Parafrasando Jacques Delors, che definì l’Unione Europea un UPO, cioè un Unidentified Political Object (un oggetto politico non identificato), si potrebbe dire che molto più in piccolo gli Enti Bilaterali italiani troppo spesso corrono il rischio di essere dei misteriosi USO – Unidentified Social Objects, degli “oggetti sociali non identificati”: organizzazioni dalle grandi potenzialità nel campo delle Realzioni Industriali e del welfare occupazionale, sopratutto su base territoriale, che però non di rado scontano un basso grado di visibilità e una certa inerzia nell’adattare la propria azione ai mutamenti del contesto in cui operano.
Non è questo il caso dell’Ente Bilaterale Veneto Friuli-Venezia Giulia (EBVF), l’organismo paritetico che riunisce Confesercenti e le federazioni regionali del commercio e del turismo di Cgil, Cisl e Uil di Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Da alcuni anni ormai l’Ente, costituito dalle parti sociali nel 1996, si distingue per le iniziative innovative che promuove in diversi ambiti, compreso quello del welfare aziendale e bilaterale, a partire dall’esperienza maturata tramite il progetto WelfareNet.
In questa fase di crisi economica e sociale, particolarmente pesante per i settori del commercio e del turismo, è interessante interrogarsi sulle iniziative che le parti sociali, attraverso la bilateralità territoriale, possono mettere in campo per attenuare le conseguenze socio-economiche determinate dalla pandemia.
Abbiamo chiesto a Marco Palazzo, Direttore dell’EBVF, di raccontarci l’esperienza dell’Ente di Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Dottor Palazzo, quali possono essere misure che un Ente bilaterale territoriale può mettere in campo per mitigare un l’emergenza economico-sociale prodotta dalla crisi sanitaria? E che cosa avete fatto voi come Ente bilaterale?
Noi ci stiamo muovendo in quattro direzioni.
Parto da quello che abbiamo già fatto. Soprattutto nella primissima fase della crisi, le procedure per l’accesso agli ammortizzatori sociali definiti dai decreti nazionali non sempre erano molto chiare, in particolare per quanto riguarda le procedure sindacali. Quando molti altri Enti bilaterali hanno chiuso per lavorare da casa, noi abbiamo sempre garantito il presidio di almeno due persone in sede più altre tre da casa, che rispondessero alle centinaia di domande di aziende, lavoratori e consulenti del lavoro su come muoversi e come fare la richiesta di accordo sindacale. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quindi essere un punto di riferimento per tutte le aziende, i lavoratori iscritti e i consulenti del lavoro.
Abbiamo quindi attivato un portale, che abbiamo chiamato P.A.S.S. (Portale per Accordi Sindacali per Ammortizzatori Sociali) la cui realizzazione, in una situazione normale, avrebbe richiesto un paio di mesi, e che in emergenza abbiamo implementato e messo online in 10 giorni. Costruire il portale – che abbiamo ideato per facilitare le procedure di richiesta delle due forme di integrazione salariale (FIS e CIG in deroga) – è stato possibile in tempi così rapidi perché abbiamo sostanzialmente replicato quello che avevamo già attivato per le richieste del parere di conformità per l’apprendistato.
Esattamente a che cosa è servito questo portale?
L’obiettivo era triplice: da una parte, facilitare la negoziazione delle procedure sindacali anche per le imprese più piccole; dall’altra, evitare contatti fisici, cioè evitare che ci fosse qualcuno che dovesse firmare fisicamente un pezzo di carta, andando in giro per il Veneto, muovendosi dal Comune di residenza; infine, semplificare anche la vita ai consulenti del lavoro che dovevano fare le richieste e quindi, indirettamente, anche alle aziende e ai lavoratori.
