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A un anno dall’esordio della didattica a distanza, ormai nota ai più semplicemente come DAD, resta in chiaroscuro il giudizio degli italiani sul suo funzionamento: appena il 30% la valuta positivamente. Fra i genitori di figli in età scolare, il dato cresce al 34%, e raggiunge il 48% fra gli insegnanti. Pur essendo riconosciuta oggi una migliore organizzazione rispetto alla fase emergenziale, un problema – sociale ancora prima che scolastico – grava più di altri sul bilancio della didattica a distanza: per il 51% dei genitori italiani, a 12 mesi di distanza, in DAD non è ancora garantito un accesso adeguato a tutti gli studenti. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Demopolis ha studiato – con un sondaggio rivolto a oltre 2.000 intervistati – l’evoluzione percepita, il presente e le prospettive della didattica a distanza nella valutazione dell’opinione pubblica, con focus sui genitori di figli minori (5-17 anni), su insegnanti e operatori del terzo settore.

Genitori e insegnanti: stessa questione, percezioni (spesso) diverse

I genitori italiani rilevano come la DAD si sia effettivamente meglio strutturata dopo la fase emergenziale (67%) e abbia prodotto maggiore autonomia nell’uso delle tecnologie da parte dei ragazzi (57%). La durata delle sessioni, tuttavia, non soddisfa ancora la maggioranza: per uno su due, l’orario scolastico completo resta un obiettivo irrealizzato. Nella valutazione di chi ha figli in età scolare, le criticità della DAD, dopo un anno di operatività, restano la distrazione degli studenti durante le lezioni (73%), ma anche la complessa situazione emotiva dei ragazzi (63%) e la scarsa dotazione tecnologica delle case (51%), limite segnalato con maggiore evidenza dagli insegnanti (68%). Si differenziano, genitori e insegnanti, anche nella valutazione dei carichi di lavoro: eccessivo è stato l’impegno richiesto alle famiglie secondo il 39% dei genitori; il dato cresce al 61% tra chi ha i figli alle Elementari. Inoltre, per il 31% dei genitori l’orario scolastico è troppo ridotto: sul tema concorda appena il 15% degli insegnanti.

Il contesto emotivo e l’importanza della comunità

“In quest’ultimo anno la DAD ha tenuto in piedi un’idea di scuola seppur con molte difficoltà per famiglie, ragazzi e insegnanti” ha commentato Marco Rossi-Doria, vicepresidente di Con i Bambini, durante la presentazione dell’indagine. “Come emerge chiaramente dai dati, oltre ai deficit di accesso e inclusività, una preoccupazione diffusa riguarda il contesto emotivo e relazionale di bambini e ragazzi. Dobbiamo recuperare la dimensione affettiva e di socialità perché l’esperienza vissuta con grande responsabilità da bambini e ragazzi è pari solo a quella dei loro bisnonni. Non può essere però solo un compito della scuola, in generale l’educazione dei minori è una responsabilità di tutta la comunità. Ed è una consapevolezza che, come conferma il sondaggio, cresce rapidamente nel Paese”. Secondo Rossi-Doria “occorre implementare e consolidare patti educativi, alleanze nel tempo tra scuola, famiglie, civismo educativo e istituzioni locali, per uscire da questa crisi ma soprattutto per costruire una società più equa, matura e responsabile”.

Dispositivi e competenze inadeguate

Secondo i risultati del sondaggio Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini, a distanza di un anno, malgrado i mesi di riorganizzazione e i fondi a disposizione per i dispositivi, il 16% dei ragazzi si collega ancora oggi da smartphone. Del resto, il 41% dei genitori intervistati confessa di aver avuto difficoltà a supportare i figli in DAD proprio per connessioni o dispositivi insufficienti in casa. Inoltre, 3 su 10 segnalano la difficile conciliazione dei tempi lavorativi con le dinamiche della didattica a distanza; circa un quinto segnala di non essere stato in grado personalmente di supportare i figli nell’attività didattica.

L’incremento delle diseguaglianze e i problemi relazionali

“L’indagine” ha spiegato il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento “conferma il costo sociale ed evolutivo imposto dall’emergenza e dalla chiusura prolungata delle scuole su bambini e ragazzi, con effetti consistenti sull’incremento delle disuguaglianze e della povertà educativa tra i minori nel nostro Paese. Nell’anno del Covid, un vastissimo orizzonte di normalità relazionale, di dinamiche sociali, di occasioni di apprendimento è stato precluso ai minori. L’83% dei genitori testimonia come l’aspetto maggiormente negativo nella didattica a distanza, per bambini e ragazzi, sia stata l’assenza di relazioni con i compagni”. Per il 65% la fatica nel seguire le lezioni in remoto si è rivelata una grave ipoteca sulla quotidianità. In questo senso, 6 genitori su 10 segnalano oggi la tendenza dei figli all’isolamento e all’abbandono della vita sociale; il 55% ricorda il danno della riduzione degli stimoli esterni alla scuola.

Le speranze delle famiglie sull’estate

In questo contesto riscuote pieno successo la proposta del Ministro dell’Istruzione Bianchi di aprire le scuole in estate, con la programmazione di attività destinate a bambini e ragazzi. Il 70% degli intervistati condivide l’ipotesi di tenere aperte le scuole sino alla fine del mese di luglio per organizzare attività educative, gratuite e non obbligatorie, di laboratorio e di socializzazione anche all’esterno (teatro, musica, sport, lingue, visite, ecc.) per ragazzi e bambini, con il coinvolgimento di educatori e operatori specializzati di associazioni ed enti del Terzo Settore, in vista di un ritorno alla normalità in settembre. L’idea piace soprattutto ai genitori, più al Nord (75%) che al Sud (61%). Secondo il sondaggio bisognerebbe restituire ai minori l’accesso alla pratica sportiva (58%), progettare recuperi curriculari (54%), promuovere attività ludiche (53%) e progressi nelle lingue straniere (51%), favorire la riscoperta delle città e della natura.

Educazione: obiettivo sempre più condiviso

Un ultimo dato interessante riportato dal sondaggio riguarda il rapporto tra scuole, territori e comunità. Il sondaggio dimostra una nuova e crescente consapevolezza in seno all’opinione pubblica: oggi per il 71% degli italiani la responsabilità della crescita dei minori è dell’intera comunità. Si tratta di un indicatore in crescita costante: nel novembre 2019, la convinzione di una responsabilità collettiva della crescita dei minori raggiungeva il 46% degli italiani; lo scorso novembre il dato era cresciuto al 67%, per attestarsi oggi, come detto, al 71%.


Riferimenti

I risultati dell’indagine Demopolis-Con i Bambini sulla DAD