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La Commissione Europea ha pubblicato il rapporto Reducing deprivation, supporting inclusion: FEAD case studies, nel quale vengono raccontati 28 progetti finanziati con il sostegno del FEAD  Fund for European Aid to the Most Deprived, attraverso cui la UE supporta gli Stati membri nell’offerta di assistenza materiale – come generi alimentari, abiti e altri beni essenziali – agli indigenti.

Il FEAD – che a inizio 2014 è andato a sostituire il vecchio programma PEAD e, non senza difficoltà, nel corso del 2015 è stato implementato anche nel nostro Paese – si pone l’obiettivo di togliere dalla povertà almeno 20 milioni di persone entro il 2020 prevedendo, e questo è forse l’elemento più interessante, che l’assistenza debba andare di pari passo con misure d’integrazione sociale, come iniziative di orientamento e sostegno per aiutare le persone a uscire dalla povertà. 

A questo scopo l’Unione Europea ha destinato al fondo 3,8 miliardi di euro, ai quali gli Stati membri devono affiancare un cofinanziamento di almeno il 15% per i programmi nazionali. Secondo Marianne Thyssen, Commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità del lavoro, tra  il 2014 e il 2015, più di 22 milioni di persone hanno beneficiato del sostegno del FEAD e 489.000 tonnellate di cibo sono state distribuite ai più poveri.

Poichè i singoli paesi possono scegliere il tipo di assistenza da prestare (generi alimentari o assistenza materiale di base, oppure una combinazione di entrambi) e come ottenere e come distribuire i beni previsti, il ventaglio di iniziative che sono state sviluppate è molto ampio. Il rapporto della Commissione offre in questo una piccola rassegna nella speranza di incentivare chi opera nell’aiuto agli indigenti a sfruttare in maniera innovativa le risorse europee. Ne abbiamo selezionate alcune che si focalizzano principalmente sull’erogazione di prodotti alimentari


Le esperienze europee

Il rapporto racconta buone pratiche provenienti da diversi paesi europei. Come la Polonia, che ha avviato un percorso volto a semplificare le procedure di richiesta di sostegno. Dato che in alcuni casi i potenziali beneficiari delle misure risultavano scoraggiati dalla complessità delle procedure di verifica (normalmente condotte dai servizi sociali) e dal timore di essere stigmatizzati, il Ministero della famiglia, lavoro e politiche sociali ha introdotto un nuovo sistema che consente ai beneficiari di fare richiesta direttamente presso le associazioni che offrono supporto alimentare, le quali a loro volta si mettono in contatto coi servizi sociali per la gestione delle pratiche. In questo modo le operazioni sono più semplici per i richiedenti – che spesso non hanno capacità sufficienti per fare richiesta autonomamente – e si rende più efficiente il rilevamento degli assistiti e delle relative misure di accompagnamento.

Oppure c’è l’esempio del software francese Ulysse, sviluppato dai Restaurants du Coeur, network che assiste circa un milione di persone l’anno. Avendo negli anni allargato l’entità e le forme di supporto rispetto alla mera distribuzione di cibo, si è avvertita la necessità di aggiornare le modalità di raccolta dati e di gestione delle pratiche sfruttando gli strumenti informatici. Grazie al software le organizzazioni hanno migliorato il monitoraggio dei bisogni degli assistiti (cibo, lavoro, lezioni di lingua, assistenza finanziaria, ecc.), l’offerta dei servizi e il coordinamento tra i nodi della rete, riducendo sprechi e duplicazioni. Oggi il software è impiegato in 26 centri, ma entro il 2018 dovrebbe essere utilizzato su tutto il territorio nazionale.

Il Kainuun Kansalaiskeskus finlandese (Kainuu Citizens’ Centre), che ogni anno fornisce cibo a circa 10.000 persone grazie ai finanziamenti del FEAD, ha invece sviluppato un nuovo sistema per estendere l’assistenza anche a coloro che vivono nei territori più isolati. Quando i beneficiari non possono recarsi in città a ritirare il cibo, sono infatti i volontari a recapitarlo direttamente a casa loro nonostante le distanze – anche 100 km – e le difficoltà logistiche, soprattutto quando il clima e il tempo rendono le operazioni più complesse.

In Belgio, invece, il centro di assistenza di Anversa accanto al cibo offre l’opportunità di fare un’esperienza lavorativa presso il centro PAX, attraverso un regolare contratto di lavoro a termine, in cui i beneficiari vengono occupati a rotazione in differenti mansioni (dalla raccolta ordini alla guida col muletto) così da imparare competenze spendibili nel mondo del lavoro. Nel rapporto sono inoltre descritti i tanti casi, come Horizons Nouveaux, che hanno affiancato all’offerta di beni alimentari servizi di promozione sociale (servizi per la ricerca di un’abitazione, sostegno finanziario di emergenza, doposcuola, ecc.) e spazi finalizzati alla socializzazione.


L’esempio dell’Italia

Il rapporto racconta anche una buona pratica realtiva al nostro Paese, dove le risorse del FEAD vengono distribuite attraverso un articolato network di partner pubblici, privati e non profit.

Le distribuzione dei prodotti alimentari proveniente dal FEAD, infatti, in Italia viene gestita da AGEA, l’Agenzia per l’Erogazioni in Agricoltura, che garantiesce a sette grandi enti caritativi (Croce Rossa Italiana, Caritas Italiana, Fondazione Banco Alimentare, Comunità di S. Egidio, Banco delle opere di Carità, Associazione Banco Alimentare Roma e Associazione Sempre Insieme per la Pace) le risorse necessarie a sostenere migliaia di organizzazioni partner operanti su tutto territorio nazionale.

Nel rapporto si racconta l’esempio della Croce Rossa Italiana, che accanto alla distribuzione di cibo offre forme di supporto psicologico e sociale. Dal momento che questi servizi vengono generalmente offerti dai volontari, ma al contempo richiedono competenze sempre più specifiche, l’ente ha sviluppato un innovativo percorso di formazione tenuto sia da membri della CRI che da esperti esterni per coloro che si accingono a diventare operatori sociali. Finora i volontari coinvolti in questo progetto sono stati più di 900.


Riferimenti

Commissione Europea (2016), Reducing deprivation, supporting inclusion: FEAD case studies.