Martedì 30 novembre, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi – insieme alla Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, alla Ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, e alla Ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini – ha annunciato le prime misure, e i relativi bandi, della Missione 4 (Istruzione e Formazione) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le risorse previste sono 3 miliardi per asili nido e scuole dell’infanzia, 400 milioni per le mense e 300 milioni per le palestre, 500 milioni per la messa in sicurezza degli edifici e 800 milioni per la costruzione di 195 scuole nuove.

La Componente 1 della Missione 4: il Piano di Estensione del tempo pieno e mense

La Componente 1 della Missione 4 sul miglioramento qualitativo e l’ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione e formazione (dagli asili nido alle università) prevede un finanziamento di 19,44 miliardi di euro. Circa 960 milioni sono destinati alla Componente 1.2. della Missione 4, il Piano di estensione del tempo pieno e mense, di questi 400 milioni andranno alla riqualificazione degli spazi e delle mense. Il 57,68% delle risorse sono indirizzate alle regioni del Mezzogiorno (circa 230 milioni sui 400 milioni di euro previsti) .

Il Piano, gestito dal Ministero dell’Istruzione, mira a finanziare l’estensione del tempo pieno nelle scuole per renderle sempre più aperte al territorio anche oltre l’orario scolastico e accogliere le necessità di conciliazione vita personale e lavorativa delle famiglie. Il progetto prevede la costruzione o la ristrutturazione degli spazi delle mense, per un totale di circa mille edifici entro il 2026. I soggetti coinvolti sono il Ministero dell’Istruzione (responsabile del Programma di investimento in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Famiglia) e i Comuni proprietari degli edifici (i beneficiari finali delle risorse e attuatori degli interventi finanziati).

L’accesso al tempo pieno: cosa ci dicono i dati in Italia?

L’accesso alla mensa scolastica è un servizio pubblico a domanda individuale, tale per cui non è garantita la gratuità e richiesta l’obbligatorietà del servizio. Anche in assenza di strutture adibite al consumo del pasto, il servizio mensa può avvenire direttamente nelle classi. Per questo il dato sugli edifici scolastici non è di per sé indicativo del numero di accessi ai servizi di refezione scolastica, poiché il pasto è spesso erogato anche in assenza di strutture ad hoc come le mense. Quello che è certo è che non accedere al tempo pieno significa quasi certamente non usufruire del servizio mensa. Rispetto all’accesso al tempo pieno, perdurano notevoli disparità tra il Nord e il Sud del Paese. Tali disparità si registrano sia per la scuola dell’infanzia che per la scuola primaria.

Quanto alla scuola dell’infanzia, la Regione con l’incidenza più alta di minori che frequentano il tempo pieno (almeno 40 ore settimanali) è in Trentino Alto Adige (il 99,8%) con valori di 48 punti percentuali più alti rispetto alla Regione con l’incidenza più bassa, la Sicilia (51,8%). Con riferimento alla scuola primaria, questo dato è significativamente più basso. In Italia, i bambini che frequentano il tempo pieno nelle scuole primarie sono mediamente il 34,2% e questi valori oscillano dal 52,9% nel Lazio al 7,8% in Molise. Tra le scuole primarie a tempo pieno, meno del 40% (circa due su cinque) è dotata di un regolare spazio mensa. Nel restante 60% gli alunni consumano il pasto in luoghi impropri o, addirittura, nelle aule. In Molise, nessuna delle 11 scuole dispone di uno spazio mensa regolare, in Campania solo l’11% e la Sicilia, segue, con il 19%. Valori medi più incoraggianti si registrano in Piemonte (il 71%) e in Toscana (l’82,5%).

Tabella 1. Scuole primarie con tempo pieno e spazio mensa regolare
Regioni Scuole con tempo pieno di cui
con spazio mensa
Molise 11 0 0,0%
Campania 578 87 15,1%
Sicilia 389 74 19,0%
Umbria 102 20 19,6%
Basilicata 153 35 22,9%
Abruzzo 121 31 25,6%
Calabria 312 86 27,6%
Lombardia 1.038 313 30,2%
Puglia 360 112 31,1%
Veneto 623 201 32,3%
Lazio 738 245 33,2%
Liguria 206 80 38,8%
Sardegna 235 101 43,0%
Emilia Romagna 547 250 45,7%
Marche 176 87 49,4%
Friuli V.G. 183 129 70,5%
Piemonte 580 413 71,2%
Toscana 521 430 82,5%
Sud 1.535 351 22,9%
Isole 624 175 28,0%
Nord Est 1.353 580 42,9%
Nord Ovest 1.824 806 44,2%
Centro 1.537  782 50,9%
Totale  6.873 2.694 39,2%
Fonte: elaborazione Tuttoscuola su dati MI dal Portale MIUR (2021).

