Il 26 maggio 2016 il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” dell’Università degli Studi di Milano Bicoccaha organizzato la Quarta Giornata Interculturale Bicocca dedicata al tema dell’ “educazione interculturale all’epoca dei nuovi fondamentalismi”. L’evento è il frutto di un partenariato tra l’Università, BMW Group Italia, l’UNAOC (United Nations Alliance of Civilizations) con il patrocinio del Comune di Milano e dell’Ufficio Scolastico Regionale. Il convegno ha visto la partecipazione dello scrittore Alessandro Baricco (fondatore della Scuola Holden di Torino), del giornalista Lucio Caracciolo (direttore della rivista di geopolitica Limes) e di Nassir Abdulaziz Al-Nasser (Alto Rappresentante dell’UNAOC).
In una fase storica caratterizzata dall’emergere anche violento del fondamentalismo religioso, da grandi movimenti migratori rivolti all’Europa e segnata da gravi attentati terroristici nelle principali città europee, l’intercultura viene considerata una tematica rilevante sia per la riflessione accademica sia per l’agire quotidiano delle professioni sociali; di fronte a fenomeni di questa complessità, infatti, l’educazione diventa un terreno d’azione irrinunciabile. L’assunto di base dell’evento, bene esplicitato dalla prof.ssa Mariangela Giusti, ordinario di pedagogia interculturale, è che se crescono i conflitti, le tensioni sociali e gli scontri, anche violenti, la priorità deve essere quella di costruire ponti tra culture e stili di vita diversi per favorire il dialogo; questo richiede però che chi lavora quotidianamente a contatto con la diversità, sviluppi una solida competenza interculturale.
Una peculiarità della quarta edizione della Giornata Interculturale è stata l’apertura di una call of paper che ha visto arrivare contributi non solo da professionisti e accademici italiani ma da tutto il mondo, a dimostrazione di quanto sia alto l’interesse per l’educazione interculturale.
L’educazione interculturale tra interdisciplinarietà, reti, territori, empowerment
A partire dagli spunti offerti dalla Quarta Giornata Interculturale è opportuno porre alcuni quesiti: che caratteristiche presenta l’arena dei servizi per l’intercultura nel contesto italiano? Quali sono le attuali sfide dell’educazione interculturale?
Può essere utile iniziare la riflessione ponendo in evidenza gli attori che hanno promosso l’evento: un dipartimento universitario, struttura deputata alla ricerca e all’insegnamento sulla pedagogia e l’antropologia culturale, un’agenzia internazionale e un’impresa multinazionale la cui responsabilità sociale è orientata alla promozione dell’intercultura. Hanno inoltre proposto contributi docenti, ricercatori, professionisti ed esponenti del terzo settore. Si può quindi affermare che l’evoluzione delle politiche di promozione dell’intercultura abbia una dimensione sovranazionale ove operano le agenzie ONU e le imprese multinazionali (oltre ad altri attori come organizzazioni non governative, Stati e confessioni religiose) e una dimensione locale ove si sviluppano i servizi e i progetti sul “campo” grazie all’impegno di professionisti, terzo settore ed enti locali. Potremmo collocare le università in una posizione intermedia in quanto possono favorire l’elaborazione di prassi e modelli d’intervento e fungere da raccordo tra i due livelli.
Dopo aver definito gli attori è utile definire le linee di tendenza, come l’interdisciplinarietà, la logica di rete, la territorialità e l’empowerment.
L’approccio all’educazione interculturale espresso dalle Giornate Bicocca è caratterizzato dall’interdisciplinarietà, come ben evidenzia la pubblicazione derivata dalla precedente edizione, intitolata “Educazione interdisciplinare”; questo perché l’intercultura non può essere solo considerata materia per i pedagogisti ma devo toccare tutte le sfere del sapere e della prassi, essere essa stessa un dialogo tra discipline. le esperienze sul campo presentate esprimono la collaborazione tra professionisti di ambiti diversi o il lavoro di professionisti con una percorso formativo poliedrico, in taluni casi in ambiti distanti dalle classiche professioni sociali (come un progetto che porta l’intercultura nel Museo dello Scarpone di Montebelluna).
