Il “Jobs Act degli autonomi” è legge. Dopo due anni di rimbalzi tra Camera e Senato, quest’ultimo ha dato oggi il via libera al provvedimento che inizia a riconoscere diritti e tutele anche ai lavoratori autonomi, ed in particolare a quelli che, non rientrando in nessun ordine professionale, si trovavano fortemente penalizzati dall’attuale sistema su cui si basano mercato del lavoro e previdenza. Di seguito proviamo a capire brevemente cosa cambierà sul fronte del welfare, dove sono previste importanti novità per quel che riguarda maternità, congendo parentale e malattia.
Cosa cambia in tema di welfare
La legge interviene anzitutto sulla maternità, eliminando l’obbligo di astensione dal lavoro. Se prima per accedere all’indennità di maternità era obbligatorio astenersi dal lavoro nel 5 mesi a cavallo del parto, oggi si potrà accedere anche senza astenersi dal lavoro. Un aspetto importante perché consente di conciliare il diritto all’indennità con la necessità di non sospendere la propria attività lavorativa – elemento spesso inevitabile per le lavoratrici autonome.
Cambia anche il congedo parentale, che sale da 3 mesi (entro il primo anno del bambino) a 6 mesi (entro i primi 3 anni). Il limite di 6 mesi si applicherà alla somma dei congedi dei due genitori, anche se uno è in un’altra gestione o cassa di previdenza.
Novità anche sul fronte della malattia. Prima in caso di malattia domiciliare il lavoratore autonomo aveva diritto a un’indennità pari al 50% di quella ospedaliera e per un massimo di 61 giorni. Con la nuova legge, la malattia domiciliare viene equiparata alla degenza ospedaliera – quindi raddoppia l’indennità (per una durata massima di 180 giorni) – quando è certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, o di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100%. Inoltre, se prima in caso di malattia non era prevista la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, con l’entrata in vigore della legge in caso di malattia o infortunio di gravità tale da impedire il lavoro per oltre 60 giorni il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi sarà sospeso per l’intera durata della malattia fino a massimo di 2 anni.
Gravidanza, malattia e infortunio non comporteranno automaticamente l’estinzione del rapporto di lavoro, la cui esecuzione, su richiesta della lavoratrice, rimarrà sospesa, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a 150 giorni per anno solare, fatto salvo, però, "il venir meno dell’interesse" del cliente.
Il lavoro autonomo non imprenditoriale dovrebbe inoltre trovare crescente spazio nel complesso delle politiche per il lavoro. Ad esempio, nei Centri per l’impiego verrà istituito uno sportello dedicato al lavoro autonomo. Un cambiamento importante, che richiederà tuttavia risorse e competenze che attualmente non tutti i CPI hanno. Si prevede inoltre l’istituzione di un tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, composto da rappresentanti designati dal Ministero del lavoro, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro e dalle associazioni di settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale con il compito di formulare proposte e indirizzi in tema di modelli previdenziali, modelli di welfare, formazione professionale.
La delega al governo
Sempre sul versante del welfare, altre modifiche potranno venire dalle deleghe al Governo. Attraverso di esse l’Esecutivo dovrà adottare, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, misure che potrebbero modificare, ad esempio, la riduzione dei requisiti di accesso alle prestazioni di maternità, per cui attualmente occorre aver versato almeno tre mensilità di contribuzione nei dodici mesi precedenti la data presunta del parto. Tramite decreto si potrebbe dunque decidere che le 3 mensilità di contribuzione potranno essere individuate su un arco temporale più ampio dei 12 mesi.
Il Governo potrà inoltre prevedere nuovi strumenti per autorizzare le Casse di previdenza a stabilire nuove prestazioni socio-sanitarie e previdenziali e prestazioni sociali a sostegno del reddito. Potrà inoltre decidere di alzare l’aliquota contributiva per migliorare le prestazioni su maternità e malattia agli iscritti alla gestione separata INPS, un aspetto che è già divenuto oggetto di controversia, poiché si ritiene che l’aliquota vigente sia già insostenibile per i lavoratori.
Quali autonomi?
Un aspetto molto importante su cui occorre soffermarsi è quello dei destinatari. Il provvedimento si rivolge infatti a tutto il lavoro autonomo professionale, senza distinzioni, avviando il superamento di quella dicotomia tra lavoratori autonomi ordinisti, dotati di una propria cassa, e autonomi non ordinisti, iscritti cioè alla gestione separata INPS, con tutele e doveri spesso impari, quali ad esempio l’obbligo di astensione per accedere all’indennità di maternità, o il versamento di una contribuzione molto alta, soprattutto a fronte di trattamenti previdenziali esigui. Una situazione che penalizzava fortemente gli autonomi non ordinisti non solo rispetto ai dipendenti, ma anche agli ordinisti.
Il provvedimento varato dal Senato rappresenta quindi un primo passo che, certamente, non risolve definitivamente ineguaglianze e problemi dei lavoratori autonomi, ma che dà avvio ad un processo di riconoscimento di una categoria sempre più numerosa, e che tenderà a crescere ulteriormente in seguito ai processi di liquefazione del mercato del lavoro e all’emergere delle nuove professioni.
Riferimenti