“Se il senza fissa dimora non ha un recapito o un vero e proprio domicilio nel Comune, ma elegge domicilio al solo fine di chiedere ed ottenere l’iscrizione anagrafica, come suo diritto, si presenta il problema dell’indirizzo da indicare negli atti anagrafici. In tal caso si ravvisa la necessità che anche in anagrafe venga istituita una via, territorialmente non esistente, ma conosciuta con un nome convenzionale dato dall’ufficiale di anagrafe.” (Istat, Avvertenze, note illustrative e normativa AIRE, Metodi e Norme, serie B – n. 29 -edizione 1992)
Sebbene sia poco noto, in Italia le persone “senza fissa dimora”, i cosiddetti “senza tetto”, hanno diritto soggettivo alla residenza presso un Comune, solitamente il Comune in cui si trovano più spesso, con tutte le conseguenze che ne derivano come l’accesso ai servizi sociali, l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, il gratuito patrocinio, la possibilità di aprire una partita IVA e l’iscrizione ai registri elettorali. Anche la più grave indigenza economica non pregiudica i diritti politici di cui ogni cittadino maggiorenne è titolare (ovviamente in assenza di incapacità civile e di determinate condanne penali). Il diritto alla residenza può essere garantito ponendo la stessa presso la sede di un servizio che ha preso in carico la persona o in una via fittizia che non esiste fisicamente ma ha la stessa valenza giuridica di una via reale.
Secondo l’associazione Avvocato di Strada e la Federazione Italiana Organismi Persone senza Fissa Dimora (Fio.PSD) il diritto alla residenza in Italia è scarsamente tutelato con tutto ciò che ne consegue compresa la privazione dei diritti politici. “In Italia si perde il diritto di voto per incapacità civile, per effetto di una sentenza penale irrevocabile, per particolari casi di indegnità morale. E, anche se non è scritto in Costituzione, se si vive per strada. Il 4 marzo decine di migliaia di persone, colpevoli unicamente di essere povere, saranno escluse dal partecipare alle votazioni, un momento fondamentale per la vita democratica del paese. Chiediamo ai sindaci italiani di farsi garanti del diritto di voto di tutte le persone che vivono in strada e di concedere la residenza alle persone che ne faranno richiesta e che hanno i requisiti per ottenerla” è l’appello che lanciano le due organizzazioni.
“Non consentire alle persone di votare negando loro la residenza anagrafica è senz’altro una palese violazione dei loro diritti costituzionali ma è anche un modo per certificare il più totale disinteresse verso persone che vivono in una situazione di estrema povertà e che in base alla legge avrebbero comunque diritto alla residenza. Senza contare poi che chi non ha la residenza non può curarsi, non ha diritto a una pensione e in molti casi non ha neanche diritto ad essere preso in carico dai servizi sociali” afferma Antonio Mumolo presidente dell’associazione Avvocato di Strada.
Avvocato di Strada e Fio.PSD non si sono limitate alla denuncia ma hanno realizzato un database con tutte le vie fittizie che sono riuscite a rintracciare; questo per facilitare la diffusione delle informazioni e l’iscrizione all’anagrafe delle persone interessate. L’elenco è disponibile a questo link.
Chiedono inoltre che il futuro governo non elimini gli interventi contro la povertà realizzati negli ultimi anni; “è necessario dare continuità a quello che è stato messo in campo finora. Si tratta misure strutturali, che necessitano di tempo per dare i primi risultati, che richiedono la pazienza di mettere insieme un nuovo sistema di risposte efficaci. Ricominciare con un sistema diverso adesso, solo perché frutto del lavoro dei precedenti governi, sarebbe un gravissimo atto di irresponsabilità verso le persone che sono in condizioni di povertà estrema e di bisogno” spiega Cristina Avonto, presidente Fio.PSD.
È possibile approfondire le principali normative in materia sul sito dell’associazione Avvocato di Strada.