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Lunedì 25 maggio, a Milano, è stata presentata la Seconda edizione del Rapporto sul Neo-Welfare del Gruppo Assimoco dal titolo “Un Neo-Welfare per la famiglia 2.0. Cooperare e proteggere i bisogni della società reale” (qui la sintesi della ricerca).  Fondato nel 1978, Il Gruppo Assimoco (Assicurazioni Movimento Cooperativo) affonda le proprie radici nel patrimonio di storia e valori del Movimento Cooperativo Italiano. Il gruppo conta 358 banche di credito cooperativo e Casse rurali, 14 agenzie di riferimento territoriale e 92 agenzie tradizionali e di cooperazione, nonché diversi partner intermediari. Per il secondo anno consecutivo Assimoco promuove, attraverso la società di studio e consulenza strategica Ermeneia, un rapporto sul neo-welfare in Italia con lo scopo di “contribuire alla costruzione di un sistema di protezione sociale che possa incorporare la copertura pubblica e quella privata individuale e mutualistico-assicurativa”. L’obiettivo è duplice: da un lato, aumentare la consapevolezza e la cultura assicurativa tra i cittadini, nonché i distributori e i fornitori del gruppo, dall’altro sostenere l’innovazione nel mondo cooperativo.

Dopo "Un Neo-Welfare per l’Italia – Autoprotezione, Mutualità e Cooperazione" promosso nel 2014, quest’anno il gruppo ha deciso di puntare i riflettori sull’elemento strutturale di base del tessuto sociale italiano, la famiglia. “Quest’anno abbiamo scelto di approfondire l’argomento attraverso un’analisi della famiglia attuale. L’obiettivo è di coglierne i cambiamenti in corso e l’emergere di nuovi e più articolati rischi da cui proteggersi. Pensiamo alla famiglia allargata, che spesso unisce componenti di nuclei che si sono scissi da unioni precedenti, che magari ne ha di propri e che, dal Nord al Sud dell’Italia, talvolta è formata da un solo genitore, oppure vive senza formalizzare il proprio status attraverso l’istituto del matrimonio”, spiega Ruggero Frecchiami, Direttore Generale del Gruppo Assimoco.


Cambiano le famiglie, cambiano i bisogni

Il rapporto muove da alcune riflessioni in merito alla necessità di ripensare il sistema di welfare italiano, che ad oggi ha sicuramente bisogno di una revisione e una riduzione della spesa pubblica ma che allo stesso tempo ha bisogno di prendere coscienza dei nuovi rischi sociali, acuiti come non mai dalla crisi economica degli ultimi anni, nonché della ridefinizione dei vecchi bisogni. In questo contesto, i cittadini e le famiglie in particolare, si sono mossi, spesso anche autonomamente, per trovare soluzioni alternative a quelle pubbliche che fossero maggiormente adeguate alla tutela dei propri bisogni. In tale ottica, risulta necessaria una profonda rivisitazione dei sistemi di protezione sociale basata sulla convergenza e l’integrazione di una molteplicità di risorse e attori pubblici, privati, aziendali, inter-aziendali, mutualistico-cooperativi. Una rivisitazione basata su una logica di Neo-Welfare per l’appunto.

L’assunto di partenza è che l’attuale offerta di protezione sociale pubblica sia troppo focalizzata sull’individuo e troppo poco sulla famiglia; inoltre quando la magra offerta di politiche e servizi si rivolge alla famiglia, il target è ancora troppo spesso la famiglia tradizionale, quella in cui vi è un unico bredwinner, l’uomo, mentre la donna rimane confinata alle attività di cura. L’indagine conoscitiva del Rapporto (in esame un campione di 1.500 capifamiglia) individua invece ben 21 tipologie di famiglia differenti (coppie con figli, coppie senza figli, famiglie monoparentali con figli, ecc.) tagliate trasversalmente da altre due grandi tipologie: la famiglia “ristretta” che comprende solo i partner e i figli conviventi e non, ma ancora sostenuti economicamente dalla famiglia, e la famiglia “allargata” che comprende anche persone non conviventi a cui però la famiglia ristretta fornisce aiuto dal punto di vista economico, della cura e della salute, dell’assistenza.

