La Legge Delega di riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (Legge 33/2023), che introduce un sistema nazionale di assistenza continuativa agli anziani, prevede una revisione complessiva delle politiche rivolte a questi ultimi. Al momento, tuttavia, appare sempre più concreto il rischio che – come accaduto in passato – la riforma rimanga una lista di buone intenzioni senza possibilità di essere attuata concretamente. Per riuscire a tradurla in pratica è necessario declinare operativamente l’impianto della Delega e, al contempo, trovare fondi e finanziamenti. Mentre sul primo punto lo scenario è in divenire, anche se i segnali non sono incoraggianti, sul secondo aspetto i segnali sono sconfortanti. La bozza di testo della Legge di Bilancio 2024 infatti non ha attualmente previsto nessuna risorsa per finanziare la riforma sulla non autosufficienza in Italia.

Per contribuire al confronto politico sul tema e scongiurare l’affossamento della riforma, il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza1 ha organizzato un incontro pubblico tenutosi il 24 ottobre scorso a Roma, presso la sede della Confederazione Italiana degli Agricoltori. Oltre agli esponenti della Cabina di Regia del Patto2, sono intervenuti i Responsabili sanità di alcuni partiti di opposizione.

In vista dell’approvazione dei decreti attuativi e alla luce della mancanza di risorse nella Manovra, durante l’incontro sono state sottolineate tre domande che chiedono ’interlocuzione con le istituzioni e le forze politiche: a che punto siamo con la riforma? Quali sono le direzioni verso cui muovere? Quali i rischi da evitare? Di seguito ripercorriamo quanto emerso.

Il messaggio del Governo e l’assenza dei partiti di maggioranza

L’evento si è aperto con il messaggio inviato dalla Vice Ministra al Welfare Maria Teresa Bellucci, che si è concentrata su tre parole chiave: dialogo, ascolto e anziani come risorsa. La Vice Ministra ha sottolineato come il Governo e il Ministero per il Lavoro e le Politiche Sociali abbiano dialogato in modo fruttuoso con tutti gli stakeholder interessati e coinvolti nella stesura della Legge Delega sugli anziani non autosufficienti. Questa linea di dialogo e ascolto secondo la  Vice Ministra è quella che si sta seguendo anche per la stesura dei decreti attuativi (che andranno approvati entro gennaio 2024, ndr). Secondo Bellucci gli anziani sono una risorsa inestimabile del nostro Paese e, pertanto, meritevoli di attenzione politica da parte del Governo.

Nonostante ciò, come riporta la stessa Vice Ministra, la congiuntura economica non è favorevole per stanziare risorse dedicate alla riforma sulla Non Autosufficienza e invita il Patto ad un ulteriore confronto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Resta il fatto che senza le risorse economiche necessarie la riforma potrà partire solo con alcuni micro-interventi o sperimentazioni. Come hanno avuto modo di sottolineare i rappresentanti del Patto, non è possibile infatti avviare una riforma unitaria, onnicomprensiva e efficace sul tema della cura degli anziani senza i fondi necessari (e, quelli attuali non coprono il fabbisogno di cura reale). L’intento del Patto era rendere noto questo punto fondamentale ai responsabili welfare/sanità di tutti i partiti, ma all’incontro sono mancati i rappresentanti della maggioranza (Luca Coletto della Lega, Marcello Gemmato di Fratelli d’Italia e Andrea Mandelli di Forza Italia) oltre a Mariolina Castellone del Movimento 5 Stelle per “impegni istituzionali improrogabili”. Il confronto è stato dunque possibile solo con Alessio D’Amato (Azione), Anna Maria Parente (Italia Viva) e Marina Sereni (Partito Democratico).

