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I servizi sociali sono perennemente sottoposti a nuove sfide sociali. E’ questa l’ipotesi da cui partono Massimo Zucchini e Margherita Giusti, Area welfare e promozione del benessere della Comunità del Comune di Bologna, in questo articolo uscito all’interno del numero 3/2018 del periodico Welfare Oggi. In particolare, i due autori riflettono sul tema descrivendo un’interessante esperienza realizzata dal Comune di Bologna, la quale si è proposta di rendere i servizi di domiciliarità destinati alle persone anziane non autosufficienti maggiormente inclusivi e accessibili. 

Premessa

In che misura il Sistema integrato di servizi sociali e socio-sanitari è oggi in grado di essere inclusivo? La questione assume una particolare rilevanza se si considera il rischio che chi non ha la capacità di trasformare i bisogni in domanda, non entri in contatto con i sistemi locali di welfare; e dunque diventa rilevante interrogarsi sulle azioni di consulenza, accompagnamento e orientamento basate sull’integrazione delle risorse della comunità in grado di intervenire su questo aspetto.

Queste ed altre riflessioni hanno costituito il punto di partenza per implementare un modello innovativo nei servizi a sostegno della domiciliarità sul territorio del Comune di Bologna.

Il Comune di Bologna ha inoltre commissionato una ricerca valutativa su tale modello per verificare il livello di raggiungimento degli obiettivi di semplificazione, personalizzazione e integrazione del Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità mediante la rilevazione della qualità percepita da parte dei professionisti coinvolti e dei beneficiari dei servizi.


Gli attori coinvolti

Il Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità, sperimentato e implementato nel Comune di Bologna negli anni 2013-2015 e successivamente riorganizzato dal 2017, intende garantire servizi strettamente integrati a favore delle persone anziane non autosufficienti e di coloro che sono impegnati nella rete di sostegno al domicilio; ciò ha richiesto il coinvolgimento di una pluralità di attori a vario titolo coinvolti:

  • i cittadini e i loro caregiver;
  • il Servizio Sociale di Comunità in capo al Comune di Bologna che si occupa di valutare la situazione di bisogno in forma integrata con il servizio sanitario nell’ambito dell’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) semplificata composta da Assistente Sociale responsabile del caso e Infermiere ed è il promotore del lavoro di comunità;
  • il Punto di Coordinamento Assistenza Primaria (PCAP) che costituisce uno snodo organizzativo dell’Azienda USL di Bologna e prevede la presenza di Infermieri che svolgono la valutazione multidimensionale e gestiscono le ammissioni a interventi sanitari pubblici per la domiciliarità;
  • il Servizio Sociale Ospedaliero (SSO) in capo all’Azienda USL che ha sede presso gli ospedali pubblici e si occupa della facilitazione delle dimissioni sia dagli ospedali pubblici sia dagli ospedali privati accreditati a favore di cittadini che necessitano di assistenza a domicilio, in collegamento con i Servizi territoriali;
  • il Nucleo per la domiciliarità, in capo all’Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP) Città di Bologna, a cui compete la definizione di dettaglio del Piano Individualizzato degli interventi a sostegno della domiciliarità;
  • i soggetti gestori accreditati che si occupano della erogazione dei servizi socio-sanitari al domicilio;
  • il terzo settore, attivo soprattutto nell’ambito della prevenzione e del sostegno alla fragilità, attraverso la costruzione di collaborazioni pubblico-privato attivate a livello locale;
  • gli Assistenti Familiari, risorsa consistente sul territorio sia a livello di offerta sia a livello di domanda che deve essere sempre più integrata nella rete dei servizi sociali e socio-sanitari mediante funzioni di sostegno all’incrocio domanda-offerta, tutoring, monitoraggio e aiuto economico.

