Rassegna Stampa
Povertà e inclusione

Crisi demografica: è tutta colpa della povertà?

Stefano Fait, L'Indro, 27 settembre 2017
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Nel primo trimestre del 2017, in Italia, le morti sono aumentate del 15 per cento, i nati restano in calo (-2,6%) e il nostro deficit demografico è ora di 346mila unità. Ma anche gli Stati Uniti versano in una situazione analoga, con l’aspettativa di vita in calo ormai da un anno, senza che si vedano segnali di ripresa. Nel Regno Unito l’aspettativa di vita non sale quasi più. Nella Grecia sottoposta a regime di estrema austerità questo tasso è crollato. Le cose vanno poco meglio in Russia, almeno dai tempi delle sanzioni e del contro-embargo.

È difficile credere che un fenomeno così impressionante e repentino possa essere attribuito ad un unico fattore; tanto più che gli stili di vita dei popoli mediterranei, slavi e anglo-americani sono marcatamente diversi. Ci accomunano però due dimensioni: sanità e vulnerabilità a condizioni esterne. In tutti questi Paesi la sanità è stato il principale bersaglio delle politiche di austerità neoliberista, salvo la Russia che, però, come detto, si trova in una situazione geoeconomica particolare e temporanea. (austerità involontaria).

Purtroppo molti commentatori, ignorando gli 8.4 milioni di italiani che vivono in circostanze di povertà assoluta o relativa: a riguardo, si è calcolato che uno status socio–economico inferiore possa arrivare a ridurre l’aspettativa di vita di ben 2 anni e un mese. Peggio fanno solo fumatori, diabetici o chi conduce uno stile di vita sedentario. Chi è obeso o soffre di alta pressione se la cava molto meglio, in prospettiva. Essere poveri, specialmente nelle nazioni anglofone, significa non potersi permettere cose come il cibo biologico, un’assicurazione adeguata, una buona istruzione.


Crisi demografica: è tutta colpa della povertà?

Stefano Fait, L’Indro, 27 settembre 2017