Oltre ai fattori culturali, un ostacolo alla fruizione del servizio di mensa scolastica è rappresentato dai costi e dalle tariffe ad esso correlati. L’indagine effettuata da CittadinanzAttiva ha rilevato come il Nord si confermi l’area geografica con le tariffe più elevate con una media pari a 813 euro per nove mesi di mensa scolastica nella scuola primaria e 802 euro in quella dell’infanzia. A seguire, il Centro con una media pari a 697 euro nella primaria e 676 euro nell’infanzia; mentre il Sud registra i costi meno elevati, con 662 euro nella primaria e 649 euro nell’infanzia. L’Emilia-Romagna è la regione più costosa (932 euro) e si distanzia di circa 350 euro dalla regione con il valore più basso, la Sardegna (589 euro), e di 200 euro dalla media nazionale (717 euro). Queste tendenze si confermano anche per le spese medie annuali per le mense scolastiche nelle scuole primarie, in cui l’importo medio annuale è pari a 727 euro.

La riqualificazione delle mense e i potenziali risvolti sulla povertà alimentare

La creazione di mille nuove mense scolastiche è un obiettivo importante per il contrasto alla povertà alimentare. E’ sempre più evidente come per alcuni ragazzi il pasto a scuola rappresenti l’unica fonte proteica a cui hanno accesso almeno una volta a settimana. Inoltre, la mensa (inteso come luogo fisico) ha un valore culturale e psico-sociale: gli edifici di refezione scolastica rappresentano un luogo di socializzazione e di scambio tra pari. Sono ormai numerose le realtà associative sul territorio nazionale (tra le altre, Save the Children, CittadinanzAttiva, educAzioni…) che studiano e promuovono gli effetti positivi del tempo mensa sulla salute psico-fisica dei bambini. Le risorse del PNRR interverrebbero positivamente sui punti appena citati, puntando alla riqualificazione qualitativa e all’ampliamento quantitativo degli edifici di refezione scolastica.

Restano tuttavia assenti le misure volte a promuovere i processi educativi o percorsi di formazione interdisciplinari e sul tema dell’alimentazione del futuro. Il servizio di mensa scolastica e l’estensione del tempo pieno sono perlopiù considerati strumenti di conciliazione vita-lavoro mentre manca un riferimento diretto al fenomeno della povertà alimentare e al diritto al cibo. Le risorse destinate alla riqualificazione delle mense scolastiche sarebbero infatti insufficienti per far fronte all’obiettivo di garantire l’accesso universale alla mensa scolastica per tutti i bambini e le bambine. Nel concreto, investire in una mensa inclusiva per tutti i bambini e le bambine significa garantire l’accesso al sistema educativo in termini di offerta di tempo pieno e gratuità senza escludere i figli delle famiglie meno abbienti, non residenti o morose nei pagamenti.

La rete EducAzioni, nel documento “Potenziamento della didattica e diritto allo studio. Proposte per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (pubblicato lo scorso 2021), ha  riportato come il costo per l’accesso universale alle mense (in tutti i cicli scolastici) è stimabile in 500 milioni di euro annui (al netto dei fondi per ristrutturazioni edilizie) destinati alla fornitura di personale o all’esternalizzazione dei servizi. Il costo è pari a 5 miliardi di euro nel decennio. La stessa rete, facendo riferimento alla scuola per l’infanzia, stima il costo per arrivare ad una piena generalizzazione del tempo pieno in circa 120 milioni di euro l’anno, garantendo così un pasto al giorno per i minori nella fascia 3-6 anni. Tale cifra andrebbe poi incrementata per garantire la parziale gratuità della mensa. Le cifre appena citate appaiono tuttavia ambiziose rispetto a quelle proposte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Child Guarantee: una presa in carico dei minori (più) attenta alla dimensione alimentare?