Obiettivi, esiti e rischi della riforma

Cristiano Gori ha ripercorso gli obiettivi e gli esiti del processo decisionale che ha condotto all’approvazione della Legge Delega 33/2023 e che, tra qualche mese, porterà all’approvazione dei decreti attuativi. Per Gori la riforma della non autosufficienza in Italia ha già raggiunto due risultati importanti:

  • è stata inserita nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ad aprile 2021;
  • la Legge Delega sulla non autosufficienza (Legge 33/2023) che deve attuarla, senza nessun voto contrario in Parlamento, è stata approvata a marzo 2023.
Foto: Intervento di Cristiano Gori. Fonte: Patto per un nuovo welfare

In questo percorso Gori ha ricordato come il Patto abbia avuto un ruolo decisivo: ha promosso e ottenuto l’introduzione della riforma nel PNRR e gran parte dei punti qualificanti della Legge Delega 33/2023 sono proposte specifiche del Patto.

L’aver raggiunto questi risultati importanti però non basta. Ci sono ancora due obiettivi da raggiungere: lo stanziamento dei fondi necessari e la traduzione dell’impianto di riforma in indicazioni operative e attuabili coi decreti attuativi. La strada è ancora in salita. La Legge di Bilancio 2024, come detto, non prevede infatti alcuna risorsa per la non autosufficienza. In merito invece ai decreti attuativi, questi verranno approvati – in via definitiva – entro gennaio 2024 ma non possiamo ancora prevederne l’effettiva incisività, chiarezza ed efficacia.

Secondo Gori bisogna prepararsi ad almeno due eventualità. Da un lato che in assenza di risorse si facciano partire piccole sperimentazioni e misure transitorie, destinate a non generare un impatto concreto sul sistema di long term care e sui bisogni di una popolazione a rischio non autosufficienza in aumento . Il secondo rischio è quello della genericità. I decreti legislativi rischiano di mantenere un livello generico e fatto di principi, vanificando la riforma. Le ragioni vanno ricercate nella complessità tecnica della riforma, nella scarsa collaborazione tra gli attori (es. tra sociale e sanitario o tra nazionale e locale) e in una ridotta spinta politica (ovvero, una ridotta rilevanza politica del tema).

Secondo Gori le tre questioni al cuore del processo politico e decisionale sono dunque così sintetizzabili: legittimazione, elaborazione e attuazione. In questo quadro non sarà sufficiente accrescere la consapevolezza pubblica e politica della materia: sarà necessario arrivare a decreti attuativi solidi e incisivi, che possano trovare effettiva implementazione.

Questioni da risolvere e direzioni da prendere: le proposte sui decreti attuativi

 Il Patto ha poi proposto una analisi dettagliata delle componenti della riforma3: servizi domiciliari, servizi per la residenzialità, la Prestazione Unica e Universale, il monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e delle Prestazioni Sociali (LEPS). I quattro interventi li hanno affrontati mettendo a tema due questioni: verso quali direzioni muovere e quali sono le cose da non fare?

 Assistenza domiciliare e residenzialità

In merito all’assistenza domiciliare, secondo Franco Pesaresi, sono tre i punti su cui i decreti legislativi dovranno intervenire: potenziare l’attuale sistema di Assistenza Domiciliare Integrata4 (ADI) per aumentare l’intensità e l’efficacia del servizio; costruire una rete coordinata per la domiciliarità, creando un ponte tra il settore sociale e quello sanitario (sviluppando un unico servizio, l’Assistenza Domiciliare Integrata Sociosanitaria e Sociale, che inglobi anche l’attuale Servizio di Assistenza Domiciliare erogato dai Comuni, nda); investire sul personale medico e socio-assistenziale (e quest’ultimo punto interessa anche le strutture residenziali).