Il Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità nel Comune di Bologna

L’allungamento della speranza di vita e il conseguente invecchiamento della popolazione hanno determinato l’incremento delle necessità assistenziali del target di popolazione anziana. Il Comune di Bologna, ha questo proposito ha scelto di privilegiare interventi a sostegno della domiciliarità, riconoscendone il valore aggiunto rispetto all’istituzionalizzazione dell’anziano non autosufficiente ed ha pertanto avviato sperimentazioni e azioni innovative sul territorio.

La scelta di far evolvere il sistema dei servizi per la domiciliarità nasce da una riflessione dell’Amministrazione su alcune criticità connesse all’organizzazione dei servizi a sostegno della domiciliarità così riassumibili:

  1. si è assistito negli ultimi anni ad un calo della richiesta del servizio di assistenza domiciliare da parte dei cittadini, cosa che appare contraddittoria con l’aumento progressivo di grandi anziani e con il ricorso stabile alle strutture di accoglienza residenziale . Il cittadino continua quindi a soddisfare il proprio bisogno acquistando il servizio nel mercato privato, in particolare tramite l’assunzione di assistenti familiari;
  2. l’impossibilità di espandere le risorse per gli interventi di welfare combinata con l’aumento del costo unitario dei servizi (effetto dell’accreditamento e del progressivo aumento del costo del lavoro), ha prodotto un’inevitabile limitazione dell’offerta a fronte di un aumento dei bisogni;
  3. gli interventi tendono a caratterizzarsi per una “frammentazione prestazionale”: la lunga catena nell’erogazione e la tendenza a suddividere eccessivamente le ore di assistenza nell’arco della giornata e della settimana, coerente con un modello di erogazione per “singola prestazione” degli interventi domiciliari, rallenta il processo di accesso ed erogazione e lascia al cittadino il compito di ricomporre l’insieme degli interventi.

In altre parole, vi è il rischio che, a fronte di un bisogno sociale crescente e pur condividendo la valutazione circa le risposte che sarebbero maggiormente auspicabili – il sostegno alla domiciliarità appunto – tali risposte risultino poco agibili e/o poco attrattive per il cittadino.

Nell’ambito di un sistema così impostato il rischio è inoltre che le persone anziane vengano prese in carico quando la condizione di non autosufficienza presenta un elevato livello di gravità e non vengano invece attivati interventi di prevenzione e promozione sociale e sanitaria che potrebbero migliorare la qualità della vita e rimandare il momento dell’istituzionalizzazione.

Per il superamento delle criticità fin qui rappresentate, il Comune di Bologna, in collaborazione con gli attori del territorio, ha ripensato il modello di assistenza domiciliare definendo un “Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità” che si pone i seguenti obiettivi:

  1. semplificazione dei processi nella fase di valutazione e ammissione alle prestazioni;
  2. personalizzazione dei servizi in fase di definizione del Piano degli Interventi e adeguamento continuo in relazione al mutare del bisogno (aggravamento, urgenze, necessità di ricovero di sollievo, ecc.);
  3. integrazione socio-sanitaria e interistituzionale.

Semplificazione
Le azioni messe in campo per giungere ad una maggiore semplificazione dei processi riguardano l’organizzazione di percorsi per il cittadino più chiari e tempestivi, evitando eccessive differenziazioni tra i servizi per la domiciliarità rispetto alla fase di valutazione, alla fase istruttoria, alla documentazione da presentare e alle procedure amministrative. Viene superata l’ammissione ad un singolo intervento e viene introdotta la possibilità per il cittadino di essere ammesso ad un’unica linea di intervento sulla domiciliarità a seguito della valutazione multidimensionale. La persona che viene ammessa ai servizi per la domiciliarità può usufruire di diverse prestazioni (assistenza domiciliare, servizio pasti, centro diurno, ricovero temporaneo di sollievo in struttura residenziale, assegno di cura) a seconda del bisogno assistenziale, delle disponibilità economiche del nucleo, della capacità di gestione dell’assistenza valutati da un gruppo di operatori dedicato alla domiciliarità (Nuclei per la domiciliarità).