Grazie a questo portale i consulenti del lavoro, accedendo già all’anagrafica con tutti i dati relativi ad aziende e lavoratori iscritti all’Ente bilaterale, hanno potuto caricare in maniera massiva le richieste; dovevano inserire informazioni in appena 4 o 5 campi, come le date di inizio e fine della Cassa, se sarebbe avvenuta con anticipo da parte dell’azienda o pagamento diretto dell’INPS. A quel punto il portale creava un fac-simile di accordo sindacale (secondo un modello che abbiamo concordato fra Confesercenti, Filcams-Cgil, Fisacast-Cisl e Uiltucs-Uil) e lo inviava automaticamente solo alle parti sociali della provincia di riferimento dell’azienda. Le parti sociali, collegandosi al portale, potevano dare il proprio consenso o richiedere modifiche o chiarimenti ai consulenti del lavoro.
Questa procedura ha permesso di avere il 90% degli accordi sindacali firmati virtualmente in meno di un giorno. In un mese abbiamo gestito più di 2.000 richieste, per quasi 11.000 lavoratori. In assenza di questo strumento, per i consulenti del lavoro la procedura sarebbe stata molto più lenta e complessa: si sarebbe dovuto inviare un file a tre indirizzi PEC distinti per ogni organizzazione sindacale, diverse a seconda della provincia di riferimento, attendere la risposta e poi eventualmente concordare la firma oppure aspettare 5 giorni di tacito assenso. Nel nostro caso, invece, i consulenti non dovevano aspettare: tutte le parti interessate potevano ogni giorno scaricare il documento; passate due ore, se una delle parti aveva firmato, il consulente del lavoro poteva scaricare il PDF dell’accordo sindacale. In questo modo abbiamo ridotto drasticamente sia i tempi per avere l’accordo in mano sia quelli per mettere i lavoratori nelle condizioni di ricevere i soldi.
Questa è stata la prima delle quattro direttrici lungo le quali avete deciso di muovervi… La seconda?
Una volta che la prima ondata si è calmata e abbiamo cominciato a “respirare”, ci siamo interrogati su che cosa potessimo fare in vista delle riaperture. Quello che abbiamo cercato di fare è stato dare continuità ai servizi che eroghiamo a favore degli iscritti: cosa non scontata, nel senso che – a causa della proroga della scadenza dell’F24 (con cui, tra l’altro, si pagano i contributi all’Ente) e del rischio che molte imprese, soprattutto nel turismo, faticheranno a riaprire o avranno comunque un calo sensibile del fatturato – potremo probabilmente contare su minori entrate. Nell’incertezza di quanto incasserà, qualche Ente bilaterale ha sospeso completamente i servizi. Il nostro ragionamento è stato diverso: quando i lavoratori non ricevono lo stipendio perché la Cassa Integrazione, per quanto rapida, ci impiega almeno un mese o due ad arrivare, è proprio quello il momento più importante per continuare a dare rimborsi e prestazioni che integrino almeno in parte il reddito che i lavoratori non percepiscono.
Inoltre, alcuni servizi che abbiamo attivato in tempi non sospetti, si sono rilevati assolutamente efficaci nel rispondere alle esigenze così particolari di questo periodo. Diamo per esempio dei contributi per i genitori che devono prendersi permessi non retribuiti per rimanere a casa con i figli, che con la chiusura delle scuole è stato utilissimo. Allo stesso modo oggi è utilissimo il buono conciliazione vita-lavoro che permette ai genitori di ricevere un rimborso per i centri estivi.
Avete già qualche dato sull’andamento delle richieste di servizi “tradizionali” che vi sono arrivate in due mesi di lockdown?
Sì, a partire dal mese di marzo abbiamo registrato una riduzione sensibile sia delle richieste sia delle erogazioni, che nel mese di marzo si sono addirittura dimezzate. A nostro avviso, questo calo è dovuto sostanzialmente al fatto che alcuni servizi non potevano proprio essere usufruiti: si pensi alle attività sportive o ai servizi di odontoiatria. Allo stesso tempo, a marzo avremmo certo potuto rimborsare fatture di gennaio o febbraio: la nostra percezione è che nel mese di marzo le persone fossero molto preoccupate, per cui l’ultimo dei loro problemi era quello di fare richiesta di rimborso all’Ente bilaterale. Avevano prima bisogno di capire che cosa volesse dire stare a casa, per quanto tempo sarebbe stato così, se sarebbero stati messi in Cassa Integrazione oppure no… Infine, va detto che spesso le richieste seguono un effetto di imitazione, che in queste settimane non si è potuto produrre: in altre parole, vedendo che un collega fa richiesta all’Ente bilaterale, la fa anche un altro, che in precedenza non lo aveva mai fatto. A maggio, quando l’orizzonte temporale della crisi ha cominciato a delinearsi e anche la perdita del reddito è diventata più evidente, abbiamo cominciato a ricevere qualche richiesta in più.