Rafforzare l’Assistenza Domiciliare non implica l’eliminazione delle strutture residenziali e socio-assistenziali per gli anziani. L’obiettivo, sul fronte della residenzialità – come sottolinea lo stesso Pesaresi -, è migliorare la qualità dell’assistenza nelle strutture, aumentando i livelli di intensità socio-assistenziale e introducendo nuovi requisiti strutturali: ambienti amichevoli, familiari, sicuri. Questo richiede di rivedere gli standard strutturali e di accreditamento, promuovere soluzioni abitative alternative alle strutture residenziali come alloggi assistiti e/o protetti, ridefinire le soglie di compartecipazione alla spesa delle rette. Le tematiche inerenti alla residenzialità sono residuali nella riforma: i decreti attuativi dovrebbero offrire l’opportunità di potenziare le residenze e sostenere chi, liberamente, decide di spendere la propria vecchiaia in residenza, prevenendone l’esclusione sociale a causa dei costi troppo alti e/o delle lunghe liste di attesa.

La riforma dell’assistenza domiciliare e il Sistema Nazionale Anziani

Trasferimenti monetari

Come illustrato da Costanzo Ranci, la Prestazione Universale per la Non Autosufficienza rappresenta la misura opzionale, e non sostitutiva, dell’Indennità di Accompagnamento. La Prestazione Universale consentirebbe

  • una graduazione dell’importo che rispetti un criterio di equità verticale tra persone con diverso bisogno di cura;
  • la possibilità per il cittadino di scegliere un’opzione servizi che consenta di accedere a servizi, a strutture residenziali o per regolarizzare il rapporto di lavoro con l’assistente familiare, grazie ad un importo maggiore.

L’introduzione della misura andrebbe sostenuta da un sistema nazionale e regionale di valutazione del bisogno di cura, sulla base di criteri e strumenti standardizzati. I costi stimati (circa 3 miliardi di euro in quattro o cinque anni) non tengono conto delle ricadute positive che l’implementazione della misura avrebbe sull’aumento della contribuzione delle c.d. badanti, ora perlopiù irregolari e, dell’aumento previsto dell’occupazione professionale nel settore.

LEA e LEPS

Infine, all’interno dei meccanismi istituzionali, come ha spiegato Laura Pelliccia, è urgente rivedere il Sistema di garanzia5 dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), già esistenti, in integrazione con i Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS)6. Attualmente, la Griglia LEA è poco indicativa rispetto agli interventi specifici sulla non autosufficienza. È necessario sviluppare un sistema di monitoraggio che misuri le capacità delle Regioni di misurare il fabbisogno specifico degli anziani. Secondo Pelliccia, nei decreti attuativi si dovrà lavorare all’individuazione di un set di indicatori specifici e multidimensionali per la long term care degli anziani e prevedere momenti di osservazione periodica del posizionamento dei territori sui servizi di non autosufficienza. Quindi, da un lato è fondamentale dotarsi di un comune nomenclatore degli interventi territoriali per la non autosufficienza. Dall’altro, serve un indicatore effettivo che riporti il livello reale delle risposte al fabbisogno nelle varie Regioni italiane.

Cosa resterà della spesa sociale dopo la pandemia?

I rischi da evitare secondo il Patto

Venendo ai rischi da evitare, è chiaro – come ricordato da Pesaresi – che le grandi riforme non possono realizzarsi senza investimenti. Non basta approvare una legge per realizzare una riforma: è necessario accompagnare il processo attuativo.

Inoltre, è prioritario evitare di adottare un approccio settoriale, a compartimenti stagni, senza una visione olistica del sistema. Al contempo, immettere nuovi fondi senza modificare i modelli organizzativi e assistenziali attuali rischia di inficiare la fattibilità dell’intera riforma. Proprio per questo, non bisogna correre il rischio di escludere dal processo coloro – es. amministrazioni locali e regionali, figure professionali – che dovranno implementare la riforma.

Infine, come richiamato da Laura Pelliccia, i decreti attuativi dovranno evitare di introdurre sistemi di monitoraggio generici,che confondono i fabbisogni della non autosufficienza con la cronicità, o che propongono degli indicatori per l’area sociale senza prevedere il raccordo con la filiera sanitaria. La Legge 33/2023 è proprio l’occasione per fare integrazione tra i due settori. La soluzione non è quindi investire su piccole sperimentazioni, come detto. Il finanziamento dovrà fungere da carburante per l’intero sistema della non autosufficienza, da anni politica residuale nel nostro Paese.