L’obiettivo di semplificazione dei processi è strettamente connesso all’obiettivo di integrazione in quanto la capacità di offrire al cittadino percorsi più semplici richiede un lavoro di integrazione interistituzionale tra i differenti attori coinvolti nel sistema e di integrazione tra contesto ospedaliero e territoriale. Viene infatti attribuita al Servizio Sociale Ospedaliero la funzione di accesso, analoga a quella territoriale, per quanto riguarda i casi che presentano necessità di supporto al domicilio a seguito di ricovero ospedaliero. Ne consegue che il cittadino, sia che acceda ai servizi domiciliari a seguito di ricovero ospedaliero, sia che acceda tramite lo Sportello sociale territoriale viene accompagnato dal medesimo gruppo di operatori specializzati sulla domiciliarità.

Personalizzazione
Al fine di offrire ai cittadini un percorso di accompagnamento al domicilio personalizzato rispetto alle necessità assistenziali connesse ad una condizione di non autosufficienza è stato individuato un gruppo di operatori dedicato, il Nucleo per la domiciliarità gestito da ASP Città di Bologna, composto da Assistenti Sociali e Responsabili delle attività assistenziali. Tali professionisti sono responsabili della presa in carico e concordano con l’utente e/o il caregiver l’attivazione e la modulazione degli interventi attraverso la definizione del Piano Individualizzato degli Interventi.

Attraverso il monitoraggio effettuato mediante frequenti accessi del Responsabile del caso al domicilio e il controllo della qualità del servizio reso dai gestori accreditati e convenzionati, si intende garantire il riconoscimento di priorità al mantenimento della persona non autosufficiente presso il proprio domicilio andando a definire quale forma di supporto è più adatta a soddisfare il "bisogno dell’abitare" della persona stessa, inteso come bisogno che comprende sia la dimensione domestica legata allo spazio interno della casa, sia lo spazio esterno, il contesto in cui questo spazio è collocato. La costruzione di una relazione di prossimità con la persona e i caregiver da parte del responsabile del caso assume quindi un ruolo centrale nel riuscire a garantire maggiore tempestività nell’adattare gli interventi alle condizioni della persona non autosufficiente, tramite modifiche del Piano Individualizzato degli Interventi.

Integrazione
L’obiettivo di integrazione si sviluppa a livello interprofessionale e interistituzionale in quanto si declina attraverso processi di valutazione multidimensionali socio-sanitari e attraverso il coordinamento degli interventi sociali, sanitari, sociosanitari, del terzo settore e degli eventuali servizi privati acquistati dai cittadini. Il percorso di accompagnamento per il cittadino prevede, successivamente all’accesso, la valutazione socio-sanitaria, effettuata mediante Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) semplificata e composta dall’Assistente Sociale responsabile del caso e dall’Infermiere. Il momento della valutazione consente di effettuare una prima analisi del bisogno, di definire, in collaborazione con la persona e/o il caregiver, gli obiettivi, l’ammissione ai servizi per la domiciliarità e il Piano Assistenziale Individualizzato (PAI).

L’integrazione si sviluppa anche nella fase di modulazione del Piano Individualizzato degli Interventi, soprattutto in riferimento alle prestazioni assistenziali svolte da assistenti familiari e/o alle attività svolte sul territorio dal terzo settore che possono essere integrate con i servizi a sostegno della domiciliarità.

L’integrazione tra pubblico e privato si sviluppa attraverso funzioni di orientamento, supporto alla ricerca di assistenti familiari, monitoraggio e contributi per l’assunzione gestite dal Nucleo per la domiciliarità, mentre lo strumento strategico per realizzare l’integrazione tra pubblico e terzo settore è il lavoro di comunità, funzione specifica del Servizio Sociale di Comunità, teso a promuovere e sostenere il bene relazionale disponibile nei cittadini e nelle organizzazioni del terzo settore.