Come diceva, ci sono alcune misure “tradizionali” in questa fase non possono più essere fruite: come pensate di tenere conto di questo mutamento?
Sì, c’è tutta una serie di misure che, di fatto, non si possono più chiedere: penso alle attività sportive o alla formazione. Adesso l’obiettivo è dirottare l’avanzo di risorse da alcuni tipi di attività su altri interventi. In questo periodo stiamo monitorando l’andamento ogni settimana e discutendo sull’eventualità di ridefinire alcuni servizi al fine di dirottare una parte delle risorse a misure “Covid”: per esempio, prevedere – così come già facciamo per il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) – un contributo alle aziende per la stesura del protocollo di sicurezza, che non è obbligatorio ma che è consigliabile sia applicato. Inoltre, stiamo valutando di dare un contributo per le spese che le imprese stanno sostenendo per l’acquisto dei Dispositivi di Protezione Individuale.
Accennava a due ulteriori direttrici lungo le quali intendete muovervi come Ente per rispondere alla sfide determinate dalla crisi. Di che cosa si tratta?
Il terzo tipo di intervento cui stiamo pensando è una cartellonistica, delle informative concordate con le parti sociali costituenti da distribuire gratuitamente a tutte le aziende iscritte in merito alle modalità di riapertura. Infine – ed è il quarto intervento – stiamo pensando di sviluppare ulteriormente i nostri sportelli informativi gestiti dalle parti sociali per mettere a disposizione esperti che siano in grado di dare risposte alle aziende, soprattutto, ma anche ai lavoratori, sui protocolli di apertura: sportelli online e telefonici, che risolvano le miriadi di casi e dubbi che inevitabilmente ci saranno sottoposti sulle più diverse casistiche verranno a crearsi nell’applicazione concreta delle norme.
Alla luce dell’esperienza maturata non solo in queste settimane di emergenza con l’avvio del Portale per gli Accordi Sindacali, ma anche negli ultimi anni con il funzionamento ordinario dell’Ente, quali sono, secondo lei, i vantaggi della digitalizzazione?
Innanzitutto, il Portale per le procedure sindacali per la Cassa Integrazione ci ha permesso di avere dati in tempo reale sull’andamento delle richieste: abbiamo potuto sapere anche il numero esatto di lavoratori sospesi tra quelli iscritti al nostro Ente bilaterale. È un dato importante, che perlopiù sfugge alle parti, che non riescono ad avere la cognizione esatta di quanti lavoratori tra gli iscritti sono messi in Cassa Integrazione. Noi conosciamo il numero preciso. Il primo vantaggio è dunque disporre di dati in tempo reale. Questo ci ha consentito anche di informare costantemente le organizzazioni sindacali, a cui ho inviato fin da subito tutti i giorni un aggiornamento, con dati su Cassa e Assegno, divisi tra pagamenti diretti e anticipati.
In secondo luogo, tutti i nostri servizi sono da tempo accessibili, oltre che attraverso i canali tradizionali, anche tramite l’area riservata del nostro sito internet e tramite un’app per Android o iOS. Questi sistemi sono collegati al nostro gestionale, il che significa che se modifichiamo un parametro nel nostro sistema, la modifica viene automaticamente recepita sia sul sito internet (a livello di informazioni che diamo al pubblico) sia sull’area riservata del sito e dell’app.