Non autosufficienza: la Guida alla riforma del Patto per un Nuovo Welfare

Il confronto con i Responsabili dei Partiti di opposizione

Alla luce di quanto emerso nella prima parte dell’evento, i tre Responsabili Sanità dei partiti che hanno accettato l’invito del Patto si sono poi confrontati sulla riforma della Non Autosufficienza.

I Responsabili hanno messo a tema quattro questioni considerate fondamentali:

  • l’urgenza apartitica della cura degli anziani non autosufficienti;
  • il coordinamento tra competenze, responsabilità e ruoli di una materia così frammentata;
  • i dualismi: sociale/sanitario; monetarizzazione/servizi; anziani come costo/investimento;
  • l’allocazione delle risorse e le priorità politiche.
Gli esponenti dei partiti intervenuti durante l'evento del 24 ottobre organizzato dal Patto per un nuovo welfare
Foto: Gli esponenti dei partiti intervenuti. Fonte: Patto per un nuovo welfare

Un tema urgente

Quanto al primo punto, Marina Sereni del Partito Democratico ha sottolineato che i temi inerenti alla non autosufficienza e la cura degli anziani non sono di proprietà della maggioranza o della minoranza politica. Si tratta di un’urgenza sociale e politica, che interessa 3,8 milioni di italiani secondo Istat). Su questo punto, Anna Maria Parente (Italia Viva) ha sottolineato come il nostro Paese venga ormai da 25 anni di mancate riforme: la società italiana sta invecchiando e le famiglie sono sempre più in sovraccarico da oneri di cura. Anche Alessio D’Amato di Azione ha concordato sull’urgenza di intervenire in un contesto di grande incertezza, influenzato dalla stagnazione degli stipendi, l’impoverimento delle famiglie a causa della crisi inflattiva. Circa il 40% della spesa per la cura degli anziani è out-of-pocket (a carico degli utenti) e questo è un dato esplicativo in merito ad un fabbisogno sociale espresso ma insoddisfatto dall’attuale sistema sociosanitario pubblico. Secondo D’Amato, stiamo assistendo alla costruzione di una compagine sociale  attorno ad un obiettivo comune al Paese, e che è rappresentato in primis dal Patto.

La necessità del coordinamento

In relazione al secondo punto – coordinamento tra competenze, responsabilità e ruoli  – sono emerse alcune questioni annose.La frammentazione – e, dunque, la necessità di coordinamento – delle competenze, responsabilità e ruoli degli attori che gravitano attorno alla materia della non autosufficienza. La Legge Delega attualmente non modifica le competenze preesistenti e – secondo Sereni – rischia di perpetuare le tensioni tra Regioni, amministrazione locale e governo centrale nell’attuazione della riforma. Per raggiungere un adeguato livello di coordinamento è necessario che il Patto, secondo Marina Sereni, si confronti con le amministrazioni regionali e locali. Parente, si è detta preoccupata per l’autonomia differenziata che potrebbe minare sia il raggiungimento di un accordo sinergico tra i vari livelli di governo sia la costruzione di un sistema di valutazione unico e riconosciuto (la Griglia LEA e LEPS, appunto). E, ha concluso D’Amato, in tal senso occorrerebbe esercitare una pressione sulle Regioni, affinché conoscano la Riforma e le eventuali ricadute, è molto importante.