In questo quadro, al fine di contrastare l’isolamento delle famiglie e di indirizzare gli interventi pubblici in base ai bisogni e alla situazione socio-economica, occorre tenere presente la necessità di proseguire il percorso che tende al superamento della “delega assistenziale bidirezionale famiglia-pubblico”, che fa riferimento alla compresenza di un approccio prestazionale da parte delle famiglie e di logiche assistenziali da parte del servizio pubblico. Una riposta a questa sfida, da parte dei Servizi pubblici, è quella di produrre dei processi che siano complessivamente “ricompositivi” cioè che siano capaci di realizzare dei servizi che rispondano unitamente a più persone, che riattivino le reti tra persone e famiglie, sostenendo e potenziando le reti sociali attivabili nella comunità e connettendole con i servizi esistenti sul territorio (Fosti e Longo, 2013). È importante che le azioni ricompositive vengano implementate sia tra pubblico e privato, sia a livello interistituzionale in modo da ottimizzare il più possibile le risorse disponibili mediante un approccio sempre più integrato, centrato sul cittadino e su una sempre maggiore personalizzazione delle risposte al bisogno. Di seguito è riportato lo schema di flusso del Sistema in cui sono indicati gli attori e le relative principali funzioni Fig. 1.

Fig. 1 – Schema di flusso Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità


Il disegno di ricerca

Il modello di assistenza prima descritto è stato sottoposto ad una ricerca valutativa che ha previsto l’utilizzo congiunto di tecniche quantitative e qualitative, oltre alla scelta di un approccio multistakeholder che ha coinvolto i differenti attori del sistema rilevando la qualità percepita da parte dei beneficiari dei servizi e dei professionisti coinvolti. Nello specifico, la raccolta dei dati relativi alla percezione dei beneficiari dei servizi è stata effettuata mediante somministrazione di questionari, con l’obiettivo di rilevare la qualità percepita in relazione al servizio reso e all’organizzazione dei servizi. I professionisti responsabili della presa in carico dell’utenza che rappresentano i differenti attori del sistema sono stati invece coinvolti mediante interviste semi-strutturate, con l’obiettivo di indagare il vissuto degli stessi rispetto alle innovazioni proposte. Complessivamente sono stati somministrati 151 questionari (equivalenti al 15% della popolazione) e svolte 24 interviste che hanno coinvolto operatori selezionati in base all’appartenenza istituzionale, alla professione svolta e al territorio in cui lavorano.

Gli ambiti specifici di indagine sono stati sviluppati scomponendo gli obiettivi di semplificazione, personalizzazione e integrazione in concetti più ristretti, al fine di consentire l’osservazione, l’acquisizione, l’organizzazione logica e l’interpretazione dei dati e favorire l’integrazione tra le tecniche di ricerca utilizzate.

La ricerca valutativa è stata sviluppata in una fase in cui il processo di implementazione delle innovazioni era ancora in corso, assumendo i tratti di una valutazione in itinere. Questo aspetto, anche se non restituisce una valutazione ultima del Sistema, ha il vantaggio di aver consentito un monitoraggio delle criticità emergenti "in tempo reale", supportando l’attività decisionale dei policy makers e i processi di riorganizzazione del sistema avvenuti in seguito.

Esiti della ricerca valutativa ed evoluzione organizzativa

Semplificazione
Per quanto riguarda l’obiettivo di semplificazione del Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità, uno degli aspetti rilevati riguarda il livello di chiarezza dei punti di riferimento assistenziali per il cittadino. Secondo gli operatori gli utenti non riescono ancora ad orientarsi nel nuovo sistema dei servizi e viene riportata poca fluidità rispetto allo scambio di informazioni fra i vari attori che compongono il sistema. Spesso gli operatori fanno riferimento alla frammentazione e confusione del sistema dovuti alla presenza di differenti punti di riferimento assistenziali che il cittadino incontra nelle differenti fasi del processo di aiuto.