La logica di rete non solo vede progetti nascere dalla collaborazione tra diverse professionalità ma la sinergia tra diversi attori del territorio come enti locali, scuole, organizzazioni del terzo settore, università. In taluni casi si sviluppano anche partenariati transfrontalieri come nel caso del progetto “Eduka – Educare alla diversità” realizzato da Italia e Slovenia nell’ambito del programma europeo Interreg.
Nella maggior parte dei casi però i partenariati si sviluppano in ambito locale attraverso il confronto tra diverse realtà operanti sul territorio. La dimensione territoriale va infatti al di là delle sue dimensioni fisiche in quanto il territorio, inteso come il quartiere, la scuola, è il luogo ove i portatori di differenti culture si incontrano o scontrano, e agli stessi spazi possono essere attribuiti significati molteplici. L’educazione interculturale adotta un approccio comunitario in quanto il target di riferimento sono i diversi gruppi sociali e le relazioni che si creano tra essi, nelle scuole, nelle classi, talvolta nelle strade con interventi di prossimità. Assume pertanto un’importanza cruciale che l’intervento sia strettamente legato al territorio.
In ultimo, l’educazione interculturale è un approccio orientato all’empowerment, alla valorizzazione delle capacità e delle competenze dei destinatari degli interventi. Questo può significare predisporre programmi scolastici adeguati per gli studenti stranieri, adottare strategie didattiche attivanti, adattare i corsi di italiano L2 alle caratteristiche dei beneficiari, valorizzare le storie di migrazione in particolare per le cosiddette seconde generazioni che spesso esprimono difficoltà e fragilità connesse ad un’identità multipla o indefinita.
Ponti e confini
Presupposto dell’educazione interculturale è la creazione di ponti tra culture e popoli. Caracciolo, nel suo intervento, ha descritto come l’Italia sia posizionata proprio sul confine tra Europa e Africa, Occidente e Oriente, in quel Mediterraneo che una volta era il “Mare Nostrum”, luogo di scambio tra i popoli posizionati tra le due sponde. Il direttore di Limes ha spiegato come l’Italia fino a fine ‘800 fosse un Paese pienamente integrato nel circuito mediterraneo, grazie ai commerci si erano create comunità italofone in tutti i Paesi costieri e l’italiano fosse considerata una lingua franca. Tutto cambiò quando il neonato Regno d’Italia iniziò le guerre coloniali, diventando quindi una potenza imperialista e rompendo i legami preesistenti. Secondo Caracciolo quindi l’Italia deve recuperare il suo ruolo di ponte tra Medio Oriente ed Europa e accettare senza demagogie la sfida delle migrazioni internazionali con la consapevolezza che in Europa arriva solo una piccola parte delle masse che sono in movimento nell’attuale scenario africano. Ha sottolineato poi come sia necessario rinforzare l’unità europea, includendovi la libertà di movimento, unico antidoto contro la destabilizzazione dell’area e la paura del diverso.
Alessandro Baricco, in un complesso intervento, evidenzia l’importanza di costruire ponti per unire sponde, culture, popoli ma mette in guardia dai rischi connessi. Ogni volta che si costruisce un ponte inevitabilmente si indebolisce un confine – i confini proteggono spazi e identità collettive – mettendo così in difficoltà i soggetti più fragili che da quell’identità collettiva erano protetti. La storia ci mostra, infatti, l’importanza delle identità collettive, come la nazionalità, la Patria, nella vita delle persone; nel ‘900 milioni di persone hanno combattuto e sono morte per difendere un confine. Attualmente la costruzione di ponti allarga lo spazio di gioco, aumenta il numero di giocatori, questo può però essere un problema per chi ha poche risorse ed era avvantaggiato da spazi di dimensioni più ridotte. Lo scrittore torinese chiarisce subito che alla costruzione di ponti hanno interesse i soggetti forti, “smart”, con maggiori competenze, coinvolti nel business internazionale come le imprese o la sua stessa Scuola Holden che accoglie studenti da molti Paesi; chi rifiuta l’interculturalità non è una persona chiusa o cattiva ma senza strumenti o possibilità. Questo non deve però portare a erigere nuovi confini o barriere ma a costruire ponti mettendo mattoni anche per i soggetti più deboli, erigere parapetti rinforzati, in poche parole unire all’interculturalità la giustizia sociale.
