Un welfare social e fai-da-te. Potrebbe essere definito in questo modo il sistema di protezione percepito dagli italiani. Di fronte a un’eventuale difficoltà, per avere un aiuto la maggioranza si rivolgerebbe alla triade costituita da famiglia (90,0%), amici (72,3%) e associazioni di volontariato (54,8%). I servizi offerti dal Comune (18,8%) e dallo Stato (15,9%) vengono ultimi nella classifica e non sono individuati fra gli enti cui ci s’indirizzerebbe nell’immediato.
A dirlo è una ricerca di Community Media Research per La Stampa, che testimonia una volta di più che la famiglia continua a essere la vera grande risorsa. Una ricchezza che non è solo simbolica e di valore, sede di affetti e relazioni. Ma anche realtà organizzativa, rete di supporto concreto. È il vero welfare che sta sostenendo le giovani generazioni: offrendo la casa quando decidono di convivere (e poi sposarsi), utilizzando i risparmi e gli investimenti accumulati nel tempo, quando erano ancora possibili.
Sommando le reti a cui gli interpellati si appoggerebbero in caso di necessità, è possibile identificare una misura di sintesi che definisce l’intensità del network di sostegno di cui dispone la popolazione. Ne scaturiscono tre tipologie. Il gruppo più cospicuo è rappresentato da quanti dispongono di «reti flessibili» (59,3%). Si tratta di persone che individuano un novero relativamente contenuto di sostegni al di fuori della sfera familiare e amicale. Il secondo gruppo è formato da chi denuncia «reti fragili» (34,1%), ovvero chi non dispone totalmente o ha pochissime reti di riferimento. Anche quella familiare appare debole. Infine, il terzo gruppo è di chi ritiene di poter contare su «reti solide» (6,4%), di un network di solidarietà più esteso in caso di necessità.
Il welfare più affidabile? È sempre quello fai da te
Daniele Marini, La Stampa, 23 maggio 2016