È come se ci fossero due Göteborg. La città da cartolina appartiene ai «biondi» e ai turisti. L’altra, invisibile agli occhi di chi arriva da fuori è fatta dai quartieri degli immigrati che si chiamano Hammarkullen, Angered, Biskopsgarden, Bergsjon, per i quali è stato coniato da anni un termine che li raggruppa tutti, e che tradotto in italiano suona come «aree di esclusione».
Sven-Ake Lingren, professore di sociologia all’università locale racconta di una generazione di «perdenti cronici e radicalizzati» che vedono da vicino un modello di vita agiata al quale sentono di non poter mai arrivare. «All’estero continuate ad ammirarlo, ma il nostro sistema di welfare e di accoglienza è vecchio di oltre trent’anni e produce ghetti suburbani dei quali non importa nulla a nessuno, basta che siano lontani dagli occhi degli altri residenti».
Göteborg, quel ghetto in paradiso da cui partono i foreign fighters
Marco Imarisio, Corriere della Sera, 29 gennaio 2016