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Il Presidente Obama ha convinto alcune delle più grandi imprese del Paese a cambiare le proprie modalità di selezione del personale così da evitare discriminazioni nei confronti dei disoccupati di lunga durata, il cui numero resta ancora molto alto nonostante la ripresa, seppure timida, dell’economia statunitense. Un’iniziativa che rientra in un piano più generale per rilanciare l’occupazione americana, in quello che dovrebbe essere uno “Year of action”, un anno di azione. 

 

L’accordo con le imprese

Sono 300, di cui 21 tra le 50 più grandi
del Paese – tra i nomi più “celebri” Apple, Ford, Walmart, Motorola, eBay, Deloitte, BlackRock, Morgan
Stanley, Boeing, Bank of America, Marriott International,
McDonald e Walgreen – le imprese che hanno aderito alla proposta del Presidente Obama di rivedere le proprie tecniche di selezione del personale affinchè non risultino discriminanti nei confronti dei disoccupati di “lunga durata”, o cronici. L’accordo individua alcune best practices tra cui: assicurare che gli annunci di lavoro non scoraggino o discrimino le persone disoccupate; rivedere i criteri di selezione del personale in modo che non penalizzino i candidati sulla base della condizione occupazionale; utilizzare pratiche di selezione che consentano una ricerca a vasto raggio e incoraggino tutti i candidati qualificati a candidarsi, inclusi i disoccupati cronici; condividere le best practices in materia di assunzione dei disoccupati cronici con altre imprese, organizzazioni, ecc.

Ancora non è stata effettuata una stima del numero di cittadini che potrebbero beneficiare del progetto, che per ora è almeno riuscito nell’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica, e soprattutto le aziende, sulla necessità di offrire opportunità di impiego anche a coloro che sono disoccupati da più tempo e sono stati più colpiti dalla recessione. “Solo perché sei disoccupato da un po’ non significa che tu non sia un lavoratore serio, ma solo che non hai avuto fortuna o ti sei trovato nel posto sbagliato, o vivi in una regione che si sta riprendendo più lentamente delle altre”, ha detto Obama durante l’incontro con i delegati delle aziende. Il problema è duplice: non solo alcune aziende tendono a dare scarsa considerazione ai disoccupati di lunga durata, ma anche per i disoccupati stessi col passare del tempo ricercare un lavoro diventa più difficile, man mano che i risparmi iniziano ad assottigliarsi. Stigma e deterioramento delle competenze darebbero vita ad un circolo vizioso per cui “più sei disoccupato più sembri inoccupabile”.

Il rischio è quindi che una fetta di popolazione non riesca a ritrovare una collocazione nel mercato del lavoro e, anche in futuro, sia esclusa dalla ripresa economica. Un rischio di cui Obama sembra consapevole. L’iniziativa si colloca infatti in un piano più generale per rilanciare l’occupazione americana. La Casa Bianca ha annunciato che il Dipartimento
del Lavoro investirà 150 milioni di dollari nel programma "Ready to Work Partnership", finalizzato a sostenere
collaborazioni innovative tra pubblico, privato e non profit – sia a livello statale che locale – che migliorino l’occupabilità dei
lavoratori. Infine Obama scriverà un Presidential Memorandum affinchè anche le agenzie federali adottino le stesse pratiche a favore dei disoccupati cronici.

La disoccupazione cronica: alcuni dati

Ma chi sono questi disoccupati “di lunga data”? La loro composizione è molto eterogenea, poichè riflette gli effetti della crisi economica, che negli Usa ha colpito in maniera abbastanza uniforme settori produttivi, livelli di istruzione, età, etnia, mansione. Dal punto di vista anagrafico, quasi il 70% dei disoccupati cronici è sotto i 50 anni. Tuttavia, confrontando i disoccupati di lunga e breve durata, i lavoratori più anziani sono sproporzionatamente più numerosi tra i long-term unemployed (30,4%, contro il 19,8% di breve durata). Questo vuol dire che i “più anziani” hanno meno probabilità di perdere il lavoro, ma quando ciò accade, hanno più difficoltà a trovarne uno nuovo e rischiano di uscire definitivamente dal mondo del lavoro (Figura 1).