Un contributo fondamentale alla lotta alla povertà alimentare dei bambini potrà giungere dalle risorse previste dall’attuazione della Child Guarantee. La raccomandazione, di cui vi avevamo parlato qui, è stata approvata dal Consiglio dell’Unione Europea il 14 giugno scorso e mira a prevenire e combattere l’esclusione sociale e la povertà di bambini e ragazzi. La promozione di un’alimentazione sana e adeguata è tra le cinque aree di intervento della misura (le altre riguardano servizi di cura per la prima infanzia, servizi educativi e attività scolastiche, condizioni abitative dignitose e assistenza sanitaria). Nonostante la misura abbia un carattere universalistico, si rivolge a sei gruppi di minori considerati a maggior rischio di povertà e di esclusione sociale: minori in contesti vulnerabili, minori con disabilità, minori con background migratorio o appartenenti a minoranze etniche e minori fuori dalla famiglia. La Child Guarantee costituisce un’importante opportunità per la lotta alla povertà alimentare almeno per tre ragioni.

In primo luogo, l’Italia è tra i Paesi che hanno un livello di povertà minorile superiore alla media UE e che quindi dovranno utilizzare almeno il 5% delle loro risorse FSE+ per affrontare il fenomeno. Sebbene si tratti di un quantitativo esiguo, sarà fondamentale assicurare una regia e un efficace utilizzo di tali risorse europee, a cui dovrà seguire un adeguato contributo a livello regionale e nazionale. A tal proposito, la misura richiede l’adozione di un Piano d’azione nazionale e la nomina di un coordinatore nazionale per monitorare l’utilizzo dei fondi, rispetto a come saranno investiti e per quali azioni.

In secondo luogo, in Italia sono attualmente in corso interventi di ricerca e di sperimentazione di modelli di intervento relativi all’attuazione della misura. Se la ricerca è mirata a mappare tutte le politiche (nazionali e regionali) e le iniziative in atto che contribuiscono alla lotta alla povertà minorile e all’esclusione sociale, la sperimentazione di di modelli di intervento punta invece a testare modelli operativi pilota per il supporto dei minori in condizioni di particolare vulnerabilità. La sperimentazione inoltre  coinvolge direttamente i bambini, le bambine e gli adolescenti. Le azioni di ricerca e sperimentazione pongono le basi per la conoscenza e, auspicabilmente, la messa a sistema delle numerose iniziative già esistenti – e disaggregate – nell’ambito della povertà (alimentare) e in capo al pubblico e privato no profit.

Infine, quanto agli obiettivi della misura,  quelli relativi alla lotta alla povertà alimentare, “promuovere una mensa giusta, sana e sostenibile”, l’attuazione della Child Guarantee potrà stimolare riflessioni riguardo il servizio di mensa scolastica come strumento efficace per il contrasto alla povertà alimentare, alla dispersione scolastica e per la promozione del benessere psico-fisico dei minori (e, quindi, non solo come strumento di conciliazione vita e lavoro).

Il PNRR e la pandemia: le occasioni da non perdere

L’innesto di risorse e competenze previsto dal PNRR, per quanto modeste, sembra costituire un’occasione – in linea con gli obiettivi di Garanzia Infanzia – per imprimere una nuova svolta alla strutturazione e al consolidamento del welfare di rete nell’ambito della povertà alimentare ed estendere la possibilità di ampliare l’accesso alla mensa per i minori. E’ noto come la pandemia da Covid-19 abbia rappresentato un evento focalizzante che ha fatto emergere i limiti strutturali di un sistema di protezione sociale “sotto pressione”, da un lato, e ha favorito il consolidamento delle reti esistenti, pubbliche e private, che ad oggi sono più interdipendenti rispetto al periodo pre-pandemico, dall’altro. Le reti, ove già presenti, hanno agito tempestivamente e capillarmente per fornire risposte ai nuovi bisogni (si pensi alla distribuzione di pacchi alimentari). L’approccio emergenziale, dovuto all’impeto della pandemia, ha favorito il consolidarsi di pratiche già presenti sul territorio e/o l’insorgere di nuove progettualità e strumenti di policy. Il flusso di risorse in arrivo potrebbe contribuire a rafforzare ulteriormente tali esperienze, attraverso il potenziamento delle misure già in atto e la combinazione di investimenti pubblici e privati.


Riferimenti

Tuttoscuola News, Solo due scuole su cinque a tempo pieno hanno la mensa. In arrivo 400 milioni dal PNRR, 6 dicembre 2021.