Negli ultimi anni, a causa delle mutate condizione economiche e sociali, le forme di contrattazione sociale territoriale – cioè quegli accordi realizzati su base locale da istituzioni, sindacati e associazioni per trovare risposte a problematiche di varia natura – hanno assunto una notevole rilevanza nel nostro Paese. Con lo scopo di mappare la diffusione del fenomeno, la Cisl nel 2010 ha fondato l’Osservatorio Sociale, un organismo che si occupa di raccogliere e analizzare questo genere di contratti. Recentemente l’Osservatorio ha pubblicato il suo ultimo rapporto, relativo ai dati raccolti nel 2018. A partire da questo documento vi presentiamo le principali tendenze della contrattazione di prossimità in Italia.
La diffusione della contrattazione sociale di prossimità in Italia
I dati presentati dall’Osservatorio si riferiscono al periodo che va dal 2013 al 2018. In questo lasso di tempo sono stati sottoscritti quasi 5.600 accordi stipulati su base territoriale, che in totale hanno interessato 17 contesti regionali, 1.509 Comuni e, potenzialmente, oltre 20 milioni di persone (figura 1). Dal punto di vista territoriale, queste intese di prossimità riguarda soprattutto la Lombardia (47% del totale), una Regione che negli anni ha consolidato la propria funzione di incubatore della contrattazione sociale; seguono poi l’Emilia-Romagna (15%), il Piemonte (7%), le Marche (6%), la Toscana (5%), il Veneto (4%) e la Campania (3%).
Figura 1. Le principali evidenze sulla contrattazione sociale territoriale in Italia
Secondo l’Osservatorio di Cisl, questa peculiare forma contrattuale si è sviluppata soprattutto in ambito comunale e intercomunale. Nell’intero periodo in esame, infatti, più di nove accordi su dieci sono stati chiusi a seguito di processi negoziali avviati con rappresentanti di singole amministrazioni comunali (80%) oppure di più amministrazioni comunali consociate a livello di ambito o distretto (12%). Le intese raggiunte a livello regionale rappresentano invece solo il 4% del totale, mentre la quota rimanente è stata sottoscritta su base provinciale (3%) oppure, in casi residui, interprovinciale (1%).
Le azioni e le misure presenti nella contrattazione sociale di prossimità
Analizzando quelle che sono le azioni e le misure presenti in questi accordi, emerge che le politiche socio-familiari risultano quelle contrattate con maggiore frequenza: queste sono infatti presenti in circa tre accordi su quattro (76%). In ordine di importanza decrescente, seguono poi gli interventi relativi alla macro-area delle politiche fiscali, che si trovano in due accordi su tre (67%), le azioni di politica per il territorio (47%), gli interventi di tipo sanitario (35%) e, da ultimo, le misure per il mercato del lavoro (29%). Come evidenziato dalla figura 2, nel corso degli anni vi è stata una crescita tendenziale dell’incidenza della contrattazione riguardante gli interventi per il mercato del lavoro, la sanità e il territorio; gli accordi che riguardano invece le politiche socio-familiari e quelle legate al fisco si sono invece mantenute stabili nell’ultimo quinquennio.
Figura 2. Accordi per macro-area di intervento
Ma cosa contengono questi accordi? In merito alle azioni che ricadono nel novero delle politiche socio-familiari, che come detto è la macro-area più presente, le misure contrattate più frequentemente nel 2018 riguardano il contrasto alla povertà (42% del totale degli accordi depositati), l’offerta di servizi (36%), l’assistenza domiciliare (35%), i servizi socio-educativi (30%). Seguono quelle che sono definite dal rapporto dell’Osservatorio come “azioni di sistema” – vale a dire interventi, quali la formazione, la consulenza, la raccolta fondi, il coordinamento, intesi a supportare la capacità di azione degli attori del dialogo sociale – presenti in poco meno di tre accordi validi su dieci (30%), l’assistenza residenziale e semi-residenziale (28%), le politiche per l’abitazione (28%), gli interventi in favore dell’inclusione sociale (26%).
Quanto alle politiche fiscali, gli interventi più richiamati negli accordi del 2018 interessano la fiscalità locale (63%); in circa un caso su dieci le intese mettono a tema i prezzi e le tariffe (13%), mentre le azioni di sistema (3%) e la fiscalità regionale (1%) sono residuali. Per la macro-area delle politiche per il territorio, le azioni di sistema, la qualità ambientale e le infrastrutture sono le questioni affrontate più di frequente nel 2018: compaiono, rispettivamente, nel 18%, nel 16% e nel 15% del totale degli accordi validi presenti in archivio. I trasporti figurano, invece, nel 7% dei casi.
Restano poi da analizzare gli interventi in materia di politiche sanitarie e quelle riguardanti il mercato del lavoro. Per le prime, gli ambiti più frequenti sono l’assistenza territoriale ambulatoriale e domiciliare (22%), seguita dall’assistenza sanitaria collettiva (8%), l’offerta di servizi (5%) e dalle azioni di sistema (2%). Le politiche per il mercato del lavoro si concentrano prevalentemente sulle tematiche dell’occupabilità (22%), la conciliazione tra famiglia e lavoro (5%), la tutela del posto di lavoro (3%). Residuali sono, invece, gli accordi che trattano di azioni di sistema (2%) oppure affrontano materie quali la sicurezza (2%) o la formazione (1%).
Il sostegno ai caregiver e alla non autosufficienza
In conclusione, il report offre un focus dedicato alle azioni di sostegno e supporto ai caregiver e alle persone non autosufficienti. Questo approfondimento aiuta ad analizzare nel dettaglio dove e come l’azione negoziale e di rappresentanza sociale interviene per tutelare e promuovere il benessere di queste persone e delle loro famiglie.
Stando ai dati a disposizione dell’Osservatorio, negli ultimi anni circa il 40% delle intese ha proposto azioni e interventi destinate a questo target. Come sottolineato nel report, nel corso del 2018 sono stati avviati interessanti processi di innovazione delle risposte ai bisogni degli individui non autosufficienti. Tra queste si possono evidenziare:
- azioni di supporto ai caregiver attraverso un collegamento più stretto con la rete dei servizi. Le attività hanno riguardato soprattutto la formazione, l’informazione, l’accompagnamento e l’orientamento;
- interventi per la domiciliarietà “aperta”, ovvero non solo assistenza, ma mobilità (trasporto sociale, barriere architettoniche), accessibilità dei servizi, sviluppo di co-housing (es. condomini solidali, regolamentazione case-famiglia);
- misure per lo sviluppo di servizi socio-sanitari a garanzia della continuità assistenziale ospedale-territorio e dei percorsi assistenziali e della medicina di iniziativa (es. infermiere di famiglia, ambulatori sociali, ecc.).
Quali prospettive di crescita per la contrattazione sociale?
“Come Cisl”, ha affermato Andrea Cuccello, Segretario confederale della Cisl e curatore della prefazione del rapporto, “negli ultimi anni, abbiamo posto molta attenzione al tema della contrattazione territoriale sociale; recentemente abbiamo ad esempio promosso un corso di formazione interno proprio finalizzato a promuovere questo tipo di accordi, attraverso i quali è possibile migliorare le condizioni di vita di lavoratori, lavoratrici, pensionati e delle loro famiglie”. “Il welfare nel nostro Paese con la crisi economica, con la riduzione della spesa pubblica e in assenza di riforme di sistema tutela sempre meno proprio le persone e le famiglie più fragili, ampliando divari territoriali e diseguaglianze” continua Cuccello. “La contrattazione di prossimità può essere uno strumento in grado di fornire nuove risposte ai bisogni che sempre più spesso rimangano insoddisfatti”.
“Come evidenziato dai dati del nostro Osservatorio, al momento questa forma contrattuale è sviluppata in modo asimmetrico sul territorio nazionale; per questo è nostra cura mettere in relazione le buone prassi già presenti da anni, aiutando chi è rimasto più indietro. Come Cisl ci siamo proposti di sostenere una crescita più omogenea lungo tutto il territorio nazionale nel tentativo di ridurre le disuguaglianze. Una nostra proposta è quella di pensare ad un maggior legame tra la contrattazione di secondo livello e quella territoriale sociale: possono esserci infatti prospettive di crescita interessanti se si pensa ad esempio allo sviluppo che negli ultimi anni ha avuto l’istituto del welfare contrattuale”.
“Anche per questo”, ha concluso Cuccello, “intendiamo sviluppare sempre di più i nostri presidi territoriali: crediamo che oggi sia decisivo sviluppare un sindacato – e quindi dei sindacalisti – di prossimità, in grado di saper dialogare con il territorio e i suoi stakeholder e, allo stesso tempo, saper leggere quelli che sono i bisogni della popolazione e le risposte più significative”.
Riferimenti
Il rapporto dell’Osservatorio Cisl sulla contrattazione sociale di prossimità