 

Figura 1 – Caratteristiche dei disoccupati di lunga durata, breve durata e occupati

Fonte: Executive Office of the President, gennaio 2014.

 

Perché preoccupa tanto? Sebbene la disoccupazione di breve durata sia rientrata ai livelli pre-crisi (4,1%), quella di lunga durata resta 2,5 volte più alta dei livelli pre-crisi (Figura 2). A dicembre 2013 i disoccupati da 27 settimane o più erano 3,9 milioni – di cui circa 2,6 milioni si trovavano fuori dal mondo del lavoro da 52 settimane o più.

 

Figura 2 – Tasso di disoccupazione per durata

Fonte: Executive Office of the President, gennaio 2014.

 

Tanto più a lungo una persona resta fuori dal mercato del lavoro, più difficile sarà per lui rientrarvi. I dati lo confermano: la Casa Bianca riporta che a parità di curriculum le possibilità di essere richiamati per un colloquio di lavoro si abbassano del 45% per i disoccupati da più di 8 mesi rispetto a quelli che lo sono da un mese solo. Un disoccupato da 7 mesi deve inviare in media 35 curriculum per ottenere un colloquio di lavoro, mentre per chi è disoccupato da un mese solo ne bastano 10.

La disoccupazione cronica produce effetti negativi su chi la vive che possono protrarsi molto avanti nel tempo
, anche fino a 20 anni: ad esempio, si stima che una volta rientrati nel mondo del lavoro gli ex-disoccupati di lunga data percepiscano salari inferiori in media del 15% rispetto agli altri lavoratori. Non solo, le conseguenze della lunga disoccupazione dei genitori spesso si ripercuotono sui figli, che rivelano performance scolastiche generalmente più basse le quali, presumibilmente, si rifletteranno in occupazioni meno qualificate, limitando la mobilità sociale.


Alcuni esempi virtuosi

Nel ribadire la necessità di ricorrere a modelli innovativi per contrastare la disoccupazione cronica, la Casa Bianca ha individuato alcune pratiche che risultano più efficaci nel ricollocare i disoccupati. Tra questi il coinvolgimento diretto dei datori di lavoro; l’offerta di percorsi di formazione pianificati sulla base delle competenze richieste dal mercato del lavoro; work-based learning, soprattutto per le professioni che richiedono particolari competenze tecniche; l’offerta di servizi “omnicomprensivi” aggiuntivi per supportare il disoccupato mentre cerca un lavoro (dalla cura dei bambini, ai trasporti, ecc.).

La ricerca riporta anche alcuni esempi virtuosi, come il progetto Wisconsin Regional Training Partnership, che prevede la collaborazione tra imprese e sindacati per monitorare i bisogni delle imprese manifatturiere ed edili in modo da connettere domanda e offerta e che, solo nel 2013, ha offerto formazione a più di 650 persone. Oppure il progetto Skills for Chicagoland’s Future che ricerca candidati per le aziende del territorio operando in collaborazione con le organizzazioni locali e che, dal 2012, ha collocato circa 600 disoccupati, di cui più del 70% cronici. O ancora il programma on-the-job Health Works Initiative della Città di Los Angeles, finalizzato a colmare la carenza di personale qualificato nell’area sanitaria, offrendo ai partecipanti una combinazione di lezioni in classe, tirocini e orientamento fornito da un consulente dell’American Job Center.

 

Riferimenti

Addressing the Negative Cycle of Long-Term Unemployment, Executive Office of the President, gennaio 2014.

Best Practices For Recruiting and Hiring the Long-Term Unemployed

FACT SHEET: Opportunity For All – The President’s Call to Action to Give the Long-Term Unemployed a Fair Shot

Big Business Joins Obama Effort to Aid Long-Term Unemployed, Peter Bakerjan, The New York Times, 31 gennaio 2014. 

 

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