È stata la bandiera dei socialdemocratici in campagna elettorale, un nodo qualificante del contratto di coalizione del terzo mandato di Angela Merkel, e per questo è stato puntualmente approvato dal governo tedesco nelle settimane scorse. Ma in Germania il salario minimo non ha vita facile. Non è contenta anzitutto l’industria, che paventa il rischio di far andare migliaia di posti di lavoro in fumo.
Eppure una parte del partito di Angela Merkel vorrebbe modificare la legge in Parlamento, ampliando la platea di lavoratori che avrebbe diritto al “Mindestlohn”: 8,50 euro l’ora da gennaio 2015. La cancelliera dal canto suo ha difeso senza riserve – almeno pubblicamente – la riforma disegnata dalla ministra del Lavoro Andrea Nahles, ma in questi giorni ha fatto discutere un rapporto che proviene proprio dalla cancelleria e che lancia pesanti accuse agli estensori della legge.
Berlino non ce la fa col salario minimo
Tonia Mastrobuoni, La Stampa, 22 aprile 2014