Rispetto a queste tematiche, dai questionari non emerge una valutazione negativa da parte dei cittadini. Per quanto riguarda infatti la chiarezza rispetto ai punti di riferimento assistenziali, il 74,17% del campione afferma di riuscire ad individuare facilmente l’operatore cui si deve rivolgere per avere informazioni o consulenza. Si rileva un buon livello di soddisfazione dei cittadini rispetto alla chiarezza delle informazioni relative alle modalità di accesso, alla documentazione da presentare in fase di istruttoria e alla disponibilità sia telefonica, sia a recarsi al domicilio di persona degli operatori con cui sono state accordate le modalità di erogazione del servizio.

Dall’analisi delle interviste emerge che il nuovo modello del sistema di servizi a sostegno della domiciliarità risponde tempestivamente ai bisogni degli utenti nella fase che riguarda l’attivazione e la gestione dei servizi, di competenza del Nucleo per la domiciliarità. È riferita, da parte degli operatori, un allungamento dei tempi di attesa rispetto alla face di accesso e valutazione dovuti all’introduzione della UVM semplificata, che ha previsto il coinvolgimento dell’Infermiere. Dai questionari emerge invece una generale soddisfazione dei cittadini rispetto ai tempi di attesa necessari per ottenere i servizi: il 49% risulta infatti molto soddisfatto e il 41,72% abbastanza soddisfatto. Rispetto alla tempestività delle comunicazioni il 77,48% dei casi dichiara di riuscire a contattare l’operatore cui si deve rivolgere in tempi brevi/utili. Più critica appare l’area della comunicazione "in uscita" tra soggetti gestori dei servizi e utenti, rispetto alla comunicazione "in entrata". Si rileva infatti che i cambi degli operatori o degli orari sono comunicati, da parte dei soggetti gestori, con sufficiente anticipo nel 34% dei casi, il 29% del campione afferma invece che questo non avviene e il 24% che avviene in parte; tale ambito può essere pertanto considerato parzialmente critico.

Evoluzione organizzativa: nell’ambito del progetto di Riordino dei Servizi socio-assistenziali e socio-sanitari del Comune di Bologna, avviato nel luglio 2016 e implementato dal 1° febbraio 2017, è stato istituito il Servizio Sociale Territoriale Unitario. Tale modello organizzativo ha previsto l’unificazione dei Servizi sociali territoriali collocati presso i sei quartieri cittadini sotto la responsabilità di una direzione unitaria, prevedendo il mantenimento delle strutture territoriali per quanto riguarda l’accesso, la valutazione e la presa in carico degli utenti e una profonda rivisitazione delle modalità di accesso e accoglienza con l’obiettivo di ridurre i tempi di risposta ai cittadini.

Personalizzazione
Per quanto riguarda l’obiettivo della personalizzazione del Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità, gli aspetti rilevati riguardano principalmente tre ambiti: la relazione tra utenti e operatori; la qualità del servizio reso; il coinvolgimento da parte degli utenti e dei caregiver nella fase di definizione e adeguamento del PAI (Piano Assistenziale Individualizzato) e del PII (Piano Individualizzato degli Interventi). In questo caso, a differenza di quanto rilevato rispetto all’obiettivo di semplificazione, la percezione degli operatori e quanto invece rilevato tramite i questionari somministrati agli utenti è tendenzialmente convergente.

Le principali problematiche che vengono riferite dagli utenti, secondo gli operatori intervistati, riguardano soprattutto gli operatori socio-sanitari e sono relative al turnover, al fatto che non sia sempre garantita l’erogazione degli interventi al domicilio negli orari programmati e concordati, alla scarsa professionalità degli operatori, alla presenza di operatori uomini (non sempre gradita dalle donne anziane) e di operatori stranieri. Tuttavia queste criticità esistevano anche prima del nuovo modello, quindi non paiono da mettere in collegamento con questo. Viene citata da un numero significativo di intervistati la scarsa qualità del pasto, anch’esso dato non direttamente ascrivibile al nuovo modello di servizi.