Dualismi 

Oltre alla sfida del coordinamento, vanno affrontati (ed è il terzo fronte) i tre storici dualismi del settore della cura degli anziani: sociale/sanitario; monetarizzazione/servizi; anziani come costo/risorsa. Sereni ha spiegato che nel comparto sanitario si parla poco del tema perché si pensa sia un problema del settore sociale. L’inefficace, e netta, separazione tra sociale e sanitarioè stata condivisa anche da Anna Maria Parente e da Alessio D’Amato. Ma non è l’unica divisione. L’altra questione riguarda la tensione tra aumentare i trasferimenti monetari (es. Indennità di Accompagnamento) o investire sui servizi. Anche questa, al momento, pare una questione irrisolta e che necessita di ulteriori approfondimenti, anche in merito al posizionamento dei diversi attori – a vari livelli di governance – sul tema. Infine, l’ultimo dualismo è quello che riguarda gli anziani, se percepiti come costo o come risorsa. Un tema che ha che fare soprattutto con la cultura della cura e la percezione dell’onere dell’assistenza. Percepire l’anziano come risorsa – e non come un costo – pone infatti l’individuo in un’altra prospettiva di analisi: quella della longevità. Le nostre società non sono più vecchie, ma più longeve. Considerare le traiettorie di vita individuali al di là del termine del rapporto di lavoro e, dunque, una risorsa per la comunità anche nel periodo post-pensionamento, è il passo imprescindibile per aumentare la consapevolezza circa la necessità di infrastrutturare un sistema comprensivo e unitario, a titolarità pubblica e orientato alla prevenzione, per la non autosufficienza.

Risorse finanziarie

Infine, la questione delle risorse finanziarie. L’allocazione delle risorse è dettata da priorità politiche. Come riporta la Sereni, i 3 miliardi assegnati alla sanità in Legge di Bilancio sono già stati allocati e non ci sono risorse aggiuntive, né per la sanità né tantomeno per la non autosufficienza. E questa, secondo la Sereni, è una responsabilità politica. Proprio in merito al tema delle risorse, D’Amato ha fatto presente che è necessario avviare una riflessione sulla spesa out-of-pocket e sulla sanità integrativa, di mutue e fondi sanitari, a livello nazionale. La sanità integrativa può godere di benefici fiscali, svolge un ruolo centrale, e pertanto va considerata come fonte di finanziamento – in integrazione al primo pilastro, quello pubblico – per sostenere  la spesa delle famiglie.

Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi mesi

La Riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti ha sicuramente fatto importanti passi in avanti e presenta attualmente un impianto a cui fare riferimento in vista dell’approvazione, nel gennaio 2024, dei decreti attuativi. Non bisogna però abbassare la guardia.

Come visto, la bozza di testo della Legge di Bilancio 2024 non ha al momento previsto nessuna risorsa per finanziare la riforma sulla non autosufficienza. Un chiaro segnale del fatto che, al momento, il tema non è una priorità politica. Questo non è sorprendente: la long-term care è spesso definita in letteratura una politica sociale “invisibile o residuale”, considerata “l’ultima arrivata”, soprattutto se confrontata con contrasto alla povertà o pensioni, nei Paesi occidentali.

In Paesi con specificità strutturali simili a quelle italiane – con un forte ruolo della famiglia nella cura di minori e anziani, la frammentarietà delle politiche sociali e sanitarie tra locale e nazionale – è sempre più evidente l’inerzia di queste politiche. Anche quando vengono (gradualmente) introdotte, il dibattito pubblico e politico si sviluppa prevalentemente attorno ai temi del contenimento dei costi, anche in situazioni di prosperità economica. In altre parole, la long term care è spesso percepita come poco urgente, di scarso interesse per l’elettorato, di fatto un’area di policy a bassa salienza.