Le famiglie italiane dentro (e oltre) la crisi

Il primo risultato dell’indagine mostra come la crisi abbia fortemente colpito tutte le tipologie di famiglia, ma come queste siano riuscite ad affrontare e superare le difficoltà. “Quest’anno si registra un passo avanti rispetto all’impatto puro e semplice della crisi. Essa è entrata nella vita quotidiana delle famiglie italiane, ma sta cambiando proprio le modalità di produzione del reddito, gli stili di consumo e la propensione al risparmio secondo una logica di reattività particolarmente pronunciata che finisce col trasformare gradualmente le modalità di vita quotidiana della popolazione e del ceto medio in particolare”. Le famiglie tentano oggi di affrontare in modo “positivo” la crisi, puntando anche su una delle peculiarità italiane: l’alta propensione al risparmio. La propensione al risparmio torna infatti a crescere nel 2014, assestandosi al 8,6%, dopo sei anni di decrescita. Anche il clima di fiducia dei consumatori e delle imprese torna gradualmente a risalire, dal 93,2% del 2012 all’attuale 103%.

Un secondo risultato vede crescere la sensibilità verso i grandi rischi che possono investire la famiglia (grave malattia del capofamiglia, infortunio del capofamiglia, invalidità/non autosufficienza del capofamiglia, ecc.) ai quale le famiglie decidono sempre più spesso di rispondere anche attraverso una maggiore attivazione in tema di auto protezione e assicurazione (secondo il Rapporto infatti il 49.3% degli intervistati si dichiara disponibile ad assicurarsi in presenza di un piano familiare assicurativo personalizzato che tenga conto sia dei bisogni che delle risorse economiche a disposizione).

Il rapporto rileva inoltre il crescere delle forme di mutualità “dal basso” a fronte di un indebolimento della protezione pubblica e di quella basata sulla solidarietà familiare, ormai insufficienti. Per questo motivo l’indagine dedica una sezione specifica a iniziative locali di mutualità applicata in cui è possibile riscontrare concretamente la spinta della società ad auto-organizzarsi per rispondere a nuove e vecchie necessità. Le esperienze selezionate “convergono su una comune consapevolezza: quella di mettere insieme ciò che è frammentato per fornire delle risposte “ricomposte” rispetto ai tanti bisogni che fanno capo alle molteplici forme di famiglia esistenti”.

L’esempio che viene dalla Danimarca

Oltre ad attuare una indagine conoscitiva sui nuclei familiari e sugli stati d’animo rispetto alla crisi, il Rapporto racconta casi virtuosi di welfare a livello nazionale e internazionale. Una sezione è infatti dedicata all’analisi del welfare danese a al confronto con la situazione italiana. La Danimarca, infatti, è indicata dall’ONU come uno degli Stati più felici al mondo (il terzo dopo Svizzera e Islanda secondo il World Happiness Report, rapporto elaborato dalla University of British Columbia, dal Canadian Institute for Advanced Research, dalla London School of Economics e dalla Columbia University). Il Gruppo Assimoco ha quindi chiesto a Meik Wiking, Ceo di Happiness Research Institute di Copenhagen, di collaborare alla stesura del Rapporto 2015 per fornire spunti di riflessione e suggerimenti pratici che possano servire da input per migliorare il sistema italiano (l’Italia quest’anno si colloca al 50esimo posto su 158 Paesi nella classifica del World Happiness Report).

Secondo Meik Wiking, la Danimarca eccelle non tanto nel proporre livelli estremi di felicità, quanto più nel saper diminuire sensibilmente le ragioni di estrema infelicità, prima tra tutte l’insicurezza. Servizi come una sanità pubblica gratuita e di qualità, generosi sussidi di disoccupazione e politiche di attivazione costituiscono ottimi strumenti per ridurre incertezze e preoccupazioni, “i danesi hanno meno preoccupazioni nella vita quotidiana rispetto alla gran parte dei cittadini di altri Paesi, con il vantaggio dunque di disporre di una solida premessa per raggiungere un elevato indice di felicità”, ha spiegato Wiking nel Rapporto. Il CEO del Happiness Research Institute, propone inoltre qualche suggerimento per l’Italia: migliori servizi e assistenza all’infanzia per accrescere la partecipazione femminile al mondo del lavoro e un maggiore focus sulle politiche di work-life balance per garantire maggiori opportunità di impiego e una maggiore condivisione delle responsabilità di cura all’interno della famiglia.

Riferimenti

Sintesi della ricerca

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