Parimenti, dall’indagine condotta tramite i questionari somministrati ai beneficiari dei servizi, emerge che le maggiori criticità relative alla qualità percepita dei servizi resi riguardano gli ambiti della relazione tra persona e operatore socio-sanitario e del servizio pasti. Si rileva che il 43,71% e il 25,17% del campione ha risposto rispettivamente "no" e "in parte" alla domanda "gli operatori sono quasi sempre gli stessi", indice di un elevato turnover degli operatori.

I familiari, laddove presenti, sono sempre tenuti in considerazione nella progettazione assistenziale, e questa sembra una metodologia di intervento ormai consolidata. Secondo quanto affermato dagli operatori, nel complesso gli utenti si dimostrano soddisfatti, in particolare della vicinanza che sentono dal contatto con i Nuclei. È infatti il Nucleo ASP l’interfaccia più diretto per il cittadino e i familiari. La frequenza dei contatti tra Nuclei per la domiciliarità e utenti e familiari, e il fatto che i Nuclei si rendano disponibili e reperibili, danno una sicurezza maggiore al cittadino, che ha un punto di riferimento da contattare per qualsiasi problema, e rendono il PII velocemente adattabile alle eventuali modifiche del bisogno dell’utente, in particolare a seguito di particolari aggravamenti delle condizioni sociosanitarie.

Anche dall’analisi dei questionari è emerso un giudizio in gran parte positivo sul livello di coinvolgimento del beneficiario dei servizi, o di chi ne fa le veci, rispetto alle decisioni relative all’ammissione e attivazione dei servizi, così come sulla tempestività dell’attivazione di servizi assistenziali, sociali o socio-sanitari, in fase di emergenza e sul ruolo di facilitazione eventualmente svolto dall’Assistente Sociale.

Evoluzione organizzativa: per favorire la prossimità al cittadino e la personalizzazione del progetto assistenziale individualizzato, è stata confermata la presenza del Nucleo per la domiciliarità in capo ad ASP Città di Bologna presente in ogni quartiere cittadino anche nei processi di riorganizzazione successivi.

Integrazione
Il raggiungimento dell’obiettivo di integrazione è stato maggiormente indagato attraverso le interviste piuttosto che mediante i questionari. Nelle interviste ci si è focalizzati sull’integrazione tra le diverse professionalità e appartenenze istituzionali coinvolte, mentre attraverso i questionari è stato indagato il livello di soddisfazione del cittadino rispetto al servizio di dimissioni protette e alla continuità assistenziale.

Per quanto riguarda l’integrazione dalle interviste emerge una grande variabilità nelle risposte che non è possibile ricondurre all’appartenenza professionale né istituzionale, ma piuttosto al Quartiere di appartenenza. In alcuni Quartieri viene rilevato un buon livello di integrazione socio-sanitaria in sede di valutazione multidimensionale, consolidato anche sulla base di precedenti esperienze avviate sul territorio che hanno determinato una sufficientemente chiara suddivisione dei ruoli e delle competenze dei professionisti. In altri Quartieri emerge che la differenza di approccio tra figure professionali rappresenta ancora un ostacolo, ma che comunque si sta avviando un percorso di integrazione.

Un ulteriore livello di integrazione è quello che si sta verificando all’interno dei Nuclei per la domiciliarità, tra AS e RAA. Questi hanno avuto inizialmente delle difficoltà nel far riconoscere le specificità della propria professione, perché nel lavoro quotidiano AS e RAA si trovano a svolgere compiti simili. Con il passare del tempo tuttavia anche queste due figure professionali si stanno integrando.

