In seguito alla recente riforma del Reddito di Cittadinanza, le politiche contro la povertà in Italia entreranno in una nuova fase dopo quella del Reddito Minimo di Inserimento (1999-2003), quella del Sostegno per l’Inclusione Attiva (Sia, 2014-2016) e, appunto, quella appunto del Reddito di Cittadinanza. Nel 2024, infatti, con l’introduzione dell’Assegno d’Inclusione (Adi), inizierà un’epoca segnata da un intervento strutturale di reddito minimo basato sul principio della categorialità familiare.
Cristiano Gori su Welforum spiega infatti come le ragioni alla base della riforma varata dal Governo Meloni sia di natura valoriale. Esse risiedono nel diverso status di cittadinanza riconosciuto alle famiglie con specifiche responsabilità legate all’età o alle limitazioni fisiche dei propri componenti, in particolare quelle con figli minori, e al resto della popolazione.
Secondo Gori l’esigenza di tutelare gruppi specifici non può, tuttavia, risultare sovraordinata rispetto alla protezione universale (per tutte e tutti) dalla povertà. Solo una volta garantita una base di aiuto per tutti i poveri, e dopo aver quindi riconosciuto il diritto universale in casi di povertà, si dovrebbero istituire forme di aiuto supplementari per particolari fasce della popolazione. In questa direzione, spiega ancora Gori, la recente proposta di Caritas Italia potrebbe permettere di adottare questo approccio.