La pandemia da Covid-19 ha contribuito ad accelerare, invertire e promuovere alcune dinamiche socio-economiche in atto. Siamo ormai ad un punto di non ritorno: nei termini di Thomas Kuhn, nel suo libro “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” (ed. 1970), la società non potrà più tornare ad essere quella di prima della pandemia. Il periodo emergenziale non ha solo influito sulle relazioni interpersonali e sulla libertà individuale, ma ha altresì avuto un impatto sulla governance, sulle politiche sociali e sulle scienze (sociali e politiche) che studiano questi fenomeni.
Il concatenamento tra diversi fattori (sociali, economici, demografici) è ormai visibile ovunque, e riguarda gli aspetti legati al benessere psico-fisico, al mercato del lavoro, all’istruzione, alla povertà. Tali fenomeni stanno progressivamente guadagnando visibilità, (ri)entrando nelle agende di policy dei Governi europei e internazionali.
Sono questi i temi affrontati dagli articoli pubblicati nella Special Issue “Human Face of the Covid-19 Pandemic: Implications for Social Policy” della Rivista Social Sciences. Franca Maino e Valeria De Tommaso hanno contribuito al numero speciale della Rivista con l’articolo dal titolo “Fostering Policy Change in Anti-Poverty Schemes in Italy: Still a Long Way to Go”.
I principali contenuti del Numero Speciale
Il numero speciale di Social Sciences raccoglie una serie di articoli internazionali di taglio quantitativo e qualitativo che propongono analisi di uno o più (in ottica comparata) contesti nazionali, prestando attenzione al periodo pre e post pandemico e concentrandosi sulle situazioni di vulnerabilità che i vari gruppi sociali hanno dovuto affrontare.
Gli articoli trattano tematiche differenti, dalla povertà all’esclusione sociale sino alla salute mentale e psicofisica dei caregiver familiari. Il focus è sulle politiche sociali, ciascun articolo esamina le aree “tradizionali” di queste policy, proponendo raccomandazioni per migliorarne il finanziamento, l’implementazione, il coordinamento e/o la valutazione. L’analisi tiene conto del livello nazionale e regionale.
L’obiettivo è dunque aprire la discussione su come ripensare le politiche di welfare, alla luce delle sfide poste dal Covid-19, e guardare alle prospettive future dei nuovi rischi e bisogni sociali, nel rispetto delle differenze dei Paesi in termini di sviluppo economico e regimi di welfare.
La povertà in Italia. Il Reddito di Cittadinanza, tra iniquità e inefficienza
Franca Maino e Valeria De Tommaso hanno contribuito al numero speciale, in corso di pubblicazione, con un articolo intitolato “Fostering Policy Change in Anti-Poverty Schemes in Italy: Still a Long Way to Go”. L’articolo esplora il fenomeno della povertà e la principale misura di contrasto al fenomeno in Italia, il Reddito di Cittadinanza, prima e dopo la pandemia da Covid-19.
Partendo dalle principali tappe storiche che hanno portato all’adozione di un Reddito Minimo in Italia nel 2016 prima (il Reddito di Inclusione) e nel 2019 dopo (il Reddito di Cittadinanza) – ne avevamo parlato ampiamente qui -, l’articolo propone una ricostruzione analitica dei principali limiti all’equità e all’efficienza della misura. In particolare, a fronte di un forte incremento della povertà (relativa e assoluta) tra diversi target (ad esempio, i minori e le famiglie monogenitoriali), la Legge di Bilancio 2022 non ha recepito le proposte della Commissione di valutazione del Reddito di Cittadinanza – nominata presso il Ministero delle Politiche Sociali – e dell’Alleanza contro la Povertà. È allora evidente il perdurare di una forte dipendenza dal passato (c.d. path dependency), che ostacola l’opportunità di raggiungere il cambiamento. C’è dunque ancora molta strada da fare.
L’articolo propone due dimensioni di criticità della misura nazionale di contrasto alla povertà: equità ed efficienza. Sul fronte dell’equità, il contributo presenta i dati sulla povertà in Italia, guardando alle sue molteplici dimensioni: la povertà alimentare, educativa, lavorativa. La povertà è un fenomeno multidimensionale, i cui valori diventano sempre più rilevanti. Come mostrano i dati più recenti riportati nel paper, il tasso di povertà assoluta tra le famiglie è pari al 7,5% nel 2021 (9,4% tra gli individui): più di 1 milione e 950 mila famiglie e 5,6 milioni di individui. Il 10,8% dei lavoratori sono poveri e tale valore aumenta al decrescere dell’età del lavoratore. I NEET – i giovani che non studiano, non lavorano e non si formano – sono un quarto della popolazione (24,4%). E questi sono solo alcuni dei dati in un quadro complesso e diversificato che, attualmente, non trova risposte concrete attraversi le politiche pubbliche.
La misura principale di contrasto alla povertà, il Reddito di Cittadinanza, è caratterizzata da un basso tasso di copertura (il c.d. take-up rate) e da inefficaci percorsi di inclusione sociale e lavorativa. Stando ai dati Caritas del 2021, solo il 56% dei poveri percepisce il Reddito. Le famiglie numerose con minori e gli stranieri sono i gruppi più svantaggiati, poiché esclusi, dalla misura. Inoltre, per il suo attuale design, il contributo tende a privilegiare chi vive nel Sud Italia, escludendo – in larga parte – famiglie e individui vulnerabili residenti al Nord (perlopiù famiglie di origine straniera). La misura, inoltre, fatica a innescare percorsi efficienti per l’inclusione sociale dei beneficiari.
Per tali ragioni, come detto, alcune proposte di riforma sono giunte nel 2021 dall’Alleanza contro la Povertà e dal Comitato Scientifico per la Valutazione del Reddito di Cittadinanza. Le proposte, volte a migliorare i criteri di accesso della misura e l’iter per la partecipazione a percorsi inclusione sociale, non sono state tuttavia accolte dalla Legge di Bilancio 2022. Quest’ultima ha inserito delle modifiche marginali.
La povertà resta un tema divisivo
La pandemia ha svolto un importante ruolo catalizzatore, c.d. “focusing event” (Birkland 1998). L’irruenza dell’emergenza ha accelerato il flusso dei problemi sociali, con l’aumento del tasso di povertà e l’ampliamento delle diseguaglianze.
Allora perché non si è riusciti ad ottenere una riforma strutturale della misura? La povertà resta una questione divisiva tra gli attori politici, istituzionali e non. L’introduzione di un reddito minimo si è storicamente scontrato con questioni culturali, finanziarie e di sostenibilità economica dello Stato. Gli anni tra il 2016 (in cui è stato introdotto il ReI) e il 2019 (anno di approvazione del RdC) hanno rappresentato uno snodo cruciale per l’introduzione della misura. Tuttavia, la sua permanenza nell’agenda di policy non è garantita. Il Reddito di Cittadinanza è un tema divisivo tra i partiti, tra gli attori istituzionali e non. Inoltre, nonostante il Covid-19 abbia posto enfasi sulle crescenti diseguaglianze sociali, alla fine del 2021 gran parte dell’attenzione e dell’impegno del Governo è stata assorbita dalla terza ondata pandemica. Non si sono dunque generate le condizioni favorevoli, istituzionali e politiche, per spingere verso la riforma del reddito minimo, a soli tre anni dalla sua introduzione, evidenziando che la strada verso un cambiamento di policy è ancora lunga da percorrere.
Per approfondire