Un’ampia consultazione pubblica per delineare il nuovo profilo della Ue dopo una lunga serie di crisi. Nei prossimi dodici mesi, la Conferenza sul futuro dell’Europa organizzerà una sequenza di eventi e dibattiti su una piattaforma online multilingue, in gruppi di discussione con partecipanti estratti a sorte nei vari Paesi, nonché all’interno di un’assemblea generale con i rappresentanti delle istituzioni e della società civile. Da oggi tutti possono entrare in questa grande «piazza» pan-europea, che riproduce in modo virtuale l’«agorà» ateniese in cui nel quinto secolo avanti Cristo si svolse il primo esperimento di democrazia diretta della storia.
I cittadini sono interessati a partecipare? Nell’opinione pubblica è radicata l’idea che la Ue abbia un forte deficit democratico. Nel 2019, il 70% circa degli europei riteneva che la loro voce non contasse nulla (l’80% di italiani), la metà che non contasse nemmeno quella del proprio Paese (il 68% in Italia). La Conferenza può essere la risposta giusta a queste frustrazioni. Ma anche l’ennesima conferma che il coinvolgimento dal basso non è attualmente possibile o praticabile.
Molto dipenderà dai temi in discussione. La pandemia Covid-19 ha messo al centro delle preoccupazioni due ambiti nei quali la Ue ha poteri limitati: occupazione e welfare. È proprio da qui che bisogna invece partire, tenendo presente due chiare indicazioni dei sondaggi: gli europei si sentono oggi più vicini gli uni agli altri e desiderano più solidarietà, anche fra Paesi.
Non a caso, proprio di occupazione e welfare hanno parlato nei giorni scorsi i leader europei nel Vertice Sociale organizzato a Porto, in Portogallo. Il risultato principale è stata l’approvazione del Piano d’azione sui diritti sociali preparato dalla Commissione. Si tratta di un’agenda ambiziosa, che prevede fra l’altro una nuova strategia per la parità di genere, misure legislative su reddito e salario minimo, incentivi alla convergenza verso obiettivi comuni in termini di occupazione, formazione, istruzione, inclusione.
Quali implicazioni hanno questi sviluppi per il nostro Paese? Essenzialmente due. Come maggiore beneficiaria dei fondi Ue per la ripresa e la resilienza, l’Italia deve innanzitutto confermare di essere credibile e capace di innovare. Su questo, a Porto sono state apprezzate le misure del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) illustrate da Draghi, nonché la sua determinazione a ridurre le diseguaglianze e a «non lasciare nessuno indietro». La seconda sfida è quella di appoggiare e orientare le priorità europee. Alcuni Paesi hanno sollevato riserve sulle ambizioni della Commissione; Angela Merkel non è andata a Porto né si è ufficialmente espressa da remoto sull’agenda sociale. Per fortuna c’erano Macron, Sanchez e Draghi, che hanno difeso il Piano e proposto alcuni miglioramenti.
Il premier italiano ha abbozzato la visione di un welfare «multi-livello» (Ue e Stati membri), in cui le politiche nazionali siano guidate da principi e obiettivi comuni e l’Europa svolga un concreto ruolo di complemento, anche finanziario. Draghi si è soffermato in particolare sulle cosiddette «garanzie sociali», ossia pacchetti di sostegni pubblici distribuiti lungo il ciclo di vita e volti a proteggere/capacitare le persone. La Ue già co-finanzia la garanzia giovani (che in Italia è riuscita a intercettare e assistere un milione e mezzo di Neet). A monte, andrebbe ora introdotto uno schema simile per i bambini, volto a tutelarli contro la povertà, compresa quella educativa. Draghi ha perciò chiesto una rapida approvazione della Child Guarantee, una proposta di Raccomandazione già sul tavolo della Commissione. Il Pnrr prevede dal canto suo una originale «garanzia per l’occupabilità dei lavoratori» (Gol), verso cui confluirebbero gli attuali i trasferimenti, le politiche attive per l’impiego e per la formazione. Qui Draghi ha avanzato la proposta più ambiziosa: rendere permanente il fondo Sure, che concede prestiti dedicati per sostenere l’occupazione (nell’ultimo anno l’Italia ha ricevuto più di 25 miliardi da Sure per co-finanziare la Cassa integrazione Covid).
Il successo della Conferenza sul futuro dell’Europa dpende dalla concretezza di temi, dibattiti e proposte. E anche da semplici informazioni: quanti cittadini hanno sentito parlare di Sure? In un webinar che si è tenuto alla Fondazione Feltrinelli di Milano, alcuni fra i principali esperti di studi europei hanno riflettuto su «L’Europa al limite». Una bella metafora, che si può illustrare così: la pandemia ha aperto un piccolo varco su un percorso di integrazione solidale che sembrava precluso solo due anni fa. Ai Paesi e ai cittadini europei spetta ora una delicata decisione. Possiamo chiudere il varco e restare al di qua del limite, oppure procedere oltre, cercando equilibri più avanzati di sovranità condivisa. Se la Conferenza presterà a questo bivio l’attenzione che merita, fra un anno avremo capito che strada ci conviene imboccare.
Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 8 maggio 2021 ed è qui riprodotto previo consenso dell’autore.