Come è possibile che 739 persone siano morte per il caldo in una grande città del Paese più ricco del mondo, tra il 14 luglio e il 20 luglio 1995? È la domanda che emerge da un articolo pubblicato sul sito francese Mediapart, tradotto e pubblicato da Internazionale il
“È stata la conseguenza della segregazione e delle disuguaglianze, ma non solo” secondo il sociologo Eric Klinenberg che per anni ha studiato quanto accaduto in quella caldissima estate. “Otto dei dieci quartieri con il più alto tasso di mortalità erano popolati quasi esclusivamente da afroamericani. Queste aree erano anche caratterizzate da una grave povertà e da un’alta concentrazione di criminalità. In questi quartieri vivevano molte persone che erano completamente isolate”.
“Ma questa è solo una parte della storia”, osserva Klinenberg, che confrontando la situazione di due quartieri sociologicamente simili sottolinea l’importanza delle “infrastrutture sociali”. “Nelle aree urbane in cui ci sono stati meno morti le strade erano vivaci, c’erano molti negozi sempre aperti, strutture pubbliche come parchi e biblioteche e la vita comunitaria era attiva”: qui le morti sono state 11 volte inferiori rispetto all’altro quartiere.
Secondo Klinenberg, “le ondate di calore sono assassine silenziose e invisibili di persone silenziose e invisibili”. Per questo le ondate di caldo sono ciò che il sociologo Marcel Mauss ha definito “un evento totalmente sociale”. Vale a dire, un evento che mette in gioco le istituzioni sociali e, di conseguenza, mette a nudo una parte della realtà che solitamente è difficile da percepire.