I primi giorni di dicembre è uscito il "7° Atlante dell’Infanzia (a rischio). Bambini, Supereroi". L’atlante, curato da Giulio Cederna per Save the Children e pubblicato per la prima volta dall’istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, racconta la difficile realtà dell’infanzia a rischio nel nostro paese. In Italia, più di un milione di minori vive in povertà assoluta e un bambino su tre è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Il volume si articola in 43 tavole tematiche e 48 mappe che contengono analisi, grafici e dati geolocalizzati che offrono una panoramica completa della realtà dell’infanzia in Italia. Di seguito i dati più interessanti.
L’efficacia degli interventi
Se si considera la capacità del nostro sistema di protezione sociale di ridurre la povertà minorile, l’Italia è fra gli ultimi in Europa e si colloca solo prima di Grecia e Romania. Questo dato è reso disponibile dall’Eurostat che, per valutare l’efficacia dei sistemi di welfare, considera la povertà prima e dopo i trasferimenti sociali. In Italia, la povertà relativa per la fascia 0-17 anni si riduce passando dal potenziale 35% prima dei trasferimenti al 25% dopo i trasferimenti. Si tratta, come anticipato, di una delle peggiori performance in Europa (figura 1).
Figura 1. L’efficacia degli interventi di contrasto alla povertà minorile
La frattura fra generazioni
La povertà assoluta (ovvero l’impossibilità di accedere a beni e servizi ritenuti essenziali per vivere in maniera dignitosa) aumenta al decrescere dell’età. Vivono in povertà assoluta 4 anziani, 7 adulti, quasi 10 giovani e 11 bambini ogni 100 individui della stessa classe di età. Bambini e ragazzi sono quindi più esposti agli effetti della crisi e il gap generazionale si è progressivamente allargato nell’arco dell’ultimo decennio. Tra il 2005 e il 2015 è infatti triplicata la percentuale delle famiglie con bambini che vivono in povertà assoluta, passando dal 2,8% al 9,3%, mentre è scesa quelle delle famiglie con almeno un anziano (4,8% nel 2005, 4,3 nel 2015) (figura 2).
Figura 2. Incidenza della povertà assoluta in famiglie con almeno un minore, anni 2005 – 2015 (%)
Il rischio di povertà ed esclusione sociale dei minori
Il rischio di povertà ed esclusione sociale è molto più alto fra i bambini che risiedono in Italia rispetto a quelli del resto d’europa. Questo indicatore, elaborato dall’Eurostat, considera le condizioni di povertà relativa, deprivazione materiale e la bassa intensità lavorativa, ovvero il fatto di avere genitori disoccupati o occupati solo per poche ore al mese. I minori italiani che vivono in questa condizione sono il 32,7% del totale dei minori, contro una media europea del 27,7% (figura 3).
Figura 3. Rischio di povertà ed esclusione sociale dei minori in Europa
Bambini senza
Concretamente, per un bambino nascere in povertà significa non poter accedere a una serie di beni che si ritengono acquisiti nelle società avanzate. L’Eurostat (attraverso la Statistics on income and living condition) rileva il mancato accesso a questi beni per i bambini e ragazzi fra 1 e 15 anni.
Nel 2014 circa il 3% dei bambini non disponeva di due paia di scarpe (di cui uno utilizzabile in ogni stagione), il 6% non faceva un pasto proteico al giorno e non possedeva giochi a casa o da usare all’aria aperta, il 7% rinunciava a festeggiare il compleanno, quasi il 10% non poteva indossare abiti nuovi o partecipare a gite scolastiche, il 30% non aveva mai fatto una settimana di vacanza fuori casa.
Questi dati descrivono non solo una condizione di deprivazione materiale ma anche una situazione di esclusione sociale. Il bambino in povertà infatti è spesso più solo perché ha meno occasioni di svago e di socializzazione, non festeggia il suo compleanno e di solito non partecipa a quello degli altri, come non partecipa alle gite scolastiche, non invita gli amici a casa e non condivide i giochi perché spesso non li possiede. In sostanza, questi bambini sono segnati fin da subito dallo stigma della povertà.
La povertà energetica
La crisi economica ha avuto pesanti ricadute sulla possibilità di usufruire delle risorse energetiche. Nel 2014, il 39% delle famiglie con bambini che versavano in una condizione di povertà relativa dichiarava di non poter riscaldare adeguatamente la casa. Su questo, l’Italia si allontana (in negativo) di 15 punti percentuali rispetto alla media europea (figura 4).
Figura 4. Famiglie povere con bambini impossibilitate a riscaldare adeguatamente la casa
Povertà materiale e povertà educativa. Il circolo vizioso
La povertà contribuisce a circoscrivere le possibilità di formazione e crescita di bambini e ragazzi riducendo le loro possibilità di partecipare ad attività ricreative e culturali.
Il 58% dei bambini in povertà non ha praticato sport in modo continuativo nel corso del 2015. Questa percentuale scende al 44,7% se si considerano i coetanei che possono fare affidamento su più risorse economiche. Trend simili si riscontrano anche con riferimento all’accesso alla lettura (11 punti di scarto), ai musei (20 punti) e ad altre attività culturali.
Considerando la spesa media mensile delle famiglie con bambini, vediamo che per “ricreazione, spettacoli e cultura” nel 2015 l’investimento medio è di 177 euro. Tuttavia, le famiglie più povere spendono in media appena 33 euro al mese, un quinto della media, e 20 volte in meno rispetto alle famiglie più abbienti che ne spendono 620.
Un trend simile si registra anche nel caso dell’istruzione. Le famiglie più povere si devono accontentare di un budget di 7 euro che è chiaramente inadeguato per garantire l’acquisto dei libri di testo e materiali didattici o per pagare le rette relative ad attività e servizi (es. mense e gite).
In sostanza povertà materiale e povertà educativa si alimentano a vicenda dando luogo a un circolo vizioso. La povertà materiale di una generazione infatti tende a tradursi nella contrazione delle possibilità educative per quella successiva, determinando così nuova povertà materiale e, ancora, nuova povertà educativa.
Riferimenti
Sintesi del "7° Atlante dell’Infanzia (a rischio). Bambini, Supereroi"