Fare intercultura nel secondo welfare
Il richiamo alla giustizia sociale di Baricco non può che stimolare l’interesse di chi si occupa di politiche sociali. Adottando una logica di secondo welfare come può essere tratteggiato l’attuale scenario delle politiche per l’intercultura? Emergono alcuni tratti peculiari, come la sinergia tra attori diversi quali le istituzioni pubbliche locali e sovranazionali (pilastro del cosiddetto primo welfare), il terzo settore, i centri di studio e ricerca pubblici e privati, le comunità professionali più coinvolte (come insegnanti, educatori sociali, mediatori linguistici, interculturali, psicologi, operatori sanitari…) e le imprese for profit.
Emblematico è il ruolo del BMW Group, impresa che a livello sovranazionale collabora con l’agenzia ONU UNAOC finanziando l’Intercultural Innovation Award per premiare progetti innovativi rivolti al dialogo interculturale, mentre a livello locale sostiene eventi come la Giornata Interculturale Bicocca. I dirigenti del BMW Group presenti, dott. Bill Mc Andrews (Vice President BMW Group Communications Strategy, Corporate & Market Communications), dott. Sergio Solero (Amministratore Delegato BMW Italia) hanno spiegato che per la loro impresa sostenere l’interculturalità è fondamentale in quanto essa stessa essendo presente in numerosi Paesi, opera in contesti culturali molto diversificati e ha al suo interno un melting pot di lingue, culture, religioni, e questa è la chiave del suo successo.
Rilevante è il ruolo giocato dal terzo settore che va dalla gestione dei servizi, alla tutela e rappresentazione di gruppi sociali fragili (come i migranti), alla divulgazione di informazioni e pratiche interculturali, fino all’elaborazione di nuovi approcci e modalità d’intervento. È importante sottolineare come talvolta il riferimento delle organizzazioni del terzo settore sia il territorio locale mentre in altri sia una specifica popolazione o uno spazio più ampio come la dimensione sovranazionale (è il caso delle associazioni di migranti o di cooperazione internazionale). Nell’elaborazione delle pratiche interculturali è però fondamentale il ruolo degli operatori che lavorano sul campo e per rispondere alle problematiche incontrate nella quotidianità e i progetti di promozione e sostegno dell’intercultura sono spesso caratterizzati dall’interdisciplinarietà e dall’adozione di metodologie innovative come l’arteterapia.
Un esempio può essere il progetto “Le Radici e le Ali” realizzato in partnership tra le associazioni Il Telaio e Art Therapy Italiana nel quartiere San Siro di Milano. Il progetto unendo strumenti della psicologia e dell’arteterapia in un’ottica di lavoro di comunità si orienta a migliorare il benessere e le relazioni di bambini con storie di migrazioni favorendone l’espressione dei vissuti. Il progetto esprime chiaramente alcuni elementi come il ruolo svolto dal terzo settore, il potenziale innovativo delle professioni sociali, il rapporto con la territorialità e l’orientamento all’empowerment dei beneficiari.
Fattori determinanti nell’elaborazione di prassi interculturali sono però i momenti di scambio tra organizzazioni del terzo settore, professionisti e centri di ricerca, di cui le Giornate Interculturali Bicocca possono essere un esempio (non l’unico però). Tali momenti consentono infatti di far circolare le buone prassi, creare connessioni tra ricerca e lavoro sul campo e costruire reti. Talvolta però la connessione tra l’accademia e l’operatività può essere dato da figure professionali che vivono entrambi le dimensioni come ricercatori con esperienza nel lavoro educativo.