Il fatto è che ci sono persone che vivono in strada 365 giorni all’anno. E poi, in inverno, alcune di loro muoiono. Tutti ne parlano: in questi giorni leggiamo, ascoltiamo e vediamo immagini che raccontano dell’epilogo di queste vite miserabili. Non conosciamo i loro nomi perché sono invisibili, come loro. Si tratta di persone italiane e straniere. Le percentuali riproducono in micro la casistica della homelessness italiana che, come rilevato nel 2011 e nel 2014 dall’Istat, è rappresentata nel 60% dei casi da persone straniere e ben nel 40% da italiani. Sono oltre 50mila quelli che si rivolgono a mense e dormitori e il 21% di loro fa questa vita da oltre 4 anni.
Detta così sembra che non cambi mai nulla e quest’anno come l’anno scorso si contano i morti senza dimora (invitiamo tra l’altro i media a togliere l’appellativo “fissa” in quanto utilizzato ormai solo dalle amministrazioni per definire girovaghi, ambulanti o giostrai che, appunto, non hanno fissa dimora ma non per questo versano in condizioni di disagio). Come Federazione che si occupa di persone senza dimora 365 giorni all’anno, tuttavia, fio.PSD vuole essere di nuovo una voce fuori dal coro e sostenere che, se adeguatamente supportati da una strategia di uscita dal circuito dell’emergenza, da servizi innovativi basati sulla presa in carico professionale e su progetti personalizzati, della cosiddetta emergenza freddo si può non morire.
Qualcosa infatti si sta muovendo, qualcosa sta cambiando. Sta cambiando per le oltre 500 persone che hanno trovato una casa grazie al coraggio e al lavoro costante di 55 organizzazioni che fanno parte del Network Housing first Italia coordinato da fio.PSD. Qualcosa sta cambiando per le 87 famiglie italiane e straniere con figli minori che vengono accolte in progetti sperimentali di rapid re-housing in città come Siracusa, Ragusa, Bologna. Qualcosa sta cambiando per cittadini italiani e stranieri che a Verona come a Torino vengono inseriti in dei percorsi di riqualificazione e reinserimento socio-lavorativo. Per le persone in co-housing a Padova come a Pordenone. Qualcosa sta cambiando per A., che a Pisa, grazie all’aiuto degli operatori sociali, ha scoperto di avere diritto ad una pensione e adesso cerca di vivere dignitosamente all’interno di una casa dopo dieci anni di vita in strada. Qualcosa sta cambiando a Rimini, dove P. ha ricevuto dall’ufficio anagrafe il riconoscimento della residenza ed è diventato un cittadino normale perché è anche a partire dai diritti che si adempiono i doveri.
E qualcosa potrà certamente cambiare in futuro. Questo è l’auspicio che ci poniamo come Federazione visto il recente impegno dimostrato dal governo nazionale nella strategia di lotta alla grave emarginazione. Dopo la stesura delle Linee di Indirizzo, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato un avviso pubblico (n. 6/2016) per la presentazione entro il 15 febbraio di proposte di intervento finanziate da fondi nazionali e comunitari per il contrasto alla grave emarginazione adulta e alla condizione di senza dimora.
Il bando promuove il superamento di approcci emergenziali a favore di interventi strutturati e innovativi che assumano l’abitazione come punto di partenza affinché i senza dimora possano avviare percorsi di inclusione sociale. Il dormitorio, così come la mensa, i locali docce, la distribuzione viveri, rappresentano certamente un tipo di risposta necessaria nella configurazione attuale della povertà estrema fatta anche di persone che hanno davvero perso ogni punto di riferimento e non hanno risorse sufficienti per rispondere ai loro bisogni primari. Ma bisogna riuscire ad ammettere che questa non può essere trattata come un’emergenza e queste non devono essere le uniche risposte reiterate per un tempo troppo lungo che sembra non lasciare uscita.
Le persone senza dimora ci sono, popolano le nostre strade, i nostri parchi e le nostre stazioni. Alcuni transitano tra ricadute e risalite. Altri sono stanziali, cronici. Tra questi alcuni si affidano completamente ai servizi in una sorta di nichilismo assistenziale. Altri rimangono fuori dai circuiti dell’aiuto e sono proprio coloro che periscono a causa delle avverse condizioni di salute o climatiche o ancor peggio sono vittime di atti di violenza e discriminazione. Negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscerli meglio grazie alle due indagini sulla povertà estrema condotte da Istat in collaborazione con fio.PSD, MLPS e Caritas Italiana. Numerosi sono i servizi disseminati sul territorio (oltre 700 per una media di 2,8 servizi al giorno a persona). Il bisogno è tanto e complesso e necessita di una riflessione continua che punti a rispondere al bisogno senza dimenticare la persona. La persona al centro rimane il filo rosso delle azioni della Federazione e dei suoi soci impegnati tutto l’anno in azioni di contrasto.
La persona al centro e l’innovazione sono le parole chiave delle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave marginalità adulta pubblicate dal Ministero, strumento che invitiamo tutti gli enti di settore ad utilizzare come guida per una programmazione puntuale basata su approcci specifici e consolidati (dallo staircase, all’innovativo housing first), per ristrutturare fisicamente i servizi rendendoli meno marginalizzanti, per rendere le risposte più adeguate ai profili delle persone ospiti delle strutture (i giovani, le donne, gli over 65, gli ex detenuti, etc).
«Il fatto è che, in assenza di una specifica intenzionalità strategicamente orientata all’inclusione sociale delle persone senza dimora, delle risorse e delle strutture necessarie all’inclusione e di una programmazione territorialmente adeguata alle stesse, è difficile se non impossibile che un sistema possa uscire dalla residualità e dall’emergenza nel fronteggiamento della homelessness» (Linee di indirizzo p. 28)