La natalità in Italia è in crisi e le prospettive non sono particolarmente rosee. Da ormai dieci anni il numero delle nascite è infatti in costante calo e secondo una recente rilevazione il 51% delle persone tra i 20 e i 40 anni non è mostra interesse a diventare genitore; un ulteriore 28% invece un figlio lo vorrebbe, ma prevede che non gli sarà possibile. È quanto emerge da un’inchiesta di Greta Sclaunich pubblicata sul Corriere della Sera (Buone Notizie) con il supporto di Percorsi di secondo welfare (inchieste realizzate si trovano tutte qui).
Giorgia Meloni aveva promesso che quello della natalità sarebbe stato uno dei fronti su cui il suo Governo avrebbe investito maggiormente, ma, spiega l’articolo, le scelte prese con la Legge di Bilancio smentiscono questo impegno. Le principali misure previste – Bonus per mamme lavoratrici, congedo parentale retribuito all’80%, aumento del bonus nido – appaiono infatti troppo limitate nelle risorse e nel numero di beneficiari per invertire il trend. Elisa Brini, ricercatrice in demografia all’Università di Firenze, spiega che più che per la natalità, la Manovra sembra essere stata pensata per le famiglie. La Legge prevede, infatti, sostegni per chi ha già figli e figlie, ma c’è poco che possa influenzare le intenzioni di fecondità dei giovani. A confermarlo è anche Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni famigliari, che sottolinea: se gli interventi avessero voluto davvero sostenere le nascite, avrebbero dovuto riguardare anzitutto l’assegno unico.
A essere d’accordo è anche Lorenzo Bandera, direttore editoriale di Secondo Welfare, che ricorda come sia nel 2023 che nel 2022 i fondi destinati all’assegno non siano stati interamente spesi. Questo perché non tutte le persone aventi diritto ne sono a conoscenza, e bisogna comunque farne richiesta all’INPS. Occorrerebbe renderlo davvero universale e automatico, perché “fermo restando il maggiore sostegno a chi ne ha più bisogno, se vogliamo combattere la denatalità deve passare il messaggio che avere figli è un valore indipendentemente dall’Isee“.
In questa situazione, aggiunge Bandera, l’Italia ha però l’opportunità di sfruttare il suo ritardo per prendere il meglio di quel che stanno facendo altri Paesi che da anni hanno attivato piani per la natalità. Due esempi? Svezia e Germania, di cui il nostro Laboratorio si è peraltro occupato con la sua serie Denatalitalia.
Se a far figli ci insegna l’Europa
Greta Sclaunich, Corriere della Sera, 20 febbraio 2023