinanziati con fondi strutturali europei. E solo la collaborazione tra regioni e agenzie private può garantirne il successo, in attesa della modifica costituzionale su competenza delle politiche attive e trasferimento dei centri per l’impiego pubblici dalle provincie alle regioni. Qui diventano quindi cruciali i dettagli su quanti assegni di ricollocazione emettere e dopo quanto tempo trascorso in disoccupazione.
Così cambiano le politiche attive del lavoro
Marco Leonardi, lavoce.info, 1 luglio 2015