Il 14 ottobre, in uno dei momenti più caldi del dibattito sull’immigrazione, si è tenuta a Torino la presentazione del “Rapporto sulle disuguaglianze nei diritti e nelle condizioni di vita degli immigrati” pubblicato nel volume "Stranieri e disuguali" (a cura di Chiara Saraceno, Giuseppe Sciortino e Nicola Sartor, Il Mulino, 2013). Ospite d’eccellenza il Ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, presenza significativa nell’ottica della creazione di un efficace “ponte” fra politica ed esperti del settore.
Lo stesso Ministro Kyenge ha sottolineato che «è proprio la non-comprensione del mondo delle migrazioni – facile teatro di demagogia e luoghi comuni – che sta alla base delle cattive politiche con cui il paese si trova a dover fare i conti». Tutti i relatori si sono trovati in accordo su una considerazione preliminare: gli sbarchi e i flussi irregolari in generale sono un fenomeno marginale nell’universo dell’immigrazione (circa 15% dei flussi in ingresso fra il 2002 e il 2006, specifica Tonia Mastrobuoni de La Stampa). Ciò non può giustificare l’approccio emergenziale con cui viene trattato da troppo tempo un fenomeno ormai consolidato, presente in Italia a partire dagli anni Settanta e in anni recenti accresciuto dall’allargamento a est dell’Unione Europea. Secondo Giuseppe Sciortino (Università di Trento, curatore del libro) «la visione emergenziale ci rende ciechi sulle conseguenze di lungo periodo di un fenomeno così complesso».
Il “Rapporto sulle diseguaglianze nei diritti e nelle condizioni di vita degli immigrati” è il quarto dei rapporti sulla disuguaglianza pubblicati a scadenza biennale dalla Fondazione Gorrieri grazie al sostegno finanziario della Fondazione Compagnia di San Paolo. L’obiettivo è quello di fornire le informazioni e le chiavi di lettura necessarie per sviluppare una riflessione matura sulla popolazione straniera in Italia, vista come segmento normale e integrante della società. Sono oltre 4 milioni gli stranieri regolarmente residenti in Italia: il 7% della popolazione. Su di essi si focalizza il rapporto, che, grazie soprattutto ai dati forniti dall’indagine ad hoc dell’ISTAT, scansiona gli aspetti socio-economici più rilevanti delle diseguaglianze fra stranieri e cittadini italiani: il reddito da lavoro, la collocazione nel mercato del lavoro, il rischio di povertà e deprivazione materiale, le condizioni abitative, l’istruzione e la salute.
Sotto ogni prospettiva si presentano, pur con differenze interne fra gruppi di immigrati, forti diseguaglianze: queste vanno dunque a incidere in modo rilevante sulla figura complessiva a livello nazionale, che ci colloca fra i paesi a maggior diseguaglianza in Europa se si guarda, ad esempio, al coefficiente di Gini. Chiara Saraceno (Honorary fellow al Collegio Carlo Alberto di Torino, curatrice del libro) nota come «gli stessi problemi degli autoctoni si ritrovino, aumentati in modo esponenziale dal fattore “migrazione”, nel sottogruppo degli stranieri regolari», sottolineando che «in Italia l’origine sociale è tra i fattori più predittivi della futura collocazione di un individuo, nel perpetuarsi di meccanismi che riproducono le diseguaglianze».
In una sintesi estrema delle risultati del rapporto, Sciortino nota come – se è vero che è esiste un disagio iniziale “normale” dello straniero che arriva in un paese nuovo, in Italia le diseguaglianze permangono, o meglio tendono a non essere mai del tutto annullate. Il miglioramento delle condizioni socio-economiche atteso in base a quanto rilevato in molti altri paesi occidentali sembra fermarsi a un certo livello, come se «per gli immigrati l’ascensore sociale si bloccasse a un certo piano».
Gli stranieri che entrano nel mercato del lavoro tendono a occupare posizioni low skilled, collocandosi di conseguenza nelle fasce più vulnerabili e povere della popolazione: anche se il tasso di attività è comparativamente alto, sono spesso working poor, e, se si guarda all’indicatore sintetico del rischio di povertà o esclusione sociale, questo raddoppia per le famiglie composte da soli stranieri (56,8%) rispetto a quelle di soli italiani (23,4%). Ciononostante, soprattutto nella prima generazione, essi contribuiscono al bilancio pubblico più di quanto ricevano sotto forma di trasferimenti e servizi.
A livello abitativo, gli autori del rapporto rilevano qualche miglioramento nell’ultimo decennio. E’ interessante notare il quadro che emerge in riferimento all’edilizia popolare, oggetto di facili semplificazioni nelle retorica anti-immigrazione che spesso in tempo di crisi contrappone i poveri ad altri poveri. «L’offerta di alloggi pubblici in Italia – nota Sciortino – è così bassa che non fa la differenza né fra la popolazione italiana, né fra i migranti». Se gli stranieri, che partono in media da una situazione di maggior svantaggio, fanno più domande per l’ingresso in graduatoria, la proporzione si inverte una volta che si guarda a chi effettivamente ha ottenuto una casa.
Il quadro più grigio emerge con riguardo ai minorenni stranieri: sottogruppo non trascurabile, che costituisce ben un quinto degli oltre 4 milioni di immigrati regolari (come è noto il tasso di natalità è più alto nella popolazione straniera). La povertà infantile al 50% lancia un preoccupante segnale sul futuro che si prospetta per le nuove generazioni figlie di immigrati. Non solo, diseguaglianze marcate emergono se si guarda agli esiti scolastici: anche se i bambini stranieri sono pienamente assimilati sotto il profilo culturale, hanno peggiori prestazioni nell’istruzione se si guarda al tipo di percorso educativo scelto, ai voti, al numero di bocciati, al tasso di abbandono e ai conseguimenti finali. Da ciò segue che, se è vero che le giovani generazioni straniere cresceranno con aspettative di consumo in tutto e per tutto uguali a quelli dei loro compagni di scuola italiani, esse avranno accesso a redditi potenzialmente più bassi, a causa di un mix perverso fra condizioni di partenza svantaggiose e conseguimenti educativi scarsi in un sistema già di per sé non favorevole alla mobilità sociale.
Gli autori fanno dunque suonare il campanello d’allarme, rilevando come sia quanto mai urgente rompere questo circolo vizioso. Occorre una riformulazione delle politiche non solo migratorie, ma anche economiche e sociali, per sciogliere i nodi che derivano da una mancata riforma complessiva di un welfare apparentemente incapace di ridurre le cause dell’ineguaglianza.
Riferimenti
Rapporto sulle disuguaglianze nei diritti e nelle condizioni di vita degli immigrati
La presentazione sul sito della Compagnia di San Paolo
Il sito della Fondazione Gorrieri