Il bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro e le questioni legate ai carichi di cura sono un tema centrale per la nostra società e per il sistema economico.
Il lavoro di cura e assistenza in alcuni casi viene svolto da vere e proprie figure professionali, spesso sottopagate, come i caretakers che si occupano dei servizi socio-sanitari o socio-assistenziali. Molto più spesso, però, tutte le attività riguardanti la gestione della casa, la cura e l’assistenza a figli minori o a familiari anziani e non autosufficienti restano a carico dei singoli individui e divengono lavoro di cura non retribuito.
In larghissima parte tale lavoro è lasciato alle donne (come abbiamo evidenziato anche qui), al punto che a livello mondiale svolgono dalle tre alle dieci volte più lavoro di cura non pagato degli uomini (State of the World’s Fathers, 2021). La suddivisione del lavoro di cura, infatti, è sempre stata segnata da radicati stereotipi e da politiche di conciliazione non sempre attente a promuovere la parità di genere e pari opportunità di cura per mamme e papà.
WeWorld Onlus ha recentemente pubblicato l’indagine “Papà, non mammo. Riformare i congedi di paternità e parentali per una cultura della condivisione della cura” in cui emerge la necessità di ripensare proprio il sistema dei congedi, ovvero un periodo di astensione dal lavoro (per un massimo di 10 mesi) da ripartire tra i due genitori e fruibile nei primi 12 anni di vita del bambino.
Il report indica alcune linee di intervento che consentirebbero di riequilibrare i carichi di cura. Tra le proposte c’è l’estensione della durata del congedo obbligatorio di paternità, l’introduzione di un congedo parentale riservato ed esclusivo al padre e l’estensione dei congedi a tutte le categorie di lavoratori.