Per quanto riguarda l’integrazione tra Servizio Sociale di Comunità e i Nuclei per la domiciliarità, ci sono Quartieri in cui questo processo si sta avviando più velocemente, altri in cui ci sono delle resistenze e delle difficoltà, legate anche alle rispettive competenze che non sono ancora del tutto comprese dagli operatori. In generale la percezione degli operatori rispetto a questo tema è che l’integrazione sia ancora un obiettivo da raggiungere e su cui tutti gli attori coinvolti devono lavorare. Tali aspetti, avendo una elevata connotazione tecnica, non sono stati indagati da parte del cittadino mediante i questionari poiché avrebbero reso complessa la somministrazione dello strumento.

Per quanto riguarda invece l’integrazione tra servizi per la domiciliarità e prestazioni di Assistenti Familiari emerge da quasi tutti gli operatori intervistati che gli Assistenti Familiari non vengono coinvolti, salvo casi residuali, nella progettazione assistenziale dell’anziano. Infatti, tendenzialmente, l’assistenza domiciliare viene attivata a favore degli utenti che non possono contare sulla presenza di una figura di aiuto quotidiana. Questo aspetto pare essere in contrasto con quanto definito dal modello rispetto all’obiettivo di integrazione dalle interviste emerge che l’obiettivo pare essere chiaro e condiviso da parte dei professionisti, ma non ancora effettivamente raggiunto.  La ridotta integrazione degli interventi dei Servizi Sociali Territoriali con quelli acquistati privatamente dal cittadino o offerti dal caregiver è rilevata anche attraverso i questionari: infatti solo il 4,6% del campione vive con un Assistente Familiare, si tratta di 7 casi su 151; inoltre ricevono un contributo economico da parte dei servizi pubblici 3 di questi casi, in un caso il costo della retribuzione è completamente a carico dell’assistito, i restanti non hanno risposto.

Infine, per quanto riguarda l’integrazione tra Servizio Sociale Ospedaliero e Servizio Sociale Territoriale, dai questionari si rileva che più della metà delle persone che ha usufruito del percorso di dimissioni protette non ha trovato difficoltà rispetto all’attivazione del servizio di assistenza domiciliare a conclusione del periodo di dimissioni protette, mentre il 10,42% ha trovato difficoltà.

Evoluzione organizzativa: Sono state individuate nuove modalità operative che tendono a chiarire sempre più le funzioni, i ruoli e le responsabilità dei diversi attori coinvolti, al fine di agevolare l’integrazione tra i professionisti, superando gli ambiti di sovrapposizione operativa con l’obiettivo di garantire alla persona anziana non autosufficiente percorsi maggiormente semplificati e una risposta personalizzata. Inoltre, sono stati introdotti nuovi strumenti del Servizio sociale territoriale che, in un’ottica di presa in carico ampia dei bisogni della comunità, intendono sviluppare forme pubbliche di orientamento e consulenza che consentano ai cittadini di scegliere in modo competente le risorse di welfare a cui rivolgersi, anche oltre il perimetro delle prestazioni garantite da Comune e Ausl.

Conclusioni

La ricerca svolta costituisce un esempio empirico di come la valutazione può essere compresa tra gli strumenti a disposizione di politici, tecnici e professionisti per il miglioramento della qualità del sistema di welfare in quanto consente di mettere a fuoco gli elementi critici e le buone prassi di una data realtà organizzativa, attivandone la capacità riflessiva e sostenendo i processi di cambiamento organizzativi e culturali necessari per superare il rischio di "autoconservazione" del sistema e consentire lo sviluppo crescente di risposte sempre più efficienti ed efficaci al bisogno dei cittadini.

Bibliografia

Bergamaschi M. (2018), Pratiche di innovazione e valutazione nel servizio sociale. Una ricerca sul Sistema di servizi a sostegno della domiciliarità a Bologna, FrancoAngeli, Milano.
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Giusti M. (2014) (a cura di), Progetto Badabene e innovazioni del sistema di assistenza domiciliare, in Di Toro Mammarella M. (2014) (a cura di), Nuova domicliarità. Esperienze, scenari e proposte per il welfare metropolitano del futuro, Maggioli Editore, Santarcangelo.
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