Nella Legge di Bilancio non ci sono risorse per persone non autosufficienti e caregiver

Questa però è solo una parte della storia. È opportuno riconoscere che per quanto poco al centro del dibattito la long term care non può essere considerata una politica di nicchia. Il 23% della popolazione italiana è attualmente anziana (la seconda società più longeva nel mondo, dopo il Giappone) e  le persone non autosufficienti sono oggi circa 3,8 milioni.  Un dato che è destinato a crescere nel medio e lungo periodo. Le ricadute dell’introduzione di un sistema nazionale per gli anziani non autosufficienti – supportato da riforme adeguate – interessano anche le famiglie degli anziani, i/le assistenti familiari (regolari e irregolari), i professionisti del settore (del comparto medico e sociale). Inoltre, l’allocazione delle risorse (sbilanciate attualmente sui trasferimenti monetari) genera disfunzionalità distributive, inficiando l’equità orizzontale nell’accesso ai servizi. Il tema della cura si intreccia con quello dell’impoverimento delle famiglie che, in assenza di servizi pubblici, accedono alle cure attraverso le proprie risorse economiche (c.d. out-of-pocket). E, come detto, l’attuale sistema genera ulteriori inefficienze anche sul fronte del coordinamento tra livello nazionale e locale e tra settore sociale e sanitario alimentando annose discrasie organizzative, burocratiche, strutturali.

Sarebbe pertanto errato attribuire i vantaggi della riforma ad una componente limitata dell’elettorato e pensare che possa generare vantaggi ad una sola porzione ristretta della popolazione. Quello della non autosufficienza e della cura è un rischio sociale che interessa l’intera comunità, presente e – soprattutto – futura. Se società sempre più longeve chiedono risposte mirate per migliorare la qualità della vita – sul lungo corso – dei propri cittadini, la politica deve e dovrà riconoscere questa materia come prioritaria e meritevole di stanziamento di risorse adeguate all’interno di un quadro regolativo unitario e integrato.

In questa direzione, come emerso chiaramente nel corso dell’incontro, il Patto continuerà a lavorare per ottenere adeguati finanziamenti alla riforma e decreti attuativi contenenti indicazioni operative, attuabili e sostenibili.

 

Note

  1. Il Patto raggruppa 57 organizzazioni, la gran parte di quelle della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese: rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, gli ordini professionali e i soggetti che offrono servizi. Si tratta della comunità italiana della non autosufficienza, che ha deciso di superare confini, appartenenze e specificità per unirsi. Qui la lista delle organizzazioni che ne fanno parte.
  2. Cristiano Gori, Università degli Studi di Trento; Anna Lisa Mandorino, Cittadinanzattiva; Laura Pelliccia, Network Non Autosufficienza; Franco Pesaresi, Asp Ambito 9 Jesi; Costanzo Ranci, Politecnico di Milano
  3. La riforma promuove innanzitutto lo SNAA – il Sistema Nazionale per l’Assistenza agli Anziani non autosufficienti, la modalità organizzativa permanente per il governo unitario e la realizzazione congiunta di tutte le misure a titolarità pubblica – di Stato, Regioni e Comuni – dedicate all’assistenza degli anziani non autosufficienti. Unitamente allo SNAA, la Legge Delega prevede l’introduzione di un Comitato interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA), presieduto dal Presidente del Consiglio e composto dai Ministri competenti, con funzioni di programmazione, pianificazione e monitoraggio.
  4. È utile menzionare che il PNRR prevede un investimento specifico sull’ADI (Missione 6, Componente 1), con una dotazione di oltre 2 miliardi e 700 milioni di euro e con cui la riforma dovrà coordinarsi.
  5. Il “Sistema di garanzia” è lo strumento attraverso il quale il Governo assicura a tutti i cittadini che l’erogazione delle prestazioni e dei servizi compresi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) avvenga in condizioni di qualità, appropriatezza ed uniformità. Attraverso la Griglia dei Livelli Essenziali di Assistenza, le Regioni sono dovute a rispettare una serie di adempimenti relativi al fabbisogno sanitario ed espressi attraverso un set di indicatori di misurazione, ripartiti tra l’attività di assistenza negli ambienti di vita e di lavoro, l’assistenza distrettuale e l’assistenza ospedaliera.
  6. I Leps devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Questo perché riguardano diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini. Non sono attualmente previsti Lep che riguardano la cura degli anziani non autosufficienti.
Foto di copertina: Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza