Il lavoro agile o smart working si sta confermando come uno strumento organizzativo in grado di soddisfare reciprocamente aziende e dipendenti. Lo dicono chiaramente i dati di molte ricerche realizzate negli ultimi mesi – tra cui, ad esempio, il progetto europeo E.L.E.N.A. – e ce lo hanno confermato anche Arianna Visentini e Francesco Iasi – rispettivamente CEO e consulente di Variazioni, società di consulenza esperta di smart working -, in base a quelle che sono le indagini di "impatto" che realizzano per i propri clienti. Li abbiamo intervistati chiedendo loro di spiegarci, in particolare, quale ruolo può giocare lo smart working sul fronte delle relazioni industriali dopo le novità legislative introdotte lo scorso anno.
Prima di tutto, cosa è cambiato con la nuova legge sullo smart working rispetto al passato?
La legge che disciplina questo giovane istituto (Legge n.81/2017) stabilisce che la sede elettiva dello smart working è l’Accordo tra azienda e dipendente, spostando dunque l’asse della contrattazione da un livello collettivo a un livello individuale. Si tratta di un’importante novità per il mercato del lavoro del nostro Paese, da sempre abituato ad una contrattazione collettiva nazionale e, eventualmente, di secondo livello.
Con l’introduzione di questo accordo diretto, dunque, il sindacato rischia di essere messo un po’ ai margini, ma è davvero così?
E’ vero che per poter attivare lo smart working è sufficiente la sottoscrizione di un Accordo con il singolo dipendente, ma va anche evidenziato come nella quotidianità della vita aziendale ciò è vero fino ad un certo punto. In questo senso il dialogo tra impresa e sindacato è una variabile di cui tener conto.
E tra le aziende con cui lavoriamo questo fattore appare bene chiaro. Una domanda che ci siamo sentiti rivolgere spesso dai Responsabili Risorse Umane o Responsabili Relazioni Industriali è stata: "in quale momento del progetto di smart working è opportuno coinvolgere il Sindacato? Fin da subito, dopo la prima fase di sperimentazione o in fase di messa a sistema?".
Abbiamo provato a dare una nostra chiave di lettura, partendo da esperienze concrete: quelle dei nostri clienti e quelle di altre aziende che hanno avviato progetti di smart working.
Dal nostro punto di vista, per poter dare risposta alla domanda sono due le dimensioni da considerare: il tempo e il livello di qualità delle relazioni sindacali interne.
La dimensione "tempo" può assumere due stati:
" entrata in gioco del Sindacato fin dalla costruzione della sperimentazione (pilota) di smart working;
" entrata in gioco del Sindacato in fase di messa a sistema dello smart working.
Anche la dimensione "qualità delle relazioni industriali" può assumere due stati:
" relazioni industriali basate sul vincolo della regolazione con scarsa presenza di dialogo e alta conflittualità (riassumibile in un "si dialoga perché si deve farlo");
" relazioni industriali basate su una cultura di dialogo e condivisione degli obiettivi.
Incrociando le due dimensioni (che abbiamo provato a sintetizzare nella figura 1) si può indentificare il tipo di relazioni tra Organizzazioni Sindacali (OO.SS) e imprese e il relativo atteggiamento assunto dalle aziende in tema di smart working.
Figura 1. Il rapporto azienda-sindacato per lo sviluppo dello smart working
Fonte: Variazioni
Leggendo il grafico in modalità "contro-intuitiva", cioè partendo dal quadrante in basso a destra e muovendoci (in senso antiorario) possiamo identificare approcci diversi da parte delle aziende:
Azienda Indotta (tempo: pre-sperimentazione; relazioni industriali: scarsa collaborazione e dialogo): siamo in presenza di aziende che si sono indirizzate verso una sperimentazione dello smart working perché sollecitate dal Sindacato. Ad esempio, all’interno di un rinnovo contrattuale sono state le OO.SS. a portare al tavolo il tema dello smart working. Queste aziende, se avessero potuto, non avrebbero optato per lo smart working, ma proprio perché le relazioni industriali, basate su una conflittualità, sono così delicate hanno scelto di intraprendere tale percorso.
Azienda Resistente (tempo: pre-sperimentazione; relazioni industriali: scarsa collaborazione e dialogo): in questo caso sono le aziende che hanno voluto avviare una sperimentazione dello smart working ma, per via del rapporto delicato, hanno dovuto portare a bordo il Sindacato che non era per nulla proattivo sul tema, anzi se non fosse stato sollecitato dall’azienda non lo avrebbe considerato come argomento di contrattazione e/o confronto.
Azienda Adempiente (tempo: messa a sistema; relazioni industriali: scarsa collaborazione e dialogo): le aziende che rientrano in questa tipologia si sono mosse in autonomia nella prima fase di sperimentazione avviando un progetto pilota di smart working, disciplinandolo tramite un Regolamento aziendale, definendo: campione, numero di giornate di smart working, luoghi di esecuzione della prestazione lavorativa, procedure di richiesta, ecc.. Il Sindacato in questo caso non era del tutto indifferente all’azione dell’azienda, anzi ha seguito con attenzione il progetto e ha richiesto informazioni sugli sviluppi, tenendo un presidio dello stesso. Una volta terminata la sperimentazione, e prima di procedere alla messa a sistema, queste aziende hanno coinvolto il Sindacato perché altrimenti non avrebbero potuto procedere senza avere successive proteste e/o ripercussioni in sede di contrattazione.
Azienda Coinvolgente (tempo: messa a sistema; relazioni industriali: presenza di dialogo e collaborazione): rientrano in questa fattispecie le aziende che hanno avviato in totale autonomia una sperimentazione dello smart working, senza alcun accompagnamento del Sindacato che in questo caso non ha esercitato ingerenze, anche sulla base delle buone relazioni industriali. Valutato il positivo bilancio della sperimentazione, e prima della messa a sistema, queste aziende hanno quindi deciso, in autonomia e spontaneamente, di coinvolgere il Sindacato, per condividere il progetto e gli obiettivi.
Azienda Partecipativa (tempo: pre-sperimentazione; relazioni industriali: presenza di dialogo e collaborazione): nelle aziende rientranti in questo cluster troviamo ottime relazioni industriali basate su dialogo, fiducia e collaborazione. In questi casi le aziende e il Sindacato hanno dialogato e collaborato, in un’ottica di reciproco interesse, fin dalla progettazione e realizzazione della sperimentazione, supervisionandone le evoluzioni e i risultati.
Alla luce di questa analisi, in quale momento a vostro avviso è opportuno coinvolgere il Sindacato?
Non esiste una risposta univoca. Le aziende con cui abbiamo lavorato si posizionano in maniera differente sul nostro grafico, ma i progetti di smart working che abbiamo aiutato ad implementare hanno avuto comunque successo.
C’è certamente un momento ideale di coinvolgimento del Sindacato, ma è diverso da azienda ad azienda e dipende – come detto – dal tempo, se ci si trova in fase di pre-sperimentazione o di messa a sistema, e dalla qualità delle relazioni industriali, quindi se queste sono basate su dialogo, fiducia e collaborazione o se conflittuali e indotte dalla Legge o dalla Contrattazione collettiva nazionale.
In qualsiasi caso però c’è un elemento che riteniamo veramente fondamentale: il livello di regolazione del progetto di smart working, sia che dipenda da un Accordo di II livello o da un regolamento aziendale). Vanno infatti evitate soluzioni iper-normative che ingessano questa nuova modalità di organizzazione del lavoro e ne depotenziano tutti i possibili vantaggi. Non è tanto importante quando il dialogo con il Sindacato si avvia, ma come si sviluppa e come influenza la regolazione dello smart working.
Crediamo, e i risultati ci danno adito, che per ogni azienda vada costruito con gli stakeholder interni il giusto modello di smart working, che cambia da organizzazione a organizzazione. Non esistono, dunque, soluzioni standard. Come non esiste il momento giusto in assoluto per il coinvolgimento del Sindacato. Ciò che è estremamente importante è la consapevolezza relativa alla qualità delle proprie relazioni sindacali e l’obiettivo che si intende raggiungere con il nuovo progetto.
Resta indubbio come un clima di collaborazione, partecipazione e comunicazione trasparente, da parte dell’azienda così come da parte delle rappresentanze sindacali, contribuisca a facilitare una corretta adozione dello smart working e a portare benefici a entrambe le parti coinvolte nel processo: le persone e l’impresa.