Infine, per noi elaborare le pratiche presentate con gli strumenti digitali richiede molto meno tempo. Negli anni abbiamo ridotto sempre di più la tempistica di rimborso: nel 2019 siamo arrivati a 8,2 giorni, e appena 3,3 giorni per le richieste che ci sono arrivate via web o tramite l’app. Quindi la digitalizzazione da una parte ci permette di avere dati in tempo reale sulla spesa, sul numero di richieste divise per tipologia di servizi, per provincia e di quindi di monitorarne costantemente l’andamento; dall’altro, consente una semplificazione per gli utenti e per noi nell’elaborare le pratiche dei servizi destinati sia alle imprese che ai lavoratori.
Da alcuni anni prevedete dei sostegni economici alle imprese che introducono forme di innovazione tecnologica. Immaginate di valorizzare in qualche modo questa linea di intervento per affrontare le sfide imposte dalla crisi sanitaria?
Stiamo facendo un’analisi per capire quali tipi di soluzioni tecnologiche esistono per venire incontro alle necessità di adeguamenti che assicurino la sicurezza nelle imprese. Per esempio, avevamo già previsto contributi per i “contapersone”: in questa fase, per un negozio o un ristorante grande che deve monitorare il numero di clienti potrebbe essere un dispositivo interessante; si potrebbe inoltre pensare al cofinanziamento di apparecchi automatici per la misurazione termica dei clienti o dei dipendenti, ma anche dell’acquisto degli armadi per sanificare i vestiti nei negozi di abbigliamento. Poi c’è tutto il tema dei dispositivi per i pagamenti contactless, della moneta complementare.
Infine abbiamo posto molta attenzione su tutte le soluzioni per possono facilitare la ripartenza e la riapertura dei locali in modo sicuro. In particolare sto pensando alla piattaforma NoiCiSiamo, sviluppata da Innova srl, e che che permette di conoscere tutte le attività commerciali che fanno consegna a domicilio e di sapere in quali di queste è possibile spendere voucher di welfare aziendale o i buoni sociali erogati ai meno abbienti dai Comuni. Abbiamo verificato infatti che, nella maggior parte dei casi, per sapere se un esercizio ti porta il prodotto a casa devi andare sul suo sito o sulla pagina Facebook o su WhatsApp o sulla pagina del Comune dove trovi un elenco con una decina di contatti. Le informazioni non sono raccolte in modo sistematico e completo.
Oppure penso a soluzioni come OrdinaPrima, che permette di ordinare online il prodotto che poi vai a ritirare al panificio o dal macellaio. Ancora di più in questo momento l’idea è di favorire la diffusione di tutti quegli strumenti che permettano di rispondere in maniera efficace alle “complicazioni” che le restrizioni sanitarie comportano per gli esercizi aperti al pubblico.
Il Portale per gli Accordi Sindacali per le integrazioni salariali è un bell’esempio di innesto virtuoso fra iniziativa privata e iniziativa pubblica. Più in generale, in che modo provate a coordinare i vostri interventi con le misure del Governo, della Regione e degli Enti e dei Fondi Bilaterali di riferimento? Non vede il rischio di duplicazioni?
Lo scopo principale del nostro lavoro a favorire le imprese e i lavoratori. Che questo avvenga con idee o proposte nostre o di altri è meno importante. Noi siamo abituati a guardare che cosa c’è già, che cosa sta nascendo nel territorio per cercare di metterci in sinergia con gli altri attori, creare un valore aggiunto rispetto alle varie iniziative che si possono fare e che – portate avanti insieme – raggiungono un peso specifico diverso.
In quest’ottica, ad esempio, si spiegano alcune collaborazioni che sono nate o che stanno nascendo, come per esempio quella legata la portale NoiCiSiamo di cui ho detto prima e che mette in relazione il lavoro di 17 Distretti del Commercio che ci sono in Veneto gestiti da manager di Confesercenti e Cescot Veneto [Ente di formazione di Confesercenti Veneto; n.d.r.], con gli Enti locali, con esperti di welfare aziendale e con gli esercizi commerciali territoriali e collega tutti questi soggetti con la bilateralità.
Insomma, mi piace descrivere l’Ente Bilaterale Veneto FVG come un crocevia, dove si possono incontrare esperienze e soluzioni anche molto diverse o che partono da molto lontano, ma che si muovo per il bene comune.