Il tema della mobilità sociale in Italia riguarda anche e soprattutto il sistema del welfare, perché vige un eccesso di protezione per alcuni rischi, come la vecchiaia, le cui pensioni impegnano oltre il 50% della spesa sociale, e lacune di protezione per nuovi bisogni, che non trovano posto nel catalogo dei diritti, come la mancanza di reddito e la nuova povertà, perché l’economia è cambiata. Il posto fisso non c’è più e i servizi di conciliazione famiglia-lavoro sono sempre più indispensabili, perché se non si attuano o non si fanno i figli o si ritarda l’età del primo figlio o se ne fa uno solo.
Ad affermarlo il professore di di Scienza politica presso l’Università degli Studi di Milano Maurizio Ferrera, che ha sollecitato anche la considerazione di nuove tematiche come l’esclusione sociale degli immigrati e la non autosufficienza, plaga di una vita media che si è allungata.
In tale contesto, ha spiegato Ferrera, dobbiamo ridisegnare il welfare e non considerare i diritti sociali acquisiti nel ’900 come assoluti. Sviluppare forme di welfare prodotte da attori non pubblici e promuovere la conciliazione famiglia -lavoro soprattutto per favorire la crescita demografica e l’occupazione femminile e considerare reddito minimo di garanzia, sono alcune delle soluzioni proposte nell’ambito degli studi sulla riforma del welfare.
«Alla frontiera» i nuovi diritti sociali del XXI secolo
L’Adigetto, 